Mascherine con i disegni della loro cultura, così le donne beduine diventano imprenditrici

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di Simona Verrazzo
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Sabato 27 Giugno 2020, 10:47

In sempre più casi l’emergenza Coronavirus si sta rivelando una opportunità per molte donne di potersi emancipare e rendere indipendente, ciò nonostante i morti e i malati che hanno colpito tutti i paesi del mondo. Così è anche in Egitto, dove si è superata la soglia dei 50.000 contagiati e quasi quella delle 2.000 vittime: nella penisola del Sinai, un gruppo di donne beduine ha deciso di realizzare mascherine per il volto nelle fantasie e nei colori della loro cultura. Un segno per rivendicare l’orgoglio delle proprie origini e poter trovare una fonte di reddito in un’economia, quella egiziana, già fortemente in crisi.
L’idea è venuta ad Amany Gharib, che nel 2010 ha fondato la cooperativa femminile Associazione per lo sviluppo sociale ed economico El Fayrouz nella città di Arish, capoluogo del governatorato Nord Sinai, uno dei due in cui è divisa la penisola. In tutto vi sono impiegate oltre 500 donne, che hanno a disposizione anche un laboratorio tessile. Con l’avvento della pandemia, Amany ha lanciato l’idea di realizzare mascherine per il viso nei disegni e nei colori della loro tradizione, sfruttando il talento dalle ricamatrici beduine e le macchine per cucire ferme perché i souvenir per i turisti non vengono più venduti.
La notizia dell’iniziativa di Amany si è subito diffusa sui social, diventando virale. «Le mascherine sono composte da due strati: uno interno che poggia direttamente sul viso e che viene disinfettato e l’altro esterno che è colorato e in rilievo», ha spiegato, specificando che è proprio su quello esterno che viene realizzato il ricamo tipico della tradizione beduina. L’iniziativa dell’Associazione El Fayrouz ha suscitato interesse anche per vedere come, in piena pandemia, questo gruppo di donne si è rimesso al lavoro: senza tirarsi indietro, ma adottando tutte le precauzioni in ogni fase della lavorazione, indossando guanti e mascherine e disinfettando i macchinari. In un paio di giorni la mascherina è fatta, pronta per essere spedita nel centro di distribuzione al Cairo, dove vengono vendute on-line su Jumia, gigante dell’e-commerce in Africa, per circa 2,50 dollari ciascuna.

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La storia di Amany e del suo collettivo femminile ha fatto il giro del mondo, anche per la difficile condizione dei beduini del Sinai, storica popolazione nomade, vittima di attacchi terroristici da parte dell’Isis, che nella penisola ha le sue basi. Il più sanguinoso risale al novembre 2017, quando, in una moschea alle porte di Arish, durante la preghiera del venerdì, un attacco fece oltre 300 morti, tra cui una trentina di bambini. Non bastassero le tensioni politiche, per i beduini lo stop ai flussi turistici, dovuto all’emergenza per il Covid-19, ha rappresentato la fine della principale entrata economica. Da qui l’idea di adattare il lavoro delle ricamatrici al nuovo contesto, trasformando una crisi in una opportunità. «Lavoriamo e riceviamo le nostre quote in base agli ordini e con le mascherine è una nuova sfida che affrontiamo – ha dichiarato Amany – I tempi sono davvero difficili per le donne, ma noi ci siamo adeguate».

Nonostante i contagi e i morti, l'Egitto sta preparandosi per riavviare il settore turistico e archeologico, due delle principali voci della propria economia. Il via libera sarà a partire dal 1° luglio, con la riapertura ai visitatori anche stranieri di resort, alberghi, siti e musei. All'inizio dell'anno, l'Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite ha riferito che il settore in Egitto aveva registrato nel 2019 una crescita del 21%, con oltre 13,5 milioni di turisti.​

 

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