Aborti, sempre meno in Italia. Ma c'è l'allarme per il fai da te. E cresce l’uso della pillola del giorno dopo

L’Istat rileva un forte calo delle interruzioni di gravidanza soprattutto tra le giovanissime

Meno aborti, ma c'è l'allarme fai da te. E cresce l’uso della pillola del giorno dopo
di Graziella Melina
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Sabato 18 Giugno 2022, 06:17 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 11:50

Gli aborti in Italia sono in calo da decenni, ma la diminuzione che l'Istat ha registrato nel 2020 probabilmente non ha precedenti: 66.413 interruzioni volontarie di gravidanza (ivg), il 9,3 % in meno rispetto ai 73.207 del 2019. Il calo, però, spiega il ministero della Salute nell'ultima relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della legge 194, non è una conseguenza del Covid e dei disservizi della sanità dovuti all'emergenza pandemica. Nonostante il lockdown e la riduzione degli interventi chirurgici - spiega il ministero della Salute nell'ultima relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della legge 194 - le interruzioni di gravidanza sono state sempre regolarmente garantite, essendo una prestazione «inserita tra le prestazioni indifferibili in ambito ginecologico» e tutte le Regioni «hanno reagito prontamente alla situazione».

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LE GIOVANISSIME

Eppure il crollo di aborti rilevato dall'Istat rimane.

Ed è un fenomeno che ha riguardato in particolare le fasce d'età più giovani: il calo rispetto al 2019 è del 12 per cento tra le ragazze di 20- 25 anni, addirittura del 18% tra le giovanissime sotto i 20 anni, mentre tra le donne sopra i 30 anni la riduzione è piuttosto contenuta, intorno al 3%. I dati non stupiscono Elsa Viora, presidente dell'Aogoi (associazione ostetrici e ginecologi ospedalieri italiani). «La diminuzione progressiva delle ivg sta andando avanti dall'83 - spiega - È un dato abbastanza fisiologico, si osserva in tutti i Paesi. Certamente, la contraccezione ha il suo ruolo». Così come ce l'ha la possibilità di accedere alle pillole cosiddette del giorno dopo e dei 5 giorni dopo, tra l'altro ormai senza obbligo di ricetta: nel 2020 sono state 289.503 le scatole di Norlevo acquistate (325.690 nel 2019), 266.567 quelle di ellaOne (259.644 l'anno prima).

«Sicuramente il sistema è perfettibile - ammette Viora - Occorre in realtà potenziare i consultori, che dovrebbero avere un ruolo centrale nella prevenzione. Ma da questo punto di vista passi avanti non ne sono stati fatti». Qualche criticità si osserva comunque anche nelle strutture ospedaliere: i primi a finire sotto la lente sono ormai gli obiettori. Eppure, stando ai dati del ministero, di medici che si rifiutano di effettuare ivg ce ne sono sempre meno: nel 2020 sono stati il 64,6% del totale (erano il 67% nel 2019). «Da un paio di anni - precisa Paola Lopizzo, responsabile di Salute riproduttiva e interruzione volontaria di gravidanza dell'azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma - la maggior parte dei nuovi specializzandi dichiara la non obiezione. Forse c'è un cambiamento culturale che non condiziona così tanto i giovani».

Il vero problema, in realtà, è un fenomeno che invece viaggia parallelo. «Anche se è difficile da quantificare - denuncia Lopizzo - c'è sicuramente una buona percentuale di aborto clandestino. Abbiamo osservato infatti che su internet si vendono kit, intorno ai 150 euro, con i farmaci per l'ivg. Purtroppo, non conosciamo la qualità di questi prodotti. E soprattutto ci sfugge il numero di donne che, oltre a non essere tracciate nei dati ufficiali, non hanno l'assistenza sanitaria necessaria». Del resto, non passano inosservate le richieste di aiuto ai pronto soccorso. «C'è un incremento degli accessi di aborti spontanei o presunti tali, sintomatologici, significativi. Capire l'entità degli aborti clandestini però non è affatto semplice».

LE AZIENDE SANITARIE

Intanto, gli ospedali assicurano di aver sempre garantito il servizio, nonostante le difficoltà per la carenza di organico. «I risultati dell'analisi del ministero - ammette Giovanni Migliore, presidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso) - indicano che oltre la metà delle strutture ospedaliere, ossia il 64 per cento, assicura la possibilità nel paese di avere l'offerta del servizio di interruzione di gravidanza. È chiaro che in ogni caso si tratta di una realtà a macchia di leopardo». Spesso, infatti, sono gli stessi ospedali ad avere le mani legate quando si tratta di organizzare i turni. «Le aziende sanitarie sono spesso costrette a percorsi di riorganizzazione interna, che magari obbliga qualche paziente a dover utilizzare strutture non immediatamente prossime al domicilio - rimarca Migliore - Non dimentichiamo che la legge consente al professionista, a qualunque titolo coinvolto nel percorso di interruzione di gravidanza e in qualunque momento, di esercitare il diritto di obiezione di coscienza. E comunque, anche quando facciamo le assunzioni, non possiamo esercitare una selezione dei medici e degli infermieri orientata in base alla volontà o meno di esercitare il diritto all'obiezione di coscienza. Non possiamo discriminare chi è obiettore oppure chi non lo è. Tuteliamo il diritto alla salute costituzionalmente garantito e rispettiamo la legge».

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