Casseforti emergono dal fiume in secca: «Potrebbero essere della Mala del Brenta». È giallo a Vigonovo

I tempi combacerebbero perfettamente con il periodo in cui i componenti della Mala mettevano a ferro e fuoco il territorio

Casseforti emergono dal fiume in secca: «Potrebbero essere della Mala del Brenta». È giallo a Vigonovo
di Vittorino Compagno
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Sabato 20 Agosto 2022, 08:56 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 03:37

VIGONOVO - Dal “cimitero delle auto” al “cimitero delle casseforti” il passo è breve. Ai tempi della Mala del Brenta, Vigonovo era diventato famoso perché dal Brenta-Cunetta, il fiume che divide in due il territorio comunale, era emerso un vero e proprio cimitero di auto rubate. A forza di gettarle sullo stesso punto, una sopra l’altra, si era formata una piramide di veicoli. Un contadino della zona, che in seguito a un forte abbassamento del livello del fiume vide emergere il tettuccio di un’automobile dall’acqua, si rivolse al Comando dei dei vigili urbani per segnalarne la presenza.

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LA DENUNCIA

Quell’auto, però, era solo la punta di una piramide composta da oltre una cinquantina di mezzi, tutti usati dalla malavita locale per mettere a segno sequestri di persona, rapine e molto altro.

Utilitarie, ma anche veloci berline di cui si serviva la Mala per darsi alla fuga dopo gli assalti alle banche. In due riprese, ne furono recuperate una trentina, molte delle quali con la carrozzeria sforacchiata da proiettili. Sul fondo ne rimasero molte altre, perché il loro recupero risultava troppo costoso per le casse pubbliche. Il lato del fiume dal quale venivano gettati in acqua i veicoli è l’argine sinistro, quello posto di fronte al territorio della frazione di Galta di Vigonovo, proprio al confine con la provincia di Padova.

 

EFFETTO-SICCITÀ

La scarsità d’acqua dei giorni scorsi ha fatto emergere, a poca distanza dai rottami d’auto custoditi nel fondo del corso d’acqua, quello che potrebbe essere un altro cimitero della mala. Questa volta non si tratta di auto, ma di casseforti. Dopo essere state rubate, sventrate e ripulite del loro prezioso contenuto, sono state gettate nel vicino tratto dell’incompiuta idrovia Padova-Venezia, sempre in località Galta. I forzieri emersi sono quattro, dei quali tre molto pesanti e assai difficili da recuperare e trasportare.

LA SEGNALAZIONE

A segnalare la loro presenza è stato un pescatore che abita nella zona. In quel tratto di Idrovia ci è sempre andato spesso a pescare, ma in seguito al forte abbassamento del livello dell’acqua dovuto alla siccità degli ultimi mesi ha dovuto mettere da parte la sua grande passione. Percorrendo però una riva ben nascosta dalla vegetazione, che con il livello normale dell’acqua era sempre colma d’acqua, ha scoperto la presenza delle vecchie casseforti emerse dal fondo. Da quanto tempo siano state abbandonate in quel luogo non si sa. Visto il loro stato e le incrostazioni sul metallo, oltre alla ruggine, la loro permanenza sul fondo del canale potrebbe ricondurre a trenta, forse anche quarant’anni fa.

MALA DEL BRENTA

I tempi, insomma, combacerebbero perfettamente con il periodo in cui i componenti della Mala del Brenta mettevano a ferro e fuoco il territorio, prima di indirizzarsi su obiettivi più remunerativi come la droga e il controllo dei casinò del Veneto e della ex Jugoslavia. Le casseforti sono naturalmente state sventrate, quasi sicuramente con l’uso di una fiamma ossidrica e di un flessibile da taglio. Il metodo usato dai malviventi dopo il colpo, infatti, era sempre lo stesso. Se non si potevano aprire sul posto, per svariati motivi, le casseforti o gli armadi blindati venivano caricati sopra un mezzo e trasportate in qualche capannone isolato, dove c’era tutto il necessario per compiere l’operazione. Una volta svuotati, i pesanti forzieri venivano nuovamente caricati su un veicolo e abbandonati in luoghi nascosti e poco accessibili. Come sarebbe appunto successo nel tratto dell’Idrovia Padova-Venezia che lambisce di Galta di Vigonovo.

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