Foggia, inchiesta migranti: la moglie del prefetto «trattava direttamente con il caporale». Cosa dice l'ordinanza del gip

Nessuna pausa per fare i propri bisogni, breve stacco per pranzare, pagamento del lavoro anche a seconda del numero dei cassoni raccolti

Foggia, inchiesta migranti: la moglie del prefetto trattava direttamente con il caporale». Cosa dice l'ordinanza del gip
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Venerdì 10 Dicembre 2021, 15:44 - Ultimo aggiornamento: 11 Dicembre, 08:21

Rosalba Livrerio Bisceglia, la moglie del prefetto Michele Di Bari, ormai ex capo del Dipartimento di immigrazione del Viminale, trattava direttamente coi caporali. Lo scrive il Gip del tribunale di Foggia nell' ordinanza per l'inchiesta sul caporalato. Bisceglia impiegava nella sua azienda in Puglia «manodopera costituita da decine di lavoratori di varie etnie» per la coltivazione dei campi «sottoponendo i predetti lavoratori alle condizioni di sfruttamento» desumibili «anche dalla condizioni di lavoro (retributive, di igiene, di sicurezza, di salubrità del luogo di lavoro) e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle condizioni di vita precarie». 

La paga: 35 euro al giorno

Nell'azienda agricola in cui era socia amministratrice Bisceglia, i lavoratori venivano pagati 5,70 euro l'ora e non oltre i 35 euro, una somma «palesemente difforme» dalle tabelle del contratto nazionale che prevedono una paga netta di 50 euro per sei ore e mezza e nonostante una giornata lavorativa che non durava meno di 8 ore. È quanto scrive il gip di Foggia. Nelle carte, Saidy - uno dei due caporali finiti in carcere - viene definito «intermediatore illecito e reclutatore, trasportatore e controllore della forza lavoro» mentre a gestire gli operai nei campi, almeno 6 quelli «sicuramente» impiegati e i cui nomi sono riportati nell'ordinanza, è Matteo Bisceglia. Il ruolo di Rosalba Livrerio Bisceglia, invece, era quello di «interfacciarsi» con Saidy «per concordare ed effettuare i pagamenti». Nel capo di imputazione il gip ricostruisce come venivano impiegati i braccianti nell'azienda: «in violazione dei contratti collettivi nazionali (o territoriali) e comunque in maniera gravemente sproporzionata rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato, in quanto i lavoratori venivano retribuiti con» 5,70 l'ora «a fronte di una giornata lavorativa di 8 ore», con il pagamento che avveniva «anche conteggiando il numero di cassoni raccolti». Non solo: nell'azienda veniva anche violata la normativa relativa all'orario di lavoro e ai periodi di riposo, tanto che non veniva riconosciuta ai lavoratori «la retribuzione per lo straordinario, le pause (salvo una breve per il pranzo) e senza consentire l'utilizzo di servizi igienici idonei».

Inoltre, si legge ancora nelle carte, è stata violata la normativa in materia di sicurezza sul lavoro, in quanto i braccianti erano sprovvisti dei dispositivi di protezione degli infortuni.

Per il giudice non poteva non rendersi conto che era sfruttamento

Per il giudice la donna era «consapevole delle modalità delle condotta di reclutamento e sfruttamento». L'inchiesta ha portato 16 persone nel registro degli indagati per caporalato nel Foggiano. Tra di esse, appunto, anche Livrerio Bisceglie che disponeva del numero di telefono di Saidy, uno dei due caporali arrestati. E, secondo il giudice, la donna non poteva non sapere come trattava gli africani impiegati come braccianti.  

Saidy portava nei campi i braccianti dopo averli reclutati «in seguito alla richiesta di manodopera avanzata da Livrerio Bisceglia, che comunicava telefonicamente il numero di lavoratori necessari sui campi». Lavoratori «assunti tramite documenti forniti dal Saidy» che per questo «riceveva il compenso da Livrerio Bisceglia».

È emerso, si legge nell' ordinanza, «che la Livrerio Bisceglia ha impiegato per oltre un mese braccianti reclutati dal Saidy (il gambiano Bakary Saidy, uno dei due caporali arrestati, ndr) al quale ella si è rivolta direttamente». La donna, aggiunge il magistrato, «è consapevole delle modalità delle condotta di reclutamento e sfruttamento, nella misura in cui si rivolge ad un soggetto, quale il Saidy, di cui non può non conoscersi il modus operandi». L'indagata, prosegue il documento, «dispone del numero di telefono del Saidy e chiama costui personalmente, si preoccupa, dopo i controlli, di compilare le buste paga, chiama Saidy e non i singoli braccianti per dirgli come e perché si vede costretta a pagare con modalità tracciabili e concorda, tramite Bisceglia Matteo (altro indagato, ndr), che l'importo della retribuzione sarà superiore a quella spettante e che Saidy potrà utilizzare la differenza per pagare un sesto operaio che, evidentemente, ha operato in nero».

In particolare, viene rilevato, «i dialoghi sulle modalità di pagamento (successivi all'attività di controllo) costituiscono dati univoci del ruolo attivo dei Bisceglia nella condotta illecita di impiego ed utilizzazione della manodopera reclutata dal Saidy, in quanto rivelano una preoccupazione ed una attenzione per la regolarità dell'impiego della manodopera solo successiva ai controlli».

«Gli indagati sono risultati adusi all'utilizzo e allo sfruttamento di manodopera extracomunitaria a basso costo, hanno dato dimostrazione di una elevata professionalità nell'organizzare l'illecito sfruttamento della manodopera e hanno palesato una non comune capacità operativa e una sicura impermeabilità al rispetto delle regole (rileva a riguardo che le predette condotte sono state realizzate nei confronti di un numero elevato di lavoratori e per un lungo arco temporale)». È quanto scrive il gip di Foggia nell' ordinanza cautelare.

 «Porta da Nico tutti i documenti. Devi portare prima perché così io devo fare ingaggi... e poi il giorno dopo iniziate a lavorare». È quanto afferma Rosalba Bisceglie Livrerio rivolgendosi al «caporale» Bakari Saidy in una intercettazione citata dal gip nell' ordinanza di custodia cautelare.

Per Rosalba Livrerio Bisceglia il gip di Foggia ha disposto «le misure cautelari dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per due volte a settimana e dell'obbligo di dimora nel comune di residenza». 

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