Cannabis light, lo stop della Cassazione: «La legge non consente la vendita»

Cannabis light, lo stop della Cassazione: «La legge non consente la vendita»
di Michela Allegri
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Venerdì 31 Maggio 2019, 10:58 - Ultimo aggiornamento: 11:21


ROMA Vendere prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», come l'olio, le foglie, le inflorescenze e la resina, è illegale. L'hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con una sentenza che ha già scatenato un ampio dibattito. Per i supremi giudici, la cessione, a qualunque titolo, è contraria alla legge. Gli ermellini affrontano così il nodo della cannabis light e, di conseguenza, quello dei negozi che vendono questo tipo di prodotti. La conclusione dei giudici è che l'unica coltivazione consentita di «canapa sativa» è quella destinata a scopi medici. Nella sentenza si sottolinea però che la vendita dei derivati è un reato «salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante». La valutazione dovrà essere fatta caso per caso dai giudici di merito, che dovranno stabilire se disporre o meno il sequestro delle sostanze. La Cassazione, infatti, non sembra ancora avere affrontato il tema della soglia del principio drogante consentita. Ma i dettagli - e gli ultimi chiarimenti - arriveranno con il deposito delle motivazioni di merito.

Cannabis light, la Cassazione: «Vendita illegale»

IL RICORSO
Con il verdetto emesso ieri gli ermellini hanno annullato con rinvio la revoca di un sequestro di prodotti derivati della cannabis, avvenuto nelle Marche, accogliendo il ricorso dei pm di Ancona, come era stato chiesto in subordine dal pg Maria Giuseppina Fodaroni che, come prima indicazione, aveva sollecitato l'invio degli atti alla Consulta. «Il pg della Cassazione ha evidenziato che non c'è ragionevolezza nel sistema legislativo attuale e che le indicazioni fornite dal legislatore, sul tema della cannabis ligth, non sono chiare - aveva infatti detto l'avvocato Carlo Alberto Zaina, della difesa - pertanto non vi è la prevedibilità, da parte del cittadino e del commerciante, sulle condizioni suscettibili di essere sanzionate. Se gli atti andranno alla Consulta si porterà avanti una situazione di assurda incertezza: credo che la Cassazione abbia tutti gli elementi per decidere».

IL VERDETTO
I supremi giudici affermano che «la commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge n. 242 del 2016 che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa» a fini medici. Per questo motivo, proseguono i giudici, «integrano reato le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati» dalla coltivazione della cannabis, «salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante».
Poco dopo la sentenza, sono arrivate le reazioni del mondo politico. Esprime soddisfazione per la decisione della Cassazione il ministro dell'Interno, Matteo Salvini: «Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano». Dello stesso tenore anche la dichiarazione del ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana, che legge il verdetto come una «conferma delle preoccupazioni che abbiamo sempre manifestato in relazione alla vendita di questo tipo di prodotti e la bontà delle posizioni espresse e delle scelte da noi adottate fino ad oggi». Prende posizione pure Annagrazia Calabria di FI: «Non si possono tollerare zone d'ombra che in qualche modo legittimino la subcultura dello sballo». E invoca la chiusura delle attività anche la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni: «Fratelli d'Italia chiede al Governo di dare seguito a questa sentenza e chiudere immediatamente i cannabis shop».

LA POLEMICA
Contro la sentenza si schierano invece i Radicali, che sperano non si tratti di «una sentenza politica, in linea con il volere di un ministro che ha annunciato un'offensiva contro la cannabis light» e rilevano che con una decisione di questo tipo si colpisce duramente «uno dei più promettenti settori dell'agricoltura». Mentre la deputata del Pd, Giuditta Pini, chiede che si voti una risoluzione per tutelare i lavoratori: «Se si dovesse proibire completamente il commercio della cannabis light migliaia di giovani imprenditori rischierebbero la chiusura, e un mercato legale che stava sottraendo proventi alla criminalità organizzata diventerebbe illegale e invisibile. Da mesi è ferma in commissione Agricoltura una nostra risoluzione che cerca di normare questo mercato».

 

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