Alluvione in Emilia Romagna, Ansia e depressione dopo il disastro: nei centri colpiti arrivano gli psicologi

«Una signora raccontava di avere perso la casa come fosse un pacchetto di noccioline. Tra poco, però, comincerà a rendersi conto e arriverà il crollo»

Alluvione in Emilia Romagna, Ansia e depressione dopo il disastro: nei centri colpiti arrivano gli psicologi
di Alessia Marani inviata a S.Agata sul Santerno
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Lunedì 29 Maggio 2023, 07:43 - Ultimo aggiornamento: 08:28

dal nostro inviato
S. AGATA SUL SANTERNO (RAVENNA) Il rumore dell’acqua che scroscia dalla doccia si fa insopportabile: ricorda l’ondata del fiume, il tonfo nella notte buia delle auto e dei cassonetti dell’immondizia che mulinellano e poi sbattono sulle pareti delle case. E poi se chiudi gli occhi non riesci a dormire: ti svegli all’improvviso nell’ora in cui l’acqua ha travolto tutto, pure la tua vita.

Flashback delle urla disperate dei vicini (vedi ad esempio il caso di Faenza, ndr) rimbombano nella testa, il senso di impotenza è opprimente...

Gli Sos dei cittadini emiliano-romagnoli coinvolti nell’alluvione agli psicologi dell’emergenza sono continui. I team messi in campo dalle Ausl e dall’associazione italiana Per l’Emdr (acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, un approccio terapeutico per l’elaborazione di traumi e stress psicologici) nelle zone più colpite erano in campo già dopo nemmeno 12 ore dall’alluvione.

È la fase 1, come spiega la dottoressa Laura Torricelli, della Ausl di Reggio Emilia, in prima linea nella città di Sant’Agata sul Santerno: «Vai dritta nel luogo della catastrofe per dire che ci sei, togli l’acqua e spali il fango con la gente, così intercetti le loro necessità, fai rete e psicoeducazione».

Non è un caso che in questi giorni al Centro di supporto psicologico allestito presso il Coc, il Centro operativo comunale del paese ospitato nella scuola di via Roma, è boom di richieste. Le psicologhe fanno i turni, ieri c’erano Alessandra D’Abramo, milanese, e Francesca Corocher, di Conegliano veneto (Tv). Sulle loro scrivanie caramelle, peluche, pennarelli e fogli per il disegno.

«Ai bambini bisogna ridare un senso alla narrazione realistica degli eventi - aggiunge Torricelli - secondo un percorso a “U”. Inizi ricordando l’allerta, poi la casa allagata, la paura vista negli occhi dei genitori, che è il punto più basso della U, poi però spieghi anche che i soccorsi sono arrivati, che sono stati messi in salvo, che verranno ricostruiti gli argini dei fiumi».

Per ripercorrere la narrazione si sperimentano anche i giochi: «Alla mia bambina - racconta una mamma di Forlì - la psicoterapeuta e io abbiamo narrato l’alluvione mettendo la casa di Barbie nell’acqua. La bambola e il suo cagnolino hanno paura, piove, ma poi arrivano i soccorsi». Un’altra piccola apparentemente serena ha disegnato spontaneamente una bandiera arcobaleno come quella segno di speranza durante il Covid, «inconsapevolmente - dicono le dottoresse - ha capito che si è trattato di una nuova emergenza». L’alluvione è stato un evento carico di potenziali effetti traumatici, sia per chi vi è coinvolto direttamente (sfollati, parenti di deceduti) sia per chi lo è in maniera indiretta (gli operatori sociali e sanitari impegnati in prima linea nell’accoglienza). «In questo contesto, così come in tutti i contesti emergenziali - afferma Alessio Saponaro, responsabile Salute mentale e dipendenze della Regione Emilia Romagna - l’intervento psicologico è stato declinato in modo tempestivo, secondo precise linee organizzative e di attivazione».


IL CROLLO
La dottoressa Simonetta Giunchi, che lavora a Forlì e a Cervia, autrice e psicologa specializzata anche in Emdr, nel laboratorio dell’impresa sociale CavaRei (Cava è uno dei quartieri gravemente alluvionati di Forlì) ha partecipato a colloqui e incontri. «La paura fa scattare una modalità di pensiero e di azione del cervello che torna a uno stato primordiale - dice - e che risponde a una unica direttrice: quella di attacco e fuga. Il cervello memorizza e anche dopo l’evento e mantiene uno stato d’allerta che da una parte può spingere a fare, a mettersi in movimento per non pensare, dall’altra a non sviluppare ragionamenti profondi». I malesseri, col tempo, possono trasformarsi in veri e propri disturbi post traumatici da stress.

«Una signora l’altra sera - aggiunge Giunchi - raccontava di avere perso la casa, come fosse un pacchetto di noccioline. Tra poco, però, comincerà a rendersi conto e anche quando i soccorsi e i volontari andranno via, arriverà il momento del crollo. Per questo è necessario elaborare le memorie della paura e dell’impotenza, lasciandosi aiutare».
 

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