Coronavirus, la dipendente Benetton: «Mi metto in ferie per seguire gratis i bimbi di chi lavora»

Coronavirus, la dipendente Benetton: «Mi metto in ferie per seguire gratis i bimbi di chi lavora»
di Elena Filini
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Giovedì 5 Marzo 2020, 13:09 - Ultimo aggiornamento: 22:44

Coronavirus e disagi alle famiglie. «Credo che in un momento come questo sia un dovere morale rendersi utili agli altri». Così Jane Mary Amadio, responsabile del Retail on line di Benetton group, nel Trevigiano, ha deciso di chiedere ferie all'azienda per poter seguire gratis i bambini delle altre mamme lavoratrici a casa da scuola per l'emergenza Coronavirus. Questi giorni sospesi, irreali, in cui le certezze del quotidiano sembrano lasciare il posto a nuove realtà da inventare, sono invece un importante laboratorio sociale di futuro. Perchè mai come nell'emergenza le persone riescono a dare il meglio di sè. Jane ha 55 anni. E ha fatto la sua scelta. «Rinuncio con piacere all'ozio e allo svago se posso aiutare qualche mamma davvero in difficoltà». Non ha avuto figli, ha conosciuto l'emigrazione e il ritorno, convive quotidianamente con la malattia, ma è solare e positiva. Il suo lavoro è trovare soluzioni. Un modus che applica anche al di fuori della realtà professionale.

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Come le è venuta l'idea? 
«Sono cresciuta a Winterthur, vicino a Zurigo. I miei genitori, entrambi trevigiani emigrati, lavoravano tutto il giorno spesso in altri cantoni. Io sono stata svezzata da una balia. Ricordo una casa caldissima, una vice mamma tenerissima. Nessun conflitto, solo tanto amore e tanto mutuo soccorso. Quindi ho pensato che in questo momento potevo rendermi utile. Non mi sembra una cosa eccezionale».

Lei lavora per una grande azienda, Benetton Group. 
«Ed è proprio lì che ho imparato il concetto di aiuto etico. Noi abbiamo una banca del tempo: credo sia una forma di cooperazione altissima. Si destinano ore gratis ai bisogni degli altri. Ecco, questa mia proposta è modellata un po' su quell'esempio. La chiusura delle scuole si protrae, e le famiglie stanno andando davvero in crisi».

L'azienda vi ha chiesto di utilizzare le ferie e lo smart working? 
«Io lavoro già in smart working. Una forma di aiuto concessami da Benetton quando, alcuni anni fa, è sopraggiunta una forma piuttosto importante di artrite. Sono la responsabile del Retail on line e riesco a modellare i miei orari sulle diverse latitudini. Però, in effetti, oggi è uscita una nota aziendale in cui si incentiva il personale ad usare lo smart working e a godere delle ferie. Siccome io ho parecchi arretrati, ho deciso di fare così: prendermi ore di ferie e dare disponibilità ad altre donne».

Che proposta ha fatto alle mamme? 
«La proposta ideale sarebbe quella di seguire i ragazzi nei compiti, facendo fare loro le lezioni di inglese o italiano. Però se ci sono mamme che hanno bisogno anche del semplice baby sitting sono disponibile».

Perché ha scelto la totale gratuità? 
«Perchè io comunque vengo pagata e utilizzo le mie ferie, mentre c'è chi già magari rischia di perdere il lavoro, e in più non sa dove portare i figli. Per cui è un aiuto assolutamente gratuito».

Ha considerato la possibilità che la sua malattia le possa rendere difficoltoso tenere bambini piccoli? 
«A dire il vero ho cresciuto due figli, quelli del mio compagno, oggi adulti, senza problemi. Ho specificato che mi rendo disponibile alcune ore. Tutta la giornata sarebbe troppo faticoso».

Che tipo di risposta ha avuto dalle mamme?
«Direi ottima nella maggior parte dei casi. Mi hanno contattato sia mamme di bimbi molto piccoli, addirittura 18 mesi, sia mamme di bimbi tra gli 8 e i 10 anni. Molte anche da fuori comune. Poi, purtroppo ho anche avuto qualche commento molto negativo, ma sul web, si sa, è così».

Quale messaggio intende lanciare con questo suo gesto? 
«Vorrei dare l'esempio di un gesto responsabile che in molti potrebbero seguire. Credo ci siano tante persone che possano rendersi disponibili. Il tempo è la cosa più preziosa: donare tempo è un gesto che ti arricchisce se lo doni a chi non ne ha. Se riuscissimo a creare un team non dico che potremmo metter ein piedi un kinderheim virtuale, ma certamente ci si potrebbe organizzare per dare una boccata d'ossigeno a tante famiglie».
 

 
 

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