Troppo arsenico nell'acqua del Lazio, la Ue avvia una procedura di infrazione

Troppo arsenico nell'acqua del Lazio, la Ue avvia una procedura di infrazione
2 Minuti di Lettura
Giovedì 10 Luglio 2014, 20:44 - Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 18:01
Ancora troppo arsenico nelle acque del Lazio: l'Unione Europea, a pi di un anno dalla terza deroga triennale concessa all'Italia, ha avviato con una lettera di costituzione in mora una procedura di infrazione per la contaminazione dell'acqua potabile.



In 37 zone non sono ancora rispettati i limiti previsti dalla direttiva Ue: dovrebbe trattarsi del Viterbese e forse di qualche area a nord di Roma. L'Italia, che ha già usufruito del numero di deroghe massimo, oltre a fornire agli utenti informazioni adeguate su come ridurre i rischi associati al consumo dell'acqua, era tenuta ad attuare un piano di azioni correttive e a informare la Commissione in merito ai progressi compiuti.



La Regione Lazio, in attesa di poter leggere integralmente il documento di Bruxelles, ha ricordato però oggi di stare gestendo in questo senso un piano da circa 40 milioni per riportare l'acqua entro i livelli previsti dalla normativa.



A "rivendicare" la procedura di infrazione sono i Radicali, che lo scorso giugno tornarono a sollecitare le istituzioni comunitarie su questo tema. La vicenda nasce con la direttiva 98/83, recepita nel 2001, con la quale il livello di arsenico accettabile è stato abbassato da 50 microgrammi/litro a 10 microgrammi/litro, ponendo in un solo colpo "fuorilegge" ampie zone della Penisola, in particolare il Viterbese, dove la concentrazione di arsenico è quasi un problema cronico.



Qui, in questi anni, i sindaci a colpi di ordinanze hanno dovuto vietare l'uso e il consumo dell'acqua quando il livello di arsenico saliva troppo. Oggi la Regione Lazio, la cui amministrazione attuale è in carica dal 2013, ricorda che lo scorso 24 febbraio ha inviato al ministero della Salute «una circostanziata relazione sul proprio operato».



Il Piano anti-arsenico che la Regione sta gestendo vale circa 40 milioni di euro, ed è diviso in due fasi che prevedono la realizzazione di circa 80 impianti di potabilizzazione dell'acqua. La prima fase da 34 impianti in 18 Comuni - quella più urgente, dove l'arsenico stava sopra i 20 microgrammi/litro - è di fatto completata.



La seconda (valori tra i 10 e i 20 microgrammi/litro) prevede la realizzazione di 49 potabilizzatori in 35 Comuni. In prospettiva però c'è, grazie a 110 milioni di euro proprio di fondi europei, il piano per una soluzione stabile. Non depuratori, ma nuove connessioni tra gli acquedotti così da mescolare acque più "pure" e acque più "contaminate" ottenendo ovunque livelli accettabili di arsenico.



Per il centrodestra, però, la procedura è colpa dell'«inadeguatezza dell'amministrazione Zingaretti, incapace di mettere in campo misure credibili» l'attacco del capogruppo di FI alla Regione Luca Gramazio.



Che ricorda oggi il caso scoppiato qualche mese fa degli acquedotti regionali di Arsial, all'estrema periferia nord della Capitale. Acque notoriamente non potabili in cui però fu riscontrato un livello di agenti inquinanti superiore al consentito. E sotto accusa finì il Campidoglio per mancato allarme.
© RIPRODUZIONE RISERVATA