«Agata Scuto strangolata e bruciata», arrestato l'ex convivente della madre: «Alibi falso»

Sul 'cold case' hanno fatto luce, dopo dieci anni, indagini di militari dell'Arma avviate dopo la denuncia di familiari della giovane

«Agata Scuto strangolata e bruciata», arrestato l'ex convivente della madre: «Alibi falso»
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Lunedì 17 Gennaio 2022, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 08:44

Caso Agata Scuto, svolta nelle indagini sulla 22enne scomparsa 10 anni fa: arrestato Rosario Palermo, l'ex convivente della madre della giovane, con l'accusa di omicidio: «Ha cercato di ottenere la conferma del suo falso alibi». L'uomo di 60 anni è stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Acireale per l'omicidio e l'occultamento del cadavere di Agata Scuto, la giovane scomparsa di casa il 4 giugno del 2012, il cui corpo non è stato mai trovato. Nei confronti dell'uomo è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Catania su richiesta della Procura distrettuale etnea.

Ex convivente della madre della giovane

Rosario Palermo, l'ex convivente della madre della giovane scomparsa, «aveva instaurato un rapporto particolare con la ragazza», accusa la Procura di Catania, «fornito false notizie sui suoi spostamenti» e «cercato di inquinare le prove». Intercettato in auto, mentre parlava da solo, l'uomo avrebbe espresso il timore che il corpo della ragazza, che era stata strangolata e bruciata, potesse essere ritrovato.

Le indagini sulla scomparsa di Agata Scuto erano state avviate dai carabinieri nel 2020 dopo una segnalazione alla trasmissione 'Chi l'ha visto?' di Rai3 sulla presenza del corpo della 22enne, affetta da epilessia e da una menomazione al braccio e alla gamba, nascosto nella cantina della casa della madre.

Ma le ricerche hanno avuto esito negativo.

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Le indagini

Le attenzioni dei militari dell'Arma si sono concentrate su Rosario Palermo, spiega la Procura di Catania, «in ragione del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell'ultimo periodo con la ragazza, la quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone», per «le falsità delle notizie fornite agli inquirenti» sui «suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata».

L'uomo, infatti, «non si era recato né a raccogliere lumache nella piana di Catania né a raccogliere origano sull'Etna, come dallo stesso sostenuto negli interrogatori». Tra i «gravi indizi di colpevolezza e responsabilità dell'uomo per l'omicidio e l'occultamento del cadavere» è citata una intercettazione ambientale. «Lo stesso, infatti, parlando da solo all'interno della propria autovettura - scrive la Procura di Catania - spaventato dal suo possibile arresto, manifestava il proprio timore che il corpo di Agata Scuto venisse trovato in un casolare a Pachino e che sì accertasse che la stessa era stata strangolata e bruciata, riflettendo sulla necessità, inoltre, di recarsi sul luogo per verificare cosa fosse rimasto del cadavere». A fare crescere i sospetti su Palermo anche il fatto che l'uomo «avrebbe cercato di inquinare le prove, non solo ottenendo da dei suoi conoscenti la conferma del suo falso alibi, ma addirittura predisponendo una complessa messa in scena per simulare delle tracce tali da giustificare la ragione per la quale il giorno della scomparsa di Agata si era gravemente ferito ad una gamba» sostenendo che era stato a causa di una caduta in montagna. «Al fine di inquinare le prove, l'indagato, durante le restrizioni alla libera circolazione dovute alla pandemia, accusa la Procura - avrebbe cercato di nascondere in una località sull'Etna un tondino di ferro intriso del suo sangue, tondino che avrebbe voluto fare ritrovare il giorno del suo arresto al fine di dimostrare il suo alibi e la sua innocenza».

 

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