Autonomia, stop di Tajani: «Fondi per Centro e Sud, l’Italia non sia divisa». Calderoli: «Io vado avanti»»

Per FdI i poteri non vanno trasferiti se prima non si quantificano anche i Lep

Autonomia, stop di Tajani: «Fondi per Centro e Sud, l’Italia non sia divisa». Calderoli: «Io vado avanti»»
di Francesco Malfetano
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Domenica 15 Gennaio 2023, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 08:31

«L’Italia non deve essere divisa». A suonare la carica per la modifica dell’attuale formulazione della riforma dell’Autonomia differenziata voluta dalla Lega è il vicepremier e ministro di FI Antonio Tajani. Intervenendo a margine di un’iniziativa azzurra nel salernitano, Tajani ha infatti chiarito: «Lavoreremo anche perché l’autonomia differenziata non sia un’autonomia che penalizzi il Sud. Bisogna fare i Lep, bisogna anche pensare a un fondo di perequazione. Siamo al lavoro perché sia una riforma equilibrata e che avvantaggi sia il Nord sia il Sud, ma anche il Centro, ecco perché sui poteri di Roma Capitale dovremo lavorare». 
Dichiarazioni che se da un lato allungano la lista di chi tra costituzionalisti, governatori delle Regioni e imprenditori prova a rallentare il Carroccio, dall’altro rafforza la posizione “dubbiosa” di una parte della maggioranza. Al netto di Tajani e della determinazione del ministro leghista per gli Affari Regionali Roberto Calderoli («Il mio discorso di autonomia lo porto avanti. Non ci sono santi: l’autonomia è il secondo punto nelle riforme istituzionali nel programma di governo. Quindi come ministro sto al programma di governo Meloni» ha detto ieri) anche in FdI sono per procedere con calma. A via della Scrofa infatti la convinzione è più o meno questa: «Una volta fatta l’Autonomia, la Lega ci renderà la vita impossibile». E quindi, spiegano più voci ai vertici di Fratelli d’Italia, alcuni punti cardine del programma elettorale che ha convinto gli elettori lo scorso 25 settembre e che - gioco forza - hanno bisogno di più tempo per essere realizzati, rischierebbero di incappare in un iter più faticoso del previsto. Che restino cioè in qualche modo azzoppati o rendano “ricattabile” Fratelli d’Italia qualora dovesse scricchiolare l’unità del centrodestra.

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L’ITER

In altri termini dietro al diktat “presidenzialismo e autonomia differenziata devono essere legati” più volte palesato da Giorgia Meloni ai suoi, non ci sarebbe solo la convinzione che l’attuale bozza della riforma concepita da Calderoli sia penalizzante per Centro e Sud del Paese, ma anche un legittimo ragionamento politico.

Una riflessione che non sta solo nella volontà di portare a casa le riforme più care a FdI, ma anche nella risonanza elettorale che l’Autonomia avrebbe ad esempio sul voto alle europee del 2024. «Perché dovremmo avvantaggiare la Lega?», ci si interroga.

 

In risposta all’intenzione del Carroccio di portare in Cdm il testo prima del voto in Lombardia del 12 febbraio, filtra quindi un primissimo disappunto per la «sgrammaticatura istituzionale» che comporterebbe. Prima di approdarvi infatti, serve la valutazione della Stato-Regioni. E se invece il passaggio in Cdm è concepito “solo” come informale, come un primo approccio politico per maturare un accordo, la Lega - dicono - deve essere consapevole che quella non è «la sede giusta». 

L’intenzione di palazzo Chigi non è però affatto sabotare del tutto la Riforma, ma “solo” rendere il suo percorso paragonabile a quello dei poteri speciali per Roma e del Presidenzialismo, in qualunque sfumatura si decida poi di declinarlo. Se è considerato «realisticamente difficile» che possano avere un iter parallelo, l’idea è che l’una arrivi solo quando l’altra è in «una fase avanzatissima». 

Un pensiero più o meno reso pubblico ieri dal ministro dell’Agricoltura e braccio destro di Meloni Francesco Lollobrigida: «Le riforme le faremo entro 5 anni tutte - ha detto a margine dell’evento di presentazione dei candidati in Lombardia di ieri - qualcuna arriverà prima magari sarà l’autonomia». 

LO SPRINT

Una riflessione che per far fronte allo sprint del Carroccio pare doversi necessariamente tradurre nel tentativo di guadagnare tempo ponendo l’accento su quanto di poco condivisibile vi sia nel progetto Calderoli. 
Le possibilità ovviamente non mancano. In primis guardando proprio ai livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Questi per la bozza attuale seguono sotto forma di Dpcm l’approvazione della Riforma ma per un’ampia fetta della maggioranza - e lo chiedono anche i governatori delle Regioni e le opposizioni - andrebbero invece concordati prima, quantificandone la spesa. Un passaggio che, tra commissioni e Parlamento, allungherebbe i tempi oltre «l’anno e mezzo» stimato da Calderoli per realizzare la Riforma. 

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