Topi nelle stazioni, specchio di una città

di Mario Ajello
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Domenica 19 Aprile 2015, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 00:08
"Panico nella metro

di Roma. L'Isis a noi

ci fa un baffo".




@diabolicoMarco



Sono tornati i topi nella metropolitana. Mancano i macchinisti, perché hanno fatto sciopero venerdì 17. Mancano i biglietti, quasi sempre, perché le macchinette sono rotte, e quelle aggiustate sono sporche, scarabocchiate, appiccicose (residui di ditate trasudanti Coca-Cola, o sputi al cornetto alla crema, o linguate caramellose sulla superficie di queste stampatrici?). E i mendicanti insopportabili. Il sudore delle ascelle dei cosiddetti utenti (perché per caso a Milano è minore?). E i vagoni che, nel venerdì nero, l’altro ieri, sono stati occupati dai viaggiatori in sacrosanta protesta per la mancanza dell’autista che se n’è fuggito lungo i binari.



E gli orari ridotti a causa dei lavori di ristrutturazione di linee che non hanno duecento anni come quelle di Parigi e di Londra, e se uno finisce di lavorare alle 21,00 all’Anagnina deve farsela a piedi fino all’altra parte del mondo.



Basta così? Si potrebbe continuare all’infinito, nel chiedersi perché la metropolitana è strumento di civiltà ovunque e qui invece è lo specchio delle nostre vergogne.



Ma almeno ci sono i topi. Rieccone uno, che sfreccia all’interno della stazione Cipro. Che schifo! Non è musicale come “Il grigio”, quello cantato da Giorgio Gaber. Però fa venire alla mente una rimetta del grande pittore e simpatico poeta Toti Scialoja: «Topo, / senza scopo, / dopo te cosa vien dopo?».



mario.ajello@ilmessaggero.it