Rifiuti e trasporti, Bruxelles sanziona l'Italia con multe milionarie

Rifiuti e trasporti, Bruxelles sanziona l'Italia con multe milionarie
di Diodato Pirone
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Lunedì 8 Aprile 2019, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 07:36
Nel 2018 l'Italia ha dovuto versare nelle casse dell'Unione Europea la bellezza di 148 milioni di euro per multe scattate per il mancato rispetto di direttive Ue. Non si tratta dell'ennesimo capitolo della saga dell'Europa cattiva contro l'Italia lasciata sola.
Il fatto è che il nostro Paese ha subito cinque condanne da parte della Corte di Giustizia per aver infranto in vario modo regole europee e dunque ora stiamo pagando le salatissime multe esattamente come quando i vigili ci affibbiano una sanzione per un parcheggio in seconda fila. Il risultato è lampante: dal 2012 - secondo un rapporto preparato da Openpolis che fa la radiografia del fenomeno - abbiamo versato a Bruxelles 547 milioni di euro.

LE PUNIZIONI
Per quali multe? La più cara riguarda la gestione delle ecoballe dei rifiuti campani. La Ue ha stabilito delle regole di gestione dei rifiuti che valgono per tutta l'Europa e l'incapacità di alcune Regioni di adeguarsi è stata certificata dai giudici. E così le ecoballe campane solo nel 2018 ci sono costate 48 milioni. Pagati per la grandissima parte dalla Regione Campania.
Un'altra condanna che ci sta costando carissima è quella per 200 discariche abusive sul territorio nazionale. L'Ue ha messo l'Italia nel mirino addirittura nel 2003. Non siamo stati in grado di venirne a capo e così dal 2015 l'Italia sta pagando circa 50 milioni all'anno per un totale che finora è arrivato a 204 milioni. A quattro anni dalla condanna sono da regolarizzare ancora 55 discariche.
C'è da preoccuparsi, insomma, anche perché sul fronte delle infrazioni la situazione sta peggiorando. Al momento sono 73. Erano 59 quando il governo Conte ha cominciato a lavorare. I numeri raccontano di un netto peggioramento dell'amministrazione giallo-verde rispetto a quella del centro-sinistra.

LA CLASSIFICA
Dei tre governi della scorsa legislatura, solo quello guidato da Enrico Letta aveva visto aumentare il numero di procedure durante la sua durata, passando dalle 98 dell'insediamento alle 119 di fine febbraio 2014. Con l'arrivo del governo Renzi poi i numeri hanno iniziato a sgonfiarsi notevolmente, arrivando a dicembre del 2016 a quota 70. L'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni ha continuato il lavoro di contenimento delle infrazioni, portando il totale a inizio giugno 2018, insediamento del governo Conte, a quota 59.
Più in generale ad oggi l'Italia è il sesto paese con più infrazioni pendenti presso Bruxelles. Davanti a noi abbiamo la Spagna (101), la Germania (83), il Belgio (80), la Grecia (78) e la Polonia (77).
Delle 72 procedure contro l'Italia attualmente in essere, 37 (il 50,68%) sono ancora all'inizio dell'iter. Per esse infatti l'ultimo aggiornamento risale all'invio da parte della Commissione della lettera in costituzione in mora, come previsto dall'articolo 258 del Trattato fondativo dell'Ue. Sedici (il 21,92%) sono al secondo passaggio, il parere motivato da parte della Commissione, mentre per altre 11 (15,07%) Bruxelles ha già fatto ricorso alla Corte europea di giustizia.

LA COMMISSIONE
Circa l'87% delle procedure è quindi ancora sotto la normativa dell'articolo 258 del Trattatto Ue, e quindi la Commissione non ha ancora chiesto l'imposizione di sanzioni economiche. L'Italia è nel mirino di Bruxelles soprattutto per l'ambiente, al centro del 26% delle infrazioni (19 casi su 72), seguito a distanza dalle questioni collegate al mercato interno (16,44%, 12 casi) e quelle che riguardano tassazione e dogane (13,70%, 10 casi).

LA GESTIONE
Quando si parla di infrazioni, sottolinea il documento di Openpolis, non si parla solamente di numeri o di soldi. La cattiva gestione delle procedure d'infrazione da parte dell'Italia ha un costo d'immagine. Proprio per questo motivo alcune delle procedure d'infrazione attualmente ancora aperte meritano un'attenzione particolare altre invece sono francamente bizzarre come ad esempio quella aperta dal 2004 su alcuni aspetti della legge Gasparri sulle tivvù ormai ampiamente superata. Rischia invece di costarci cara la probabile condanna sugli aiuti alle aziende municipalizzate specie quelle dei trasporti.
 
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