Gli avvocati: «Rinvii di due anni, prescrizione, niente pagamenti o sfratti. Ecco perché dobbiamo tornare in aula»

Brazzi, Tentori, Maccarone e Margiacchi
di Egle Priolo
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Venerdì 26 Giugno 2020, 09:47
PERUGIA - «Giustizia ad andamento lento». Testo e percussioni dell'Ordine degli avvocati di Perugia. Che picchiano forte per chiedere una cosa molto semplice: si torni presto in aula. Dopo oltre tre mesi di stop per il Covid19 e la luce in fondo al tunnel che potrebbe vedersi dal primo luglio («anche se ancora non è legge»), gli avvocati perugini con il presidente Stefano Tentori Montalto chiedono «alla magistratura uno sforzo organizzativo fuori dal comune» perché il sistema giustizia riparta. Per il bene di tutti: non solo gli addetti ai lavori, ma anche i cittadini e le imprese.

Lo ha spiegato bene, infatti, il presidente Tentori, accompagnato dai colleghi del consiglio Massimo Brazzi, Vincenzo Maccarone e Paola Margiacchi: far ripartire la giustizia serve anche a far ripartire l'economia, già molto compromessa in Umbria. «Basti pensare – ha detto durante un incontro nella sede dell'Ordine – alle imprese che vantano crediti e sono paralizzate in attesa del provvedimento di un giudice, al fallimentare con le udienze rinviate e le istanze bloccate a o uno sfratto per morosità, che se va bene il proprietario ormai potrà far eseguire non prima di settembre». E allora è urgente tornare in aula, dove già i settori penale e civile sono a dir poco in affanno: oltre alla zavorra di arretrati, ora ci si mettono anche i rinvii di uno o due anni fissati durante l'emergenza. Rinvii così lunghi che manco Ederson, il portiere del Manchester City da Guinness dei primati. Rinvii che «per quanto riguarda il settore penale, inevitabilmente avranno poi il loro peso anche sulla prescrizione dei reati».

E se ci sono stati magistrati che nel periodo di stop hanno smaltito anche l'80 per cento del carico, soprattutto in Corte d'appello gli strascichi della pandemia si sentiranno meno, ma – si deve dire – grazie alla capienza dell'aula Goretti che consente il giusto distanziamento tra le parti (che comunque non possono essere più di 18). Una differenza che sottolinea l'altro grande problema del sistema giustizia a Perugia: quello di un'«edilizia giudiziaria irrazionale – ha detto Tentori -, con spazi comuni incompatibili con il distanziamento sociale» previsto dalle norme anti contagio. Tra un'aula degli Affreschi contesa e l'ipotesi sala congressi del Capitini per i processi più partecipati, di cui Il Messaggero scrive da settimane. Ci si potrebbe chiedere perché queste difficoltà si siano avvertite meno, per esempio, a Spoleto che ha strutture simili a quelle del capoluogo, ma questo non è il momento delle polemiche. Lo ha dimostrato il garbo con cui il presidente Tentori ha posto i vari disagi di cui si è parlato in un recente incontro con il procuratore facente funzioni Giuseppe Petrazzini, il presidente del tribunale Mariella Roberti, il presidente del settore penale Carla Giangamboni e il gip Lidia Brutti. Per cercare insieme una soluzione. Garbato ma fermo Tentori: «Lo sforzo organizzativo non compete a noi – ha sottolineato -, ma diamo il massimo della disponibilità». Per esempio, a fare udienze il pomeriggio o di sabato. L'importante è l'organizzazione, però. Con un calendario che tenga conto delle specificità di ciascuna udienza: quante parti, quanti testimoni. In modo da limitare certamente la presenza fisica nei tribunali, ma non paralizzando un sistema già al collasso. «Noi vogliamo che sia chiaro alla magistratura e alla società civile – è la conclusione dell'Ordine - che vogliamo continuare a tutelare i diritti degli individui e delle imprese. Che la giustizia insomma faccia il suo corso. Siamo pronti a ripartire dal primo luglio, anche se è chiaro che non sarà facile, ma di certo da settembre è necessario che molto cambi nella gestione delle udienze. In tutti i settori».

Senza contare le difficoltà degli iscritti, con il 50 per cento degli avvocati costretto a chiedere il bonus di 600 euro all'Inps per andare avanti. «I sei mesi di mancato lavoro – ha ragionato il presidente - gli iscritti li pagheranno quest'autunno: un problema davvero serio per la categoria». Dopo il grande sforzo («immane», si è detto) degli avvocati, impegnati in incontri, sviluppo di app e sito per aiutare i colleghi, quindi, adesso tocca a chi sta dall'altra parte dell'aula. Senza contrapposizioni, ma lavorando per il bene di tutti.

L'ORGNISMO CONGRESSUALE FORENSE
Risoluzione delle criticità «in modo uniforme» in tutta Italia. Stanziamento di adeguate risorse per la giustizia e per la messa in sicurezza degli edifici giudiziari. Dotazione di adeguati strumenti informatici, di linee a banda larga e di personale tecnico, più l'aumento del fondo di dotazione del patrocinio a spese dello Stato. Ecco alcune delle richieste dell'Organismo congressuale forense, rappresentato ieri nell'incontro in piazza Matteotti dal delegato Francesco Cenci, a proposito della ripartenza della giustizia. «Il modo adeguato per ridare alla giustizia il ruolo e la dignità che le spettano, a sostegno di un Paese che sta ripartendo in tutti gli altri settori – scrive in una nota l'Ocf -, è quello di consentire la concreta e materiale apertura dei tribunali, con un piano di interventi che, pur nel rispetto delle esigenze sanitarie, consenta la ripresa a pieno regime - anche nelle sedi - delle attività giudiziarie, in modo effettivo e concreto per la tutela dei diritti di tutti e a sostegno della ripartenza del “sistema Italia”».
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