Buste esplosive inviate ai pm della procura di Torino, arrestati tre anarchici

Buste esplosive ai pm della procura di Torino, arrestati tre anarchici
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Martedì 21 Maggio 2019, 09:07 - Ultimo aggiornamento: 19:25

Tre arrestii per quelle buste esplosive confezionate per uccidere. Le mani degli anarchici dietro l'operazione. Sono tre le persone arrestate dai carabinieri del Ros per gli ordigni, di fattura artigianale ma assai pericolosi, recapitati nel giugno del 2017 a due pm della procura di Torino , Antonio Rinaudo e Roberto Sparagna, e al direttore generale del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) a Roma, Santi Consolo.
 

 

Il genovese (poi trasferito) Giuseppe Bruna, la torinese Natascia Savio e l'emiliano Robert Firozpoor, di 49, 35 e 23 anni, sono ora indiziati di attentato con finalità di terrorismo. I tre si riunirono a Genova fra il 25 il 28 maggio per affidare alle Poste il loro messaggio di morte. Ad individuare i presunti autori è stato il Ros di Torino, alla guida di Massimo Corradetti, con un'indagine certosina partita da un dettaglio apparentemente insignificante: il prezzo di 0.40 euro vergato a mano sulla faccia anteriore delle buste. I militari hanno scoperto l'unico negozio di Genova, un bazar cinese, che marchiava i prodotti a quel modo. 

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Da lì sono risaliti al vicino phone center in cui, via internet, qualcuno aveva fatto una ricerca nel sito dell'Ordine degli avvocati di Torino selezionando i nomi dei due penalisti (ignari di tutto) da inserire come falso mittente dei plichi. Telecamere di sorveglianza, appostamenti e analisi tecnico-scientifiche hanno fatto il resto. «Io voglio mettere le bombe, un anarchico quando diventa vecchio che c... fa?» diceva Natascia Savio, in una conversazione intercettata, criticando l'inerzia dei compagni spagnoli che le parlavano di libri, dibattiti, incontri sul femminismo.
«Sono stufa di tutta questa roba», ripeteva. A tracciare la via è l'uomo che gli inquirenti definiscono il nuovo ideologo, Alfredo Cospito, un torinese - detenuto da tempo - con un curriculum da vero e proprio guru dell'insurrezione: dopo una condanna definitiva per il ferimento (a Genova nel 2012) di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo nucleare, lo scorso 24 aprile a Torino gli sono stati inflitti 20 anni per terrorismo nel maxi-processo contro le Fai-Fri. 

«È nei singoli gesti di distruzione che l'anarchico vive la sua anarchia subito, oggi, spezzando l'attendismo» è il verbo di Cospito così come viene rilanciato dai siti web di area. E i pacchi bomba, tanto vituperati persino in certi ambienti antagonisti, «appartengono alle nostre tradizioni». Il comandante del Ros, Pasquale Angelosanto, individua dei segnali di «saldatura» fra l'anarchismo sociale, che appoggia le proteste di movimenti come i No Tav della Valsusa i comitati 'No sfrattò, e l'ala oltranzista. Si è formata, dicono all'antiterrorismo, una «rete» sotterranea di singoli individui o di gruppetti che a ondate successive portano a termine iniziative che spesso non occorre nemmeno rivendicare, perché il gesto parla da sé. Ed è «verosimilmente» a questa «rete» - rivela il pm Alfredo Nobili della procura di Milano - che appartiene il mittente del plico esplosivo ricevuto il 1/o aprile dalla sindaca di Torino, Chiara Appendino. Al Palazzo di Giustizia i plichi arrivarono il 7. 

Entrambi, se fossero scoppiati, potevano «generare una forza d'urto della velocità superiore a 1.000 metri al secondo». Gli artificieri li disinnescarono nel cortile. Dei destinatari, Sparagna era titolare dell'inchiesta sulle Fai-Fri di Cospito & compagni; Rinaudo, oggi in pensione, era da sempre nel mirino della galassia antagonista. Il Dap (dove la busta venne consegnata il 12) fu scelto in segno di solidarietà al detenuto Maurizio Alfieri, ex rapinatore diventato per le sue proteste un simbolo della lotta al sistema carcerario. La partita degli anarchici contro lo Stato non è finita. Solo negli ultimi anni - dicono all'Arma - «ci sono stati tredici attacchi ai carabinieri». Lo stillicidio delle azioni in tutta Italia è interminabile. Sabotaggi, incendi, attacchi ai bancomat, anche le scritte sui muri: ogni cosa, anche la più piccola, per i teorici dell'insurrezione può diventare una chiamata alla rivolta. 

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