Alluvione Emilia Romagna, migliaia di ulivi distrutti dalle frane in Appennino da Imola fino a Rimini

Montagne devastate, Sergio Spada: "E senza queste piante gli smottamenti sarebbero stati ancora di più, ma il raccolto è compromesso" - La storia: dagli etruschi ai maori al dop

Alluvione Emilia Romagna, migliaia di ulivi distrutti dalle frane in Appennino da Imola fino a Rimini
di Paolo Ricci Bitti inviato a Brisighella
5 Minuti di Lettura
Domenica 4 Giugno 2023, 01:42 - Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 08:26

dal nostro inviato
BRISIGHELLA (Ravenna) L’uliveto, per esserci, c’è ancora, ma adesso quelle 400 piante appartengono a un altro coltivatore. «Guardi, il terreno, tutto intero, ulivi compresi, è franato a valle di 500 metri ed è finito nel podere di un’altra persona, adesso è lui il nuovo proprietario. No, mi scusi, ho detto una battuta, ma è per non piangere: è chiaro che gran parte del raccolto di quest’anno sarà compromesso. Solo qui attorno di frane ce ne sono centinaia», spiega con un filo di voce Sergio Spada, presidente della Cooperativa agricola dell’olio extravergine dop Brisighella, 100 soci e 300 “afferenti”, mezzo milione di euro di fatturato annuo, nelle valli del Lamone, del Sintria, del Senio e del Marzeno, nell’appennino romagnolo del Ravennate. 


Lo scenario di devastazione è lo stesso per una dorsale di oltre 80 chilometri, dalle colline imolesi a quelle riminesi, passando per la provincia di Forlì-Cesena: anche i territori delle aziende agricole del dop Colline di Romagna hanno subito ferite imponenti. Lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato di «appennino ferito» dopo avere sorvolato queste vallate atterrando poi a Modigliana (Forlì-Cesena), nella vallata attigua a quella di Brisighella. 

 


Nella fruit valley romagnola, oltre a pesche, albicocche, kiwi, fragole, pere, mele, ciliegie e castagne, ci sono anche oltre 5mila ettari di uliveti, un terzo dei quali nel Riminese: più di 70mila quintali di frutti raccolti ogni anno per produrre almeno 13mila quintali di olio di altissima qualità, acidità nulla, prezzo al dettaglio, per il Brisighella Dop, oltre i 35 euro al litro (e va via tutto, anche all'estero).

«Non riusciamo nemmeno a fare una prima conta dei danni - continua Spada - gli ulivi sono alberi molto resistenti, basta poca acqua, le coltivazioni sono in zone impervie, scoscese, non facili da raggiungere anche quando è tutto normale, figuriamoci ora che è stata stravolta la fisionomia delle vallate molto peggio di un terremoto.

La vena del gesso (una dorsale eburnea di 25 chilometri che sporge dalle colline come la schiena di un dinosauro, unica in Europa, ndr) è ancora lì come da 6 milioni di anni, ma che ne è di tutto il resto? Nemmeno i proprietari sanno ancora come sono messi i loro terreni più lontani, ora irraggiungibili anche per un trattore. Come sarà possibile seguire le nostre piante, fare le potature? Intendo quelle superstiti delle nostre 100mila originarie, perché adesso a migliaia di piante di “Nostrana" di Brisighella sono franate anche fino ai greti dei torrenti. Decine di frazione abitate sono state isolate, migliaia i poderi ancora tagliati fuori dalle frane».


Il danno economico è enorme, quello ambientale pure: il numero delle frane in appennino è mostruoso, ma sarebbe ancora più catastrofico se alberi come gli ulivi, portati qui dagli Etruschi e da allora accuditi come figli piccoli, non facessero presa sul terreno con le radici. Brisighella, 7mila abitanti, un borgo medievale che toglie il fiato tant’è bello, vive di agricoltura, con l’olio dop divenuto una robusta voce, e di turismo. E di un record mondiale imbattibile: la più alta proporzione fra cardinali e abitanti. E tutti porporati di altissimo ruolo: se ne contano 8 dal 1.500 in poi, l’ultimo è stato Achille Silvestrini, ministro degli Esteri del Vaticano. “Chi deve essere il Papa - dicono i vecchi che giocano a “beccaccino” nelle osterie - lo decidiamo noi a Brisighella». 


Appena al di là del crinale, a Borgo Tossignano, Valle del Santerno, sempre Romagna, Giovanni Bettini sta ancora cercando di contare i danni: almeno 600 dei suoi 2.100 ulivi (Nostrana, Ghiacciola e Correggiolo) sono ora una poltiglia unica con il fango. Servirebbe un drone, perché l’unica strada che porta al podere “Pratale” non esiste più: qualche frammento di asfalto affiora laggiù nel nuovo canyon largo 400 metri, lungo 800, profondo 10 metri dal piano di campagna. Una frana “significativa” catalogheranno i geologi, un disastro per il titolare degli uliveti che è anche il presidente della Cooperativa Clai (lavorazioni carni) di Imola, 550 dipendenti di cui almeno 100 stati sbattuti fuori casa dall’alluvione a Faenza e a Casola Valsenio. 

Il canyon lungo 800 metri, largo 400 e profondo 10 metri che ha devastato la strada (a destra) a Borgo Tossignano

«Con questi ulivi, che fanno parte della rete degli evo "Colli di Bologna",  non creiamo solo reddito e lavoro, ma difendiamo il territorio anche dallo spopolamento: ora dovremo ricostruire da soli la strada, un’impresa: non possiamo contare sui mezzi di un comune come Borgo che pure si sta facendo in quattro per questa emergenza. E tra poco dovremmo anche raccogliere, lassù, le albicocche».

La sera in appennino tornano, quando ci si è puliti almeno il viso dal fango, i racconti della guerra. Da Monte Mauro a guardare in giù, le luci sono pochissime, come quando si doveva stare al buio per paura dei bombardamenti. Per giorni è mancata la corrente elettrica in centinaia di case, tante abitazioni sono state abbandonate: tra il ‘44 e il ‘45 servirono da rifugio anche per i neozelandesi dell’VIII Armata.

Quando non si sparò più nelle vallate ferite dai crateri delle bombe come oggi dalle frane, i ragazzi della 2a Divisione e del 28° Battaglione Maori, venuti dall’altra parte del mondo a morire per gli italiani, lasciarono qui qualche pallone da rugby e portarono a casa pianticelle di ulivo romagnolo divenute i solenni alberi che fanno ombra ai sacrari dei caduti nella “terra della lunga nuvola bianca”. Dal verde ulivo delle divise militari al verde ulivo della pace.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA