Italicum, il Pd si spacca. Renzi: no frenatori. E blinda riforma con Berlusconi

Italicum, il Pd si spacca. Renzi: no frenatori. E blinda riforma con Berlusconi
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Martedì 20 Gennaio 2015, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 21 Gennaio, 08:14

Un anno dopo aver siglato il patto del Nazareno, Matteo Renzi convince Silvio Berlusconi a blindare la sua legge elettorale. E prepara così il terreno per un'accelerazione che consenta l'approvazione dell'Italicum al Senato prima che inizi il voto per l'elezione del presidente della Repubblica.

«Andiamo avanti con buona pace dei frenatori», esulta il premier. Ma il suo Pd si spacca: due terzi dei senatori dem seguono la linea del segretario, ma altri 29 proseguono la battaglia contro i capilista bloccati, contando sul supporto di M5s ed ex grillini. E anche dentro Forza Italia è scontro, con Raffaele Fitto a guidare la rivolta contro la decisione «suicida» di prestare «soccorso azzurro» a Renzi. «Non è la notte dei lunghi coltelli», assicura il premier. Ma gli scontri 'fratricidì sulle riforme rendono più pericoloso l'incrocio con l'imminente partita del Colle. E l'opposizione, M5s e Lega in testa, annuncia battaglia senza sconti.

Tra l'altro scoppia la polemica dopo che il presidente dei senatori di Forza Italia Paolo Romani legge così la giornata: «In questo momento, stante questa situazione politica in cui Renzi non ha più la maggioranza al Senato, riteniamo di sostituire i senatori che non concorrono» all'approvazione della legge elettorale «con i nostri.

Prende la palla al balzo il capogruppo leghista alla Camera, Massimiliano Fedriga, che chiede a Renzi di formalizzare la crisi.

La giornata inizia con Berlusconi che fa il suo ingresso a Palazzo Chigi a metà mattinata: è il sesto faccia a faccia in un anno. E arriva in un momento cruciale, a poche ore dall'avvio delle votazioni in Aula al Senato. Per riuscire a portare a casa il risultato, Renzi deve superare l'ostruzionismo dei 40mila emendamenti leghisti ma soprattutto l'opposizione della minoranza Pd, che chiede di modificare il sistema dei 100 capilista bloccati dell'Italicum. Perciò il premier ha bisogno di blindare contenuti e percorso della legge con i voti di FI. L'incontro, cui partecipano anche Verdini e Letta, Lotti e Guerini, dura un'ora. «Abbiamo fatto la nostra proposta, FI farà le sue valutazioni. Il Pd troverà la sua sintesi», riassume al termine Lorenzo Guerini.

Ma quando, mezz'ora dopo, Renzi mette piede a Palazzo Madama per l'assemblea dei senatori dem, il bersaniano Miguel Gotor mette subito in chiaro: «Ormai non c'è alcuna trattativa della minoranza con il segretario, siamo in 29 a confermare la linea del no ai capilista bloccati». Il dibattito del gruppo riflette la spaccatura. C'è chi, come Doris Lo Moro, dopo aver firmato l'emendamento di Gotor si dice pronta a lasciare il suo incarico di capogruppo in commissione.

E c'è chi invece, come l'ex dalemiano Nicola Latorre, ricorda ai compagni di tante battaglie che «le preferenze non sono mai state nel dna del Pd». Renzi ascolta, poi trae le conclusioni, senza cambiare idea: i 100 capilista bloccati non equivalgono alle attuali liste bloccate, assicura. «E se ci fosse stata questa legge elettorale Bersani sarebbe andato al ballottaggio e sarebbe diventato premier». Il suo Pd, sottolinea il premier, è «democratico e perciò non caccia la minoranza ma dopo il confronto decide».

Dunque, niente libertà di coscienza per i senatori dem: Renzi mette ai voti la sua linea e con lui si schierano 71 su 102, 1 si astiene e la minoranza non partecipa al voto. «Spero che la minoranza si adegui», commenta Maria Elena Boschi. «Ma comunque i numeri ci sono».

