Andrea Tombolini, l’assassino del market: «Erano felici e li colpivo». Viveva con i genitori e voleva suicidarsi

In un video l’intervento di Tarantino che blocca il killer: «Evitata una strage»

Andrea Tombolini, l’assassino del market: «Erano felici e li colpivo». Viveva con i genitori e voleva suicidarsi
di Claudia Guasco
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Sabato 29 Ottobre 2022, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 15:14

Andrea Tombolini, 46 anni, abitava con gli anziani genitori al piano terra di una casa popolare, non ha mai lavorato in vita sua, ha la terza media, non possiede un telefono e non ha amici. È convinto di avere un tumore allo stomaco, così giovedì nel primo pomeriggio va a fare una gastroscopia. Poi si chiude in camera, fa un pisolino e al risveglio è tutto nero. «Volevo uccidermi», mette a verbale. Invece inforca la sua bicicletta mezza scassata, saluta il papà, gli dice che fa un giro e va nell’unico posto che, da anni, frequenta ogni giorno: il Carrefour del centro commerciale Milanofiori. «Ho visto tutte quelle persone felici, che stavano bene e ho provato invidia». Afferra un coltello con venti centimetri di lama da un espositore e anziché farla finita, come da progetto, ferisce cinque persone e uccide Luis Fernando Ruggieri, dipendente del supermercato.

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L’EROE

«Le vittime potevano essere di più», afferma il procuratore capo di Milano Marcello Viola.

Tombolini ha colpito alla cieca per un minuto prima di essere bloccato a terra da un dipendente e da Massimo Tarantino, ex giocatore di Inter, Napoli e Monza che non ha esitato a intervenire. L’aggressore pareva una furia e gridava: «Ammazzatemi». Poi si è placato e nel reparto di psichiatria dell’ospedale San Paolo, davanti al pm Paolo Storari, dà la sua versione che non ha nemmeno l’aria di un movente: «Sono ammalato. Loro stavano bene e dovevo placare la mia rabbia». Appare quasi incredulo, spiega di non essere mai stato violento se non contro se stesso «o al massimo contro le cose, ho preso a calci le bici e le moto in sharing». In realtà Tombolini non è sempre stato così, è da un mese e mezzo che i fantasmi di una presunta malattia mortale hanno cominciato a riempirgli la testa. Da quando è stato operato alla schiena per un’ernia è diventato ipocondriaco. Santo, un vicino, andava tutti i giorni a farli le punture di eparina, «perché aveva paura anche di quelle e non riusciva a farsele da solo. Lo conosco da dieci anni, prima dell’operazione usciva ogni mattina verso le nove e mezza e andava in bici al Carrefour. Era una persona gentile, disponibile, se qualcuno aveva bisogno di una confezione di acqua gliela portava». Poi il suo mondo si è capovolto. Ha cominciato a dimagrire, a incupirsi, temeva anche la sua ombra. È diventato strano, assente. «Mercoledì l’ho incontrato qui in cortile, era seduto accanto alla statua della Madonnina - ricorda Santo - Gli ho chiesto: “Andrea, non prendi la bici?”. Non mi ha risposto, era in un altro mondo». Se parlava, era solo per lamentarsi delle sue malattie. «I genitori sono brave persone - sottolineano i vicini - lo accudivano», la sorella lo accompagnava alle visite mediche, ma erano impotenti di fronte alla sua rabbia crescente. Il 18 ottobre Tombolini si prende a pugni in faccia, lo portano al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo dove viene medicato, lui chiede di uscire e firma le dimissioni.

IL DOLORE DEL PADRE

Per la famiglia è stato questo il punto di non ritorno. Ieri il papà si è sfogato con un coinquilino: «Sono addolorato per ciò che ha fatto Andrea - ha detto - Però chi si immaginava una cosa del genere? Quel giorno all’ospedale dovevano tenerlo dentro e non lasciarlo andare via». Anche perché non era la prima volta che l’uomo metteva in atto gesti autolesionistici. «A casa con un coltello ho provato a ferirmi ma non ci sono riuscito, l’avevo fatto perché ho avuto vari problemi e mi sono operato alla schiena e poi sono stato male», ha dichiarato nel verbale. La sua ipocondria era fuori controllo, assumeva calmanti ed era in cura presso il medico di base che ha pianificato un percorso di cure psichiatriche, la prima visita specialistica era fissata per il 7 novembre. Troppo tardi. «Mi preme dire che, vista la modalità dei fatti, escludiamo cause diverse da quella accertata, che è la manifestazione di un grave stato di turbamento, di un disturbo psichiatrico da parte della persona sottoposta all’arresto. È esclusa la causale di tipo terroristico», afferma il procuratore Viola. «Avvisaglie» che potessero allertare sulla pericolosità di Tombolini «non ce ne erano» e «non c’erano stati comportamenti violenti precedenti o segnalazioni di disturbi», prendeva ansiolitici «ma non risulta un abuso». Nessuna denuncia, ricoveri in psichiatria né trattamento sanitario obbligatorio, l’unica persona con cui se la prendeva era se stesso. Ieri il gip ha interrogato Tombolini, per lui il pm ha chiesto la convalida dell’arresto per omicidio e duplice tentato omicidio, con custodia cautelare nel reparto del San Paolo. «Ci è sembrata la soluzione più adeguata vista l’esistenza di problemi psichici dell’uomo», riflette Viola.

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