Bellomo arrestato, parla una vittima: «Mi ha schiavizzata, con lui era peggio del bunga bunga»

Bellomo arrestato, parla una vittima: «Mi ha schiavizzata, con lui era peggio del bunga bunga»
di Claudia Guasco
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Mercoledì 10 Luglio 2019, 09:28 - Ultimo aggiornamento: 09:31

MILANO - Le prede di Bellomo erano belle, colte, laureate e ambivano a una toga. Senza il permesso del dominus, però, non potevano nemmeno fare una ceretta: «Ma le ragazze non vanno dall'estetista in vista di un evento? Devo concludere che hai mentito», è il messaggio minaccioso inviato dal magistrato a una delle sue borsiste. Uno dei tanti agli atti dell'inchiesta che, rileva il gip, raccontano dello stato di sudditanza e prostrazione psicologica delle vittime. «Mi vergogno molto per essermi fatta abbindolare - scrive una ragazza all'amica dopo essere stata espulsa - Sento che hanno ancora presa su di me e non voglio cascarci. Sono malati. Se saltasse fuori la storia sarebbe il bunga bunga 2015».

Arrestato Bellomo, l'ex giudice che imponeva la minigonna alle borsiste. «Contratti di schiavitù sessuale»

«METTITI IN GINOCCHIO»
Alla fine la diga della clausola di segretezza non ha retto, un'ex fidanzata (ora avvocato) di Bellomo ha presentato un esposto ed è partita l'inchiesta nei confronti del magistrato. «Non so che visione abbia per le donne, ma le foto che mi faceva fare parlano chiaro. Mi vergognavo delle foto che sono stata costretta a mettere, mi facevo schifo da sola, mi sentivo messa in vendita», punta il dito una vittima del «sistema Bellomo».

Una borsista confida alla sorella di aver sottoscritto «un contratto di schiavitù sessuale», un'altra non muove un passo senza l'autorizzazione del docente. Sms di Bellomo del dicembre 2015: «Non è normale che rientri a mezzanotte, la fiducia con te è sprecata, addio uscite serali e il resto. Questo significa avere accanto un animale, perché tu sei così. Gli animali non conoscono dispiacere, è l'ennesima riprova del tuo Dna malato. Agisci come un selvaggio, ignorando le regole. E mentre attendevo che ti facessi viva mi sono fatto una lesione al pettorale, perché ho perso la concentrazione».

Basta uno scambio di like in rete e l'allieva è «scientificamente una prostituta», sanzionata con l'esclusione dal corso. In alcuni casi Bellomo è magnanimo: «Non voglio rovinare anni di lavoro senza darti una chance. Venerdì sera, quando entro in stanza, ti metti in ginocchio e mi dici ti chiedo perdono, non lo farò mai più. Non ha il significato della sottomissione, ma della solennità. Con le forme rituali».

Altre volte è spietato, come si evince dal messaggio trasudante odio che nel 2016 invia a una giovane (diventata gip) conosciuta su un sito di incontri prima dell'esame da magistrato: «Il viaggio a Roma (pur rappresentando una delle tue ridicole affermazioni) ti avrebbe riservato un'umiliazione. Vedermi accanto a una ragazza platealmente più bella (io ti trovavo bella perché ti amavo, lei lo è) e con un senso morale e una dedizione infinitamente più elevate della tue. Lucrezia avrà 100. Tu 120, 68 meno di me». E due giorni dopo: «E' impossibile che abbia amato una come te. Una pu...na di indole e questo giudizio non l'ho mai rinnegato. Do ut des. Ti ho fatto passare gli scritti, il concorso non lo so, ho qualche dubbio ma penso che non sarai bocciata. Però in Calabria rischi di finirci».

Le giovani si sentivano in trappola, una di loro si è rivolta all'ex pm di Bari Gianrico Carofiglio, dimessosi dalla magistratura per dedicarsi alla carriera di scrittore: «Mi chiese un consiglio su una vicenda che riguardava entrambi. Si trattava di una storia confusa nella quale, astrattamente, si potevano configurare estremi di reati perseguibili a querela: lesioni, ingiurie e minacce. Le consigliai dunque di rivolgersi a un avvocato penalista con cui valutare la possibilità di sporgere querela», precisa. Travolto dalla valanga, mediante i suoi legali, Bellomo fa sapere che in tempi brevi potrà chiarire la propria posizione. «Il dottor Bellomo nega, nel modo più reciso, di aver mai posto in essere le condotte che gli vengono addebitate, peraltro sulla scorta di elementi acquisiti più di un anno fa e riferibili a fatti risalenti nel tempo», affermano i suoi avvocati Gianluca D'Oria e Beniamino Migliucci.

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