Penelope morta schiacciata dall'acquasantiera, 60 bambini dallo psicologo

Penelope morta schiacciata dall'acquasantiera, 60 bambini dallo psicologo
di Camilla De Mori
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Domenica 24 Novembre 2019, 18:03 - Ultimo aggiornamento: 25 Novembre, 18:19

UDINE - Una bimba di sette anni travolta da un'acquasantiera in marmo in una chiesetta del Trecento sotto gli occhi dei suoi compagni. Un'immagine indimenticabile, purtroppo. «Una tragedia infinita», come la definisce il presidente uscente (il rinnovo è atteso dopo le elezioni di questi giorni) dell'Ordine degli psicologi Roberto Calvani. Non solo per le conseguenze, inevitabili, sui genitori e la famiglia della piccola Penelope Cossaro, alunna dell'educandato Uccellis, morta in ospedale dopo l'incidente nella chiesa di Santa Chiara.

Ma anche per l'effetto a cascata che questo dramma enorme può avere su bambini che frequentano le elementari o sono poco più grandi. «Da giovedì sera, il giorno dell'incidente, per tutta la giornata di venerdì, sono arrivate chiamate agli psicologi, nel settore pubblico e in quello privato, da parte delle famiglie preoccupate. Abbiamo fatto interventi su quasi sessanta bambini.


Abbiamo mobilitato tutti i professionisti che potevano: come presidente, ho chiesto la disponibilità dei colleghi che potevano fare qualcosa, per far fronte a tante chiamate e richieste», spiega Calvani. Fra i tanti casi, spiega, «anche quello di una bambina che, a quanto diceva la famiglia, non parlava più: dopo la tragedia sembrava essersi chiusa nel mutismo». La piccola, a quanto riferito, sarebbe stata visitata venerdì. «Purtroppo questo non è il primo caso di una bambina che muore in un incidente, per quanto tragicissimo come quello accaduto a Penelope. Ma in questa occasione si è allargato un senso di trauma che direi contagioso, fra bambini sensibili», riferisce il presidente. E questo in una scuola, l'Uccellis che, assicura Calvani, «è attenta alle fragilità e fa un grande lavoro di prevenzione».

LA TASK FORCE
«Già in passato avevo proposto al sistema sanitario di costituire una task force di psicologi, per intervenire in pronto soccorso ma anche in situazioni di emergenza psicologica di questo tipo. Già tre anni fa, a livello di puro volontariato, eravamo intervenuti dopo il caso della bimba morta in mare davanti alla mamma e poi per l'adolescente annegato nel Tagliamento. L'idea era quella di costituire un gruppo stabile, coinvolgendo una decina di professionisti che si sarebbero messi a disposizione ciascuno per un'ora al giorno e, nel caso succedesse qualcosa, sarebbero subito intervenuti».

Un progetto, assicura Calvani, «a costo zero per le casse pubbliche, perché da attivare fra i dipendenti che già lavorano per il sistema regionale. Sulla falsariga di quello che ha già fatto l'Azienda di Trieste in Pronto soccorso per i casi di violenza di genere: con un avviso interno ha individuato dipendenti disponibili ad intervenire in orario di servizio per assistere le vittime di violenza». Una task force di questo tipo, per Calvani, «sarebbe stata utile anche nel caso della piccola Penelope».

LA PSICOLOGA
Ad ogni buon conto, da subito, si sono attivati diversi professionisti friulani, per assistere bambini e ragazzi (e le loro famiglie) direttamente o indirettamente coinvolti, a cominciare dalla psicologa dell'Educandato Evgenia Gasteratou. «Tanti professionisti - chiarisce lei stessa - hanno risposto in modo massiccio. Dopo il lavoro di massima che faremo noi, la scuola Naven interverrà in un secondo momento a livello di volontariato con singoli interventi individuali». Anche secondo lei, in questo caso sarebbe stata utile una task force come quella sognata da Calvani.

«È un lutto molto difficile da elaborare per i bambini. Mi sono accorta ascoltando i loro racconti che, per diversi alunni, è stato una sorta di calvario in diretta: hanno assistito involontariamente all'evolversi della tragedia. Non solo gli otto bambini che erano con lei in chiesa al momento dell'incidente. Poi, si è cercato di aiutare Penelope portandola in un posto in cui purtroppo era visibile da una classe: alcuni bambini, senza nessuna volontarietà da parte di nessuno, hanno potuto vedere la scena.

Poi, altri scolari hanno assistito all'arrivo dell'ambulanza. Non è stato fatto niente apposta, in quel momento la cosa più importante era cercare di salvare Penelope. Ma comunque tutto questo ha avuto un impatto e un'eco enorme fra gli altri alunni. E questo non è colpa di nessuno: si stava cercando di salvare una vita».

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