Banca Etruria, per il padre di Maria Elena Boschi nuova archiviazione: «Dove sono quelli che ci insultavano?»

Banca Etruria, Maria Elena Boschi esulta per l'archiviazione dell'accusa del padre: «Dove sono quelli che ci insultavano?»
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Giovedì 20 Agosto 2020, 18:08 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 00:24

«Ancora un’archiviazione per mio padre su Banca Etruria. Chissà dove sono ora coloro che in questi anni ci hanno insultato, offeso, minacciato. Ma oggi è un giorno bello: la verità è più forte del fango». Esulta così Maria Elena Boschi, dopo l'archiviazione dell'accusa di bancarotta nei confronti di suo padre Pierluigi Boschi nel caso Banca Etruria. Insieme al padre della deputata di Italia Viva ed ex ministro, sono state archiviate le accuse anche verso altri 11 membri dell'ultimo consiglio di amministrazione di Banca Etruria.

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Il pm archivia l'accusa di bancarotta


Il capo di imputazione formulato dalla Procura di Arezzo era relativo alla liquidazione dell'ex direttore generale dell'istituto di credito Luca Bronchi da circa 700mila euro netti (1,2 milioni lordi) di cui 400mila già confiscati perché ritenuti non dovuti. L'ipotesi di reato - riferisce oggi il «Corriere di Arezzo» - è ora caduta sia per Boschi, ex vice presidente di Banca Etruria, che per gli altri consiglieri. Il giudice del Tribunale di Arezzo Fabio Lombardo ha depositato la decisione finale sulla vicenda della liquidazione di Luca Bronchi, che ha disposto l'archiviazione per tutti gli indagati. Il ruolo degli ex consiglieri della banca e le condotte tenute rispetto alla pratica della liquidazione del dg Bronchi non sono penalmente rilevanti, ha stabilito il giudice.

L'ex direttore generale Bronchi proprio per la sua buonuscita è stato condannato in primo grado, mentre l'ultimo presidente del cda con il quale si sarebbe accordato, Lorenzo Rosi, è ancora sotto processo. Almeno una parte di quell'esborso non era dovuta, stabilisce la sentenza che ha condannato Bronchi: fu una distrazione del patrimonio di Bpel, bancarotta fraudolenta.

Per l'ex vice presidente Boschi e per gli altri membri del cda era già caduta mesi fa l'ipotesi più grave, quella della bancarotta fraudolenta. Ad escluderla fu il giudice Piergiorgio Ponticelli nell'udienza in cui prese in esame la richiesta di archiviazione del pubblico ministero Roberto Rossi, accogliendola a metà. Restava in ballo la bancarotta semplice, colposa. Il gip a gennaio restituì gli atti alla Procura per un ulteriore approfondimento volto ad accertare se da parte dei consiglieri di Banca Etruria ci fosse stato un atteggiamento negligente e imprudente, quindi punibile.

La Procura, svolto il supplemento di indagine, ha ribadito la richiesta di archiviazione che questa volta è pervenuta sul tavolo del giudice Fabio Lombardo, dato che Ponticelli ha lasciato l'ufficio per un nuovo incarico a Firenze. La riserva è stata sciolta nei giorni scorsi con l'archiviazione delle posizioni degli indagati. La riunione del cda al centro dell'inchiesta ora archiviata si tenne il 30 giugno 2014 e i dodici consiglieri che votarono a favore della liquidazione (Giovanni Grazzini si astenne e non era coinvolto), è emerso che lo fecero sulla base di consulenze legali che affermavano la legittimità della buonuscita. Né imprudenti né negligenti: non vennero meno ai loro doveri di amministratori coscienziosi.

Tuttavia per Pierluigi Boschi e gli altri consiglieri resta ancora in piedi l'ipotesi di reato di bancarotta colposa per il filone di indagine sulle cosiddette 'consulenze d'orò di Banca Etruria. Il pm Roberto Rossi ha esercitato la citazione diretta per ex consiglieri e dirigenti della banca. Il processo riguarderà Claudia Bugno, Rosanna Bonollo, Alessandro Benocci, Pierluigi Boschi, Carlo Catanossi, Giovanni Grazzini, Alessandro Liberatori, Luigi Nannipieri, Luciano Nataloni, Anna Maria Nocentini, Claudio Salini, Ilaria Tosti, e con loro Daniele Cabiati, ultimo dg ed il suo vice Emanuele Cuccaro. L'udienza del processo è fissata per il 14 gennaio 2021. Non sono coinvolti l'ultimo presidente Lorenzo Rosi, già imputato per bancarotta nel maxi processo che riprende a settembre, Alfredo Berni e Luca Bronchi già processati nel primo grado.

Il presunto sperpero del patrimonio di Bpel, al quale gli imputati avrebbero contribuito colposamente, è relativo a consulenze affidate per la fusione di Banca Etruria con un partner di «elevato standing» richiesto dalle autorità bancarie di vigilanza e mai avvenuto. La spesa fu di 4,5 milioni per incarichi alla società Bain & Co, a Mediobanca, allo studio legale Franzo Grande Stevens, allo studio De Gravio e Zoppini e allo studio Camuzzo, Portale, De Marco.

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