Assegno di divorzio anche se la ex lavora in nero: la sentenza dei giudici

Al centro della vicenda c'è un importo di 270 euro al mese (dopo 33 anni di matrimonio)

Assegno di divorzio anche se la ex lavora in nero: la sentenza dei giudici
di Angela Pederiva
3 Minuti di Lettura
Giovedì 13 Ottobre 2022, 13:21 - Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 10:02

Il lavoro nero viene ammesso dai giudici. Certo, non in un contenzioso con il fisco, ma in una causa di divorzio. Prima il Tribunale di Treviso, poi la Corte d'Appello di Venezia e infine pure la Cassazione hanno riconosciuto la legittimità dell'assegno versato dall'ex marito all'ex moglie, malgrado risulti agli atti che quest'ultima abbia un'occupazione irregolare come addetta alle pulizie.

Il marito chiede la separazione e la moglie si trasforma in una stalker

L'importo

Al centro della vicenda c'è un importo di 270 euro al mese, fissato e confermato nei tre gradi di giudizio a favore di una cinquantenne trevigiana dopo 33 anni di matrimonio.

Secondo quanto ricostruito dai magistrati, lui percepisce una pensione di 1.700 euro, ma il reddito effettivo è ridotto a 1.620 per gli oneri conseguenti all'installazione di un impianto fotovoltaico. Inoltre l'uomo è «gravato da svariate spese, e cioè rata di acquisto di aspirapolvere ed esborso per impianto di allarme». Di qui la richiesta di rivedere al ribasso la cifra destinata all'ex, in quanto lei incassa una pensione di 500 euro, «più introiti di 150/160 euro alla settimana derivanti dal lavoro irregolare di colf». Inoltre viene rimarcato che la donna gode anche di risparmi per 52.000 euro, di cui quasi la metà ottenuta al momento della separazione.

Roma, si fingono amici del nipote e si fanno dare 14mila euro: truffa a due anziani

L'autosufficienza

Chiamata a pronunciarsi in via definitiva sulla questione, la Suprema Corte ricorda che «ai fini dell'attribuzione e della quantificazione dell'assegno di divorzio deve tenersi conto delle risorse economiche di cui dispone l'ex coniuge più debole e se tali risorse siano sufficienti ad assicurare una esistenza libera e dignitosa ed un'adeguata autosufficienza economica, nonostante la sproporzione delle rispettive posizioni economiche delle parti». In aggiunta la Cassazione sottolinea che «l''assegno divorzile ha anche una funzione compensativa o perequativa nel caso in cui risulti che il coniuge meno abbiente abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi completamente alla famiglia nell'ambito di una scelta condivisa dei due ex coniugi che così hanno inteso impostare la vita in comune ed attribuirsi, di comune accordo, differenti ruoli ed attività nella gestione della vita familiare». Al riguardo viene evidenziato che la donna, dopo essersi sposata a 18 anni e separata a 51, «lavora oggi come colf irregolare avendo lasciato il lavoro di operaia per dedicarsi alla famiglia ed alla crescita dei tre figli». Nessun dubbio, dunque, sul suo diritto a incamerare l'assegno dall'ex: «La stessa ha quindi senz'altro contribuito alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune sulla base dell'impostazione concordata tra i coniugi in relazione alla vita coniugale e familiare». Il lavoro è in nero? Non importa, anzi, il compenso basso evidentemente giustifica l'integrazione da parte dell'ex marito. Peraltro quest'ultimo non può lamentarsi delle spese per l'aspirapolvere o l'antifurto: «Tali acquisti sono frutto di scelte volontarie», per cui non si deve tenere conto della relativa decurtazione di reddito.

Gianni Morandi e gli auguri alla moglie Anna Dan: «Viverti accanto è la mia gioia»

© RIPRODUZIONE RISERVATA