Uno strano romano. Con una postura da antico imperatore. Adottato da Torino con gli Agnelli, diventato milanese con Cuccia. Ma sempre con una forte identità capitolina, da “romano e romanista”. Così si definiva Cesare Romiti. E in tribuna Monte Mario, a vedere i giallorossi, cercava di non mancare quasi mai. Era uno di quei romani del genere “tosto”. E lui, il manager di ferro: «Guardate che non sono cattivo». Era un romano di quelli a cui piaceva la romanità che, con forza e dedizione, sa farsi valere fuori casa. Non un romano indolente, ma figuriamoci, semmai un romano conquistatore.
Romiti, dalla "marcia dei 40mila" ai funerali di Agnelli: il ritratto del manager "di ferro"
Una vita per la Fiat dal 1974 per 24 anni al vertice
Figlio di un impiegato delle Poste, Romiti nasce a Roma il 24 giugno del 1923, secondo di tre fratelli. Si diploma ragioniere. Poi si laurea a pieni voti in scienze economiche e commerciali, studiando e lavorando a un tempo dopo la morte del padre a soli 47 anni. Muove i suoi primi passi da manager nel 1947 a Colleferro nel Gruppo Bombrini Parodi Delfino, azienda di cui assumerà la carica di direttore finanziario affiancando il suo ex compagno di classe Mario Schimberni. Romiti e Schimberni - ovvero Montedison - hanno fatto coppia da romani atipici ai vertici dell’economia nazionale. Nel 1948, sposa una sua coetanea, Luigia Gastaldi, morta nel 2001. Due i figli: Maurizio (1949) e Piergiorgio (1951). Nel 1968 diventa direttore generale della Snia Viscosa, dopo la fusione con la sua ex azienda.
Morto Cesare Romiti, uno "strano romano" e romanista adottato da Torino e Milano
di Mario Ajello
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Martedì 18 Agosto 2020, 10:29 - Ultimo aggiornamento: 20:42
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