Vaticano, rubata lettera di Michelangelo: un ex dipendente chiede riscatto di 100mila euro

Vaticano, rubata lettera di Michelangelo: un ex dipendente chiede riscatto di 100mila euro
di Franca Giansoldati
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Domenica 8 Marzo 2015, 09:34 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 07:29
CITTA' DEL VATICANO Il silenzio ha coperto per anni uno strano furto. Tre, quattro, cinque anni o forse più, chissà. Nonostante si tratti di un ammanco clamoroso dai contorni ancora tutti da definire, da capire, da chiarire. Insomma un bel giallo. In Vaticano la storia affiora solo ora e a brandelli, come un relitto spuntato in superficie da chissà quali abissi. Qualcuno, in un periodo ancora da precisare, ha pensato bene di fare sparire dagli archivi della basilica di San Pietro un oggetto singolare, unico, raro. Prezioso, più che per il suo valore commerciale, per la memoria storica della Città del Vaticano e dell'arte mondiale: la lettera olografa di Michelangelo Buonarroti, probabilmente l'unico esemplare conservato al di là del Tevere, che l'architetto e artista toscano scrisse interamente di suo pugno, dall'inizio alla fine. Una vera rarita', considerando che normalmente «Michelagnolo» apponeva la sua firma nervosa su testi che dettava ai suoi collaboratori.



INDIZI

Chi ha messo a segno il colpo non poteva che conoscere molto bene i locali attigui alla basilica in cui sono conservati i documenti dell'edificio, dal 1506 in poi, quando Papa Giulio II creò la Fabbrica per seguire le fasi di cantiere e poi per assicurare la manutenzione del nuovo edificio. Documenti di cantiere, lettere, pergamene, disegni dello stesso Buonarroti e di altri artisti, affreschi, testimonianze di Vasari e di Bramante. Arsenio Lupin sapeva bene come muoversi, dove andare a cercare, come orientarsi. Non è facile. Pochi, infatti, possono avere l'accesso diretto, visto che gli archivi della Fabbrica non sono nemmeno consultabili al pubblico.



L'ammanco a lungo andare non poteva passare inosservato, non fosse altro perché un bel giorno alla porta del cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica, ha bussato un giovane ex dipendente vaticano che in passato aveva prestato servizio proprio alla Fabbrica di San Pietro. Chiedeva di essere ricevuto.

Il cardinale sapeva che quel ragazzo era stato assunto quando ancora lui non c'era, parecchi anni prima, anche se poi se ne era andato per un altro lavoro. Con sua somma sorpresa, viene informato che dagli archivi della Fabbrica manca un pezzo importante, la famosa lettera olografa di Michelangelo. Il giovane però afferma di sapere dove si trova e in che mani è finita, ma di più non aggiunge. Tuttavia precisa che nel caso gli occorre una congrua cifra, più o meno 100 mila euro, per fronteggiare quello che sembra essere una specie di riscatto. Strano.



SOSPETTI

Da quel momento la storia prende a circolare, gravida di interrogativi. Questo furto era conosciuto anche da altri? Perché nessuno aveva mai avvertito il bisogno di parlarne apertamente, magari notando questa assenza ingombrante tra i faldoni conservati e catalogati dell'archivio? Si voleva forse coprire qualcosa di più grosso, di più imbarazzante? Qualcosa che potrebbe avere un nesso con la triste lobby gay che lo stesso Papa Francesco denunciò durante un colloquio con un gruppo di religiosi latinoamericani venuti a trovarlo agli inizi del suo pontificato? Le domande si accavallano in attesa di risposte.



TRASPARENZA

Di sicuro è un mistero non indifferente da risolvere. L’obiettivo è di riportare a casa il documento rubato di Michelangelo. Ci volevano la coerenza di Francesco e la voglia di fare entrare aria pulita in una stanza restata troppo a lungo chiusa, dove ristagnava una atmosfera pesante, per aprire una inchiesta. Insomma, la voglia di arrivare gradualmente a sanare le zone d'ombra che nei decenni precedenti si erano inevitabilmente create in qualche ristretto sottobosco della struttura.
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