Le perversioni sessuali sempre meno perverse

Le perversioni sessuali sempre meno perverse
di Luca Ricci
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Sabato 27 Settembre 2014, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 09:22
Nella prima versione di quello che, con il passare del tempo, divenuto lo stereotipo dell’amore borghese, ovvero “Madame Bovary”, Flaubert defin in questo modo la celebre coppia protagonista del romanzo: “Charles & Emma facevano come una società particolare”. La definizione poi è sparita, come se Flaubert avesse capito di essersi esposto un po’ troppo, di aver svelato il suo trucco. La societé particulière formata da Charles e Emma potrebbe alludere al fatto che “Madame Bovary”, in fondo, non sia la storia di un banale adulterio, bensì il racconto della sottile perversione di un marito, il quale godrebbe a spingere sua moglie nelle braccia di altri uomini.



Che le perversioni sessuali, almeno per certi versi, appartengano a tutti e non vadano demonizzate, è anche la tesi dell’interessante ricognizione nel mondo delle devianze sessuali intitolato “Perv” (Utet, pag. 208, 15,00 €), dello scrittore e psicologo americano Jesse Bering. Gli esempi letterari- le poesie, i romanzi e i racconti sono strumenti duttili e amorali, perciò perfetti per indagare simili territori- manco a dirlo abbondano. Nel racconto “Il balcone” di Jean Genet si narra di un bordello di provincia dove uomini rispettabili perdono totalmente il controllo delle proprie pulsioni. Tra i frequentatori più affezionati della casa spiccano “il giudice che gioca a punire una prostituta cattiva, il vescovo che finge di assolvere i peccati di una pudica penitente, il generale che si diverte a montare la sua cavalla (umana) preferita”. Come si vede, appena l’uomo è al riparo dalle imposizioni sociali- nel racconto la zona franca è rappresentata dal bordello- la distanza tra normalità e anormalità si assottiglia.



Alla parola pervertito la maggior parte della gente visualizza una galleria precisa di tipologie mostruose: un molestatore di bambini o uno stupratore seriale di donne. In realtà la parola in origine voleva dire semplicemente ateo, o colui il quale mette sottosopra, corrompe, seduce (niente che oggigiorno non avvenga in qualunque camera da letto borghese). Tra l’altro, a volerle snocciolare una per una, il catalogo delle perversioni suona più buffo che minaccioso: tralasciando le più note- su tutte podofili (amanti del piede) e urofili (appassionati dell’urina)-, esistono persone che si eccitano alla vista di pennuti (ornitofili), o che pensano alla loro alcova ideale circondata da fiamme e puzza di zolfo (stigiofili), o che raggiungono il massimo piacere mentre ruzzolano dalle scale (climacofili).



Oggi la scienza - in accordo con la letteratura che l’ha sempre detto -, considera la devianza sessuale molto meno “deviante” di quanto siamo abituati a pensare. Di fatto ognuno di noi ha una gamma di preferenze carnali unica quanto le sue impronte digitali. Quand’è allora che la perversione diventa cattiva? Quando non rispetta l’altro, quando mette a repentaglio la libertà dell’altro. Qui Bering introduce il concetto di danno, soggettivo (perché certe volte si può capire di essere stati danneggiati troppo tardi) quanto incontestabile (nuocere al prossimo sul serio, non all’interno di un sistema di regole pattuite, come avviene ad esempio nel mondo BDSM). Se c’è danno dell’altro il sesso non è più fonte di piacere o conoscenza, ma al limite può diventare materia giuridica, interessare i tribunali. Ma capire non vuol dire assolvere, e il giusto approccio resta quello di Terenzio: “Di ciò che è umano nulla io trovo che mi sia estraneo”.
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