Quirinale, modello Einaudi il progetto di Renzi per il dopo

Quirinale, modello Einaudi il progetto di Renzi per il dopo
di Marco Conti
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Venerdì 2 Gennaio 2015, 05:52 - Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 11:02

Qualche giorno sugli sci per riprendere fiato con la famiglia, ma soprattutto per riacquistare confidenza con una tecnica, lo slalom, che poco si addice ad uno, come Matteo Renzi, abituato a buttar giù paletti.

La prova del nove, per constatare quale abilità il premier abbia acquisito nel saltare ostacoli e trappole parlamentari, si avrà tra pochi giorni quando al Senato si voterà la legge elettorale. Una vera e propria prova generale in vista dell'appuntamento di fine mese con l'elezione del nuovo Capo dello Stato al quale il presidente del Consiglio arriva - ovviamente - senza poter sventolare il cappio del voto di fiducia (con il quale ha piegato nei dieci mesi di governo qualunque resistenza), ma avendo puntata contro l'arma del voto segreto che nelle mani dei tantissimi ed onorevoli cultori del ”tengo famiglia”, si trasforma in un vero e proprio bazooka. Tanto più se accessoriato con qualche riferimento alla Costituzione.

GIOCO

Quest'ultima, evocata sempre più frequentemente da chi sottolinea la necessità di un bilanciamento dei poteri, serve per evitare che sul Colle più alto vada un successore di Napolitano in sintonia con l'inquilino di palazzo Chigi.

O, peggio ancora, che al Quirinale venga eletto un estimatore del Patto del Nazareno in grado di porsi in continuità con la linea avviata un anno fa dall'attuale inquilino del Colle. A poche settimane dall'appuntamento, si comprende come la battaglia parlamentare si giochi su un tavolo molto insidioso per il premier che per la prima volta è appeso a quel Parlamento il cui ruolo ha duramente ridimensionato nel suo primo anno di governo.

Renzi sostiene di non temere i franchi tiratori e si dice sicuro che non si ripeterà il Vietnam del 2013, ma le manovre per imbrigliare le opzioni in mano al premier sono in corso col risultato - ottenuto sinora - di aver archiviato due categorie dalle quali ”attingere” il possibile nuovo Capo dello Stato: quella degli esterni e quella dei tecnici. La prima si è schiantata subito sul nome del maestro Muti. L'indisponibilità di Mario Draghi - nome gradito dai teorici del ”check and balance” - ha liberato argomenti in grado di azzerare la categoria dei tecnici alla Ciampi, sostenendo la tesi del ruolo eminentemente «politico» svolto dal Capo dello Stato nelle nostre istituzioni. Un compito che lo porrebbe - secondo alcuni - alla pari del premier, malgrado quest'ultimo sia frutto di una consultazione elettorale a suffragio universale.

Asciugati i curriculum, non resta che l'ampia categoria della politica e poiché quest'ultima è una ”fabbrica” che in Italia - indotto compreso - dà lavoro a mezzo milione di persone, potenzialmente si ha a disposizione un bacino molto ampio dal quale attingere. Renzi, che sulla faccenda non sembra averci ancora messo testa e che ora guarda solo all'approvazione dell'Italicum e della riforma costituzionale, osserva con malcelato disinteresse le grandi manovre in atto. Comprese quelle di qualche esponente del Pd che cerca di sondare il gradimento del Cavaliere sul proprio nome.

Renzi intende rispettare l'impegno preso con il Cavaliere nell'individuare un nome che sia «arbitro». Un nome autorevole e indipendente che sia in grado di difendere il cammino delle riforme sin qui avviate attraverso le quali i partiti e la politica possano riacquistare il ruolo che avevano nella prima Repubblica e di fatto riportare alle origini anche il ruolo del Quirinale. Un presidente alla Gronchi o alla Einaudi, insomma: che torni cioè allo spirito originario di notaio della Costituzione.

Un obiettivo che Renzi condivide con Berlusconi anche attraverso la legge elettorale attualmente al Senato e le riforme costituzionali in discussione a Montecitorio. La fine del bicameralismo e il premio di maggioranza rappresentano per il presidente del Consiglio due pilastri per assicurare governabilità e stabilità al Paese. Due elementi in grado, secondo Renzi, di azzerare la funzione di supplenza svolta dal Quirinale in questi anni. Non si tratta quindi solo di lavorare per contenere i costi da record di un'istituzione (228 milioni di euro all'anno) che non hanno pari al mondo, ma di realizzare un pacchetto di riforme in grado di ridare efficienza al sistema istituzionale. Renzi va quindi a caccia di una figura poco ingombrante e in grado di spingere le riforme avviate, sapendo che la trattativa più difficile sarà quella interna al Pd. L'ombrello della maggioranza, ovvero l'accordo con i centristi del Ncd, servirà per ammorbidire eventuali resistenze interne. Alfano ha infatti ripreso a dialogare con Berlusconi e la minaccia di un'eventuale caduta del governo farà comodo a Renzi. A differenza del 2013, stavolta il prosieguo della legislatura non è scontato.