Turbolenza in volo, tre giorni dopo il mal di testa: chirurgo di Treviso scopre di avere le meningi bucate

Ugo Grossi era sul volo per Lamezia Terme: "E' un problema raro che colpisce una persona su 20mila all'anno"

Il medico Ugo Grossi
di Mauro Favaro
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Domenica 13 Febbraio 2022, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 17:53

Una turbolenza sul volo da Treviso a Lamezia Terme gli ha causato un piccolo foro nelle meningi. Tre giorni dopo sono emersi i primi sintomi. A cominciare dal mal di testa. Con una caratteristica singolare: diventava insopportabile quando era in piedi e scompariva da disteso. E’ questo che ha spinto Ugo Grossi, medico 39enne della Seconda chirurgia dell’ospedale di Treviso, a rivolgersi a uno specialista in neurologia. Da qui è emersa la diagnosi di ipotensione intracranica spontanea, un problema raro che colpisce in media una persona su 20mila all’anno.

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IL RICOVERO

Il dottore è stato costretto a una settimana di ricovero al Ca’ Foncello, proprio nel suo reparto, e a un mese di riposo assoluto. Nel frattempo si è “auto-descritto” come caso clinico. E ora il suo lavoro è stato pubblicato sulla più prestigiosa rivista europea di neurologia: European Journal of Neurology. «Il problema è emerso qualche mese fa. Ho avuto una rara condizione, nota come ipotensione intracranica spontanea, causata dalla formazione di un “forellino” nelle meningi che provoca la fuoriuscita di liquor, il fluido che protegge il cervello e il midollo spinale – racconta Grossi, chirurgo dell’unità diretta da Giacomo Zanus – l’unico evento che ricordo che potrebbe aver fatto da “trigger”, da grilletto, è un volo per la Calabria durante il quale ho avuto un trauma sussultorio da turbolenza con il collo reclinato verso il mio bambino, che mi sedeva accanto».

L’INTERVENTO

La fuoriuscita di liquor dalle meningi ha scatenato la particolare cefalea, detta ortostatica. «La tempestività della diagnosi effettuata dal neurologo Simone Tonello è stata fondamentale per consentirmi di iniziare subito la terapia più adeguata con abbondante idratazione, cortisone e caffeina», sottolinea Grossi. In letteratura non esistevano troppi studi che comprendessero anche i casi meno gravi. Una revisione pubblicata sulla rivista Jama Neurology sottolineava che meno del 30% dei pazienti guarivano con la sola terapia conservativa, non invasiva. Cioè proprio quella seguita dal chirurgo. «La cosa mi ha spinto ad approfondire l’argomento, soprattutto dopo essermi reso conto che il sacrificio di mantenere un religioso riposo per quattro settimane veniva ripagato da una graduale ripresa, fino alla completa scomparsa dei sintomi – tira le fila il medico 39enne – ho approfittato del riposo per descrivere il mio caso, con l’aiuto del neurologo e della neuroradiologa Elena Trincia, inviandolo alla rivista di neurologia». Grossi ha definitivamente superato il problema. Ed è tornato già da tempo in pieno servizio in sala operatoria. «Ora sono doppiamente contento – conclude – per essere guarito e per aver potuto descrivere il mio caso in modo da lanciare il messaggio a pazienti con la mia stessa condizione che la terapia conservativa può funzionare»

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