Berlusconi intanto riunisce il vertice del partito a Palazzo Grazioli e detta la linea: sì al patto del Nazareno e anche al premier alla lista, finora osteggiato. L'indicazione ai senatori è votare l'emendamento del senatore dem Stefano Esposito che recepisce il testo dell'Italicum di Renzi e funge da 'supercangurò in grado di accelerare i tempi, tagliando il 90% degli emendamenti. Ma quando i senatori si riuniscono, FI vive una spaccatura parallela a quella del Pd. Tra i dieci e i venti dissidenti si schierano con Raffaele Fitto e dicono no a quella che definiscono una posizione inaccettabile.

L'intesa è fatta: «acceleriamo», dichiara Renzi nel pomeriggio, dopo una riunione del Consiglio dei ministri e prima di partire per Davos. Sulle riforme si andrà avanti a passo rapido, assicura, a dispetto di chi consiglia prudenza. Non sceglie la cautela, il premier, e non evita lo scontro neanche in vista della delicata partita del Colle. Martedì prossimo, in un giro di incontri con tutti i partiti, rivedrà Berlusconi per cercare l'intesa su un candidato. Per allora conta di avere in tasca la legge elettorale al Senato e la riforma costituzionale alla Camera. Ma la minoranza interna ed esterna proverà a non rendergli la vita facile: «Assumeremo qualunque iniziativa per impedire una legge irricevibile» come l'Italicum, annunciano i 5 Stelle.

Bisogna avere «il coraggio di togliere un po' di polvere dal nostro Paese e di vincere qualche potere di veto», sottolineerà più tardi il premier Matteo Renzi in un incontro con gli esponenti del mondo economico italiano a Davos. «Con mille problemi siamo il Paese i cui verbi vanno declinati al futuro».

Berlusconi «La legge in discussione al Senato può forse essere lo strumento per superare quella frammentazione endemica del quadro politico che riteniamo essere uno dei peggiori mali della nostra democrazia e che troppe volte, nei decenni passati, ha contribuito a minare l'efficacia della azione di ogni governo», afferma in serata Silvio Berlusconi. «L'attribuzione del premio di maggioranza a una lista può rappresentare un importante stimolo a superare egoismi delle forze politiche, quasi una imposizione di legge per l'unificazione del Centro-Destra». Si tratta di un altro «tentativo per raggiungere il bipartitismo».

«Da sempre affermiamo che, dal 1948 ad oggi, noi italiani non abbiamo mai imparato a votare. La legge in discussione al Senato - sottolinea Berlusconi - può forse essere lo strumento per superare quella frammentazione endemica del quadro politico che riteniamo essere uno dei peggiori mali della nostra democrazia e che troppe volte, nei decenni passati, ha contribuito a minare l'efficacia della azione di ogni governo. Nella cosiddetta Prima Repubblica sono stati indispensabili cinque partiti per fare una maggioranza e un governo. Col risultato che i litigi erano la regola e i governi duravano in media undici mesi. Dal '94 ad oggi - aggiunge il Cavaliere - la situazione è un pò cambiata. Nel Centro- Destra abbiamo cercato col Popolo della Libertà di mettere insieme sette partiti (tutti meno la Lega) ma l'esperimento ha funzionato solo in parte.

Ora con la nuova legge elettorale l'attribuzione del premio di maggioranza a una lista invece che a una coalizione può rappresentare un importante stimolo a superare egoismi e particolarismi delle forze politiche, quasi una imposizione di legge per l'unificazione del Centro-Destra. È questo un ulteriore tentativo per raggiungere quel bipolarismo che davvero riteniamo essere la migliore soluzione per governare un Paese. Vedremo. La nuova legge sarà applicabile solo tra un anno e otto mesi. Un periodo sufficiente - conclude Berlusconi - per una auspicabile maturazione di tutti i movimenti moderati e magari per introdurre l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, in modo da rendere finalmente l'Italia una moderna democrazia. Aspettiamo e vediamo».