LA DIFESA
«Stavo cadendo e mi sono afferrato alla prima cosa che mi è capitata sotto mano», la giustificazione. E la prima cosa era il freno di emergenza, che in realtà è posto in una posizione elevata e, a prima vista, facile da raggiungere per un disabile. Ma non per un uomo alto più di un metro e ottanta come l'imputato. La versione della difesa è che il 43enne aveva accusato un lieve malore e un rallentamento del treno gli avrebbe fatto perdere l'equilibrio. E istintivamente si s'aggrappò al freno di emergenza? «Da anni - spiega l'avvocato Busnardo - il cliente vive con un protesi dopo che gli è stata amputata parte di una gamba. Quando è avvenuto il fatto l'uomo non viaggiava con le stampelle e questo avrebbe reso ancora più precario l'equilibrio». Il 43enne non ha mai negato di essere stato lui ad azionare il freno, cosa che ha comportato un ritardo sul viaggio stimato tra i 7 e i 13 minuti.
LA DENUNCIA
Quando è il 43enne è arrivato a Mestre si è trovato davanti gli agenti della Polfer che lo identificarono. Di lì a poco a casa gli arrivò il decreto penale di condanna. «Ma io ho solo cercato di non cadere a terra», si è giustificato, affidandosi a un legale per il ricorso. Durante il processo la difesa ha documentato la disabilità del 43enne e ha provato a chiarire la dinamica, esibendo le fotografie sull'esatta collocazione del freno in quel tipo di treno. Ma le prove della difesa non hanno convinto il giudice. Ora per capire perché i certificati medici e le ricostruzioni della difesa non abbiano fatto breccia, non resta che attendere le motivazioni, attese entro i prossimi 60 giorni.
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