Meteo, pochi aerei nei cieli: le previsioni vanno in crisi

Meteo, pochi aerei nei cieli: e le previsioni vanno in crisi
di Valeria Arnaldi
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Domenica 1 Novembre 2020, 22:37 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 15:50

Meno spostamenti, limitati per le misure di contenimento dell’emergenza sanitaria. Quindi, anche meno voli. E, stando alle rilevazioni degli esperti, come conseguenza, più difficoltà per prevedere correttamente che tempo farà.
La diffusione del coronavirus ha effetti dannosi pure sulle previsioni meteo, che diventano meno precise. A dirlo, numeri e modelli meteo alla mano, sono i ricercatori americani, che individuano la causa del più ampio margine di errore proprio nel calo di voli. Gli aerei delle compagnie commerciali, infatti, attraverso i sensori di bordo, rilevano dati su temperatura in quota, umidità, forza e direzione del vento, turbolenza e via dicendo, che vengono inviati da tutto il mondo al programma AMDAR-Aircraft Meteorological Data Relay. Opportunamente elaborati, tali dati contribuiscono alla definizione dei bollettini meteorologici. E se le informazioni calano, inevitabilmente, lo fa anche la precisione delle analisi.

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I DATI MANCANTI
Preoccupazione in tale senso era stata manifestata dall’Organizzazione meteorologica mondiale, già durante la prima ondata del coronavirus.

Ora è arrivata la conferma. Nei primi mesi della pandemia, il traffico aereo si è ridotto del 75% circa. Le osservazioni, ovviamente, sono sensibilmente calate. Il National weather service, a fine marzo scorso, ha potuto usufruire di circa la metà delle misurazioni aeree abituali. Il problema si è manifestato, in particolare, per le rilevazioni in Nord America e in Europa ma non soltanto. Gli aerei non costituiscono l’unica fonte di informazioni - si aggiungono a stazioni terrestri, palloni sonda, navi, satelliti - ma, di certo, offrono una mole di dati “unica” per quantità, centinaia di migliaia di osservazioni giornaliere, e anche per qualità, visto che provengono sempre dalle medesime tratte e, soprattutto, permettono di monitorare puntualmente, a intervalli ravvicinati, tutto il globo. I ricercatori americani hanno confrontato informazioni, modelli e previsioni dei mesi passati con quelli dello stesso periodo degli anni precedenti, rimarcando la minore precisione di quelli più recenti. Il “circolo” sarebbe chiaro: meno voli, dunque meno dati meteorologici rilevati proprio attraverso le rotte delle varie compagnie aree, e meno precisioni nell’analisi del meteo del giorno dopo e di quelli a seguire. 

IL DANNO
«Ogni tipo di osservazione che entra nei modelli meteorologici ha un certo impatto sull’accuratezza complessiva. Se perdi molte rilevazioni, potresti fare un passo indietro nella lettura totale», commenta Stan Benjamin del Global Systems Laboratory, parte del National Oceanic and Atmospheric Administration, a Boulder, Colorado. A misurare l’imprecisione, anche qui, sono i numeri. Il Met office, servizio meteorologico britannico, ha stimato il “danno” in un errore di previsione pari all’1-2 per cento, che, peraltro, nelle zone normalmente servite da un grande numero di voli, potrebbe essere più ampio. Il Centro europeo per le previsioni meteorologiche ha valutato un calo di informazioni pari all’80% e, basandosi su una simulazione fatta l’anno precedente escludendo tutti i dati provenienti dai voli, ha stimato un calo del 15% della precisione delle previsioni, nel caso in cui non ci fosse più alcun volo.

LE AREE
Nelle aree, come l’emisfero australe e i tropici ma non solo, per le quali anche in condizioni normali le osservazioni sono in numero ridotto, la perdita di dati arriva fino al 90%. I ricercatori aggiungono che per le previsioni più ravvicinate, quelle usate comunemente dalle persone, l’impatto di tale carenza non è stato di grande rilievo, il problema però c’è e non riguarderebbe solo il meteo, ma a lungo andare, potrebbe avere ricadute pure sull’analisi dell’andamento climatico. Evidenti poi sarebbero i problemi sulla previsione di eventi potenzialmente catastrofici come tornado e simili.

Ad ampliare il problema, il contemporaneo calo di rilevazioni dalle navi. Stando alle stime della Commissione oceanografica intergovernativa dell’Unesco, da metà febbraio a metà aprile, le osservazioni dalle navi si sono ridotte del 15%. Problemi interesserebbero anche alcuni stazioni di terra, quelle non automatizzate, che in caso di lockdown rischiano di non essere “operative”. 

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