Morto Cesare Romiti, uno "strano romano" e romanista adottato da Torino e Milano

Morto Cesare Romiti, uno "strano romano" e romanista adottato da Torino e Milano
di Mario Ajello
3 Minuti di Lettura
Martedì 18 Agosto 2020, 10:29 - Ultimo aggiornamento: 20:42

Uno strano romano. Con una postura da antico imperatore. Adottato da Torino con gli Agnelli, diventato milanese con Cuccia. Ma sempre con una forte identità capitolina, da “romano e romanista”. Così si definiva Cesare Romiti. E in tribuna Monte Mario, a vedere i giallorossi, cercava di non mancare quasi mai. Era uno di quei romani del genere “tosto”. E lui, il manager di ferro: «Guardate che non sono cattivo». Era un romano di quelli a cui piaceva la romanità che, con forza e dedizione, sa farsi valere fuori casa. Non un romano indolente, ma figuriamoci, semmai un romano conquistatore.

Romiti, dalla "marcia dei 40mila" ai funerali di Agnelli: il ritratto del manager "di ferro"

Una vita per la Fiat dal 1974 per 24 anni al vertice

Figlio di un impiegato delle Poste, Romiti nasce a Roma il 24 giugno del 1923, secondo di tre fratelli. Si diploma ragioniere. Poi si laurea a pieni voti in scienze economiche e commerciali, studiando e lavorando a un tempo dopo la morte del padre a soli 47 anni. Muove i suoi primi passi da manager nel 1947 a Colleferro nel Gruppo Bombrini Parodi Delfino, azienda di cui assumerà la carica di direttore finanziario affiancando il suo ex compagno di classe Mario Schimberni. Romiti e Schimberni - ovvero Montedison - hanno fatto coppia da romani atipici ai vertici dell’economia nazionale. Nel 1948, sposa una sua coetanea, Luigia Gastaldi, morta nel 2001. Due i figli: Maurizio (1949) e Piergiorgio (1951). Nel 1968 diventa direttore generale della Snia Viscosa, dopo la fusione con la sua ex azienda. 

 

Nella capitale

E ancora Roma, con l’ingresso nel 1970 in Alitalia come direttore generale ed amministratore delegato e, successivamente, nel 1973, passa ad Italstat con lo stesso incarico. Nel 1974 entra in Fiat nel momento della crisi energetica, e da lì comincia la sua lunga avventura da romano da esportazione con uno spirito da quirita puro: «Roma è il mondo». E credeva così fortemente nella romanità che arrivò, orma da molto anziano, pochi anni fa, a credere che perfino con la Raggi - che ha brevemente appoggiato mentre si accingeva a diventare sindaca - la Capitale potesse funzionare. Romiti non è morto a Roma, ma nella sua casa di Milano. E diceva di sé: «Io sono nato romanista ma nei 25 anni in cui sono stato a Torino sono diventato juventino. Per me, la Roma è come la moglie e la Juventus è come l'amante e quando arriva la passione vuoi più bene all'amante che alla moglie». Ma a suo modo, Romiti i giallorossi non li ha traditi mai. È solo che un quirita vero come lui, non poteva non sapere guardare - non solo calcisticamente ma anche professionalmente e culturalmente - oltre le mura di casa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA