Alessandro Maja, la confessione dell'omicidio di moglie e figlia: «Mi sentivo un fallito schiacciato dal peso dei debiti»

Ieri l'uomo ha parlato al Gip nell'interrogatorio di garanzia che si è svolto in ospedale

Alessandro Maja, la confessione al gip: «Ero ossessione dai debiti»
di Federica Zaniboni
3 Minuti di Lettura
Venerdì 13 Maggio 2022, 16:25 - Ultimo aggiornamento: 22:35

«Mia moglie spendeva troppo e io non ero d’accordo con il lavoro che faceva». Con queste parole, Alessandra Maja, accusato di aver ammazzato la coniuge e la figlia di 16 anni nella loro villetta a Samarate (Varese), ha risposto ieri alle domande del gip durante l’interrogatorio di garanzia. Secondo il 57enne, infatti, l’attività di vendita di creme svolta da Stefania Pivetta, casalinga, «era una perdita di tempo». E come già emerso dalle testimonianze di amici e conoscenti, lui era tormentato dal pensiero dei soldi e dalla paura dei debiti.

In merito alle ragioni dell’omicidio – e dell’aggressione al figlio di 23 anni, che è sopravvissuto ma ancora in gravi condizioni –, Maja non si sarebbe espresso. «Mi sentivo un fallito, responsabile di non poter garantire lo stesso tenore di vita alla famiglia», avrebbe detto.

Da quanto si apprende, durante l’interrogatorio non sarebbe stato molto lucido e, come ha spiegato anche il suo legale Enrico Milani, «ha risposto sofferente alle domande, con un forte disagio». Nei giorni scorsi, l’uomo è stato ricoverato nel reparto di psichiatria del S. Gerardo di Monza, motivo per cui l’interrogatorio era stato rinviato.

 

L’ossessione per il denaro sarebbe stata sviluppata da Maja nel periodo precedente alla Pasqua, poche settimane prima della tragedia. Nonostante dagli accertamenti svolti finora non sia emerso nulla che possa giustificare il terrore del designer per i debiti, gli inquirenti continuerebbero a battere questa pista. Non è da escludere, infatti, la possibilità di una vita parallela del 57enne, almeno a livello economico-finanziario. 

LE IPOTESI

Si ipotizzano investimenti sbagliati, affari non andati a buon fine, nulla che sia mai stato registrato. Non ci sono dubbi sul fatto che quell’angoscia lo attanagliava, al punto che molte delle liti più recenti con la moglie erano nate proprio dal suo colpevolizzarla per le spese “esagerate”.
Durante l’interrogatorio davanti al gip di Busto Arsizio, avrebbe poi ripercorso alcuni momenti della notte del delitto, avvenuto lo scorso 4 maggio, dopo che i figli erano andati a letto nelle loro stanze e la moglie si era addormentata sul divano.

Lui avrebbe «vagato per la casa» con quel pensiero fisso, per poi colpire Stefania, Giulia e il figlio Nicolò con un martello. A quel punto, servendosi di un trapano avrebbe simulato un tentativo di suicidio che gli aveva procurato soltanto lievi ferite. Ieri sera, a Samarate, l’amministrazione comunale ha organizzato un momento di preghiera rivolto al figlio 23enne. Ricoverato all’ospedale Circolo di Varese con profondissime ferite alla testa, non è da escludere che possa riportare anche danni permanenti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA