Lazio, D'Amato: «Indice alto per il S. Raffaele, ma il Lazio ha 18 volte meno casi della Lombardia»

Lazio, D'Amato: «Indice alto per il S. Raffaele, ma il Lazio ha 18 volte meno casi della Lombardia»
di Alessia Marani
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Venerdì 19 Giugno 2020, 08:01
Oggi il dato sarà ufficializzato dall'Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute: l'indice Rt del Lazio passa a 1,12, dunque, sopra la soglia di uno che viene considerata di sicurezza. L'indice Rt rappresenta il numero medio di contagi secondari causati da una persona infetta nel corso di una pandemia in cui è, però, codificato il percorso di sorveglianza sanitaria, ed è uno dei 21 indicatori che contribuiscono a comporre la pagella del ministero della Sanità in relazione all'andamento del Covid nelle regioni.

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Assessore Alessio D'Amato, a capo dell'unità di crisi regionale per l'emergenza coronavirus, il superamento del livello di sicurezza deve spaventarci?
«No, poiché è l'effetto dei due focolai già isolati nella clinica San Raffaele alla Pisana e nel palazzo occupato di via Pecile, alla Garbatella. I dati non devono spaventare, vanno letti e studiati. Questo indice parte da uno zero in una situazione controllata, sarebbe stato grave il contrario, ossia se non avessimo scoperto per tempo e contenuto i due cluster».
È un'emergenza destinata a rientrare dunque?
«Stiamo concludendo l'ultima tornata di tamponi ai degenti e agli operatori del San Raffaele e al momento non ci sono state notificate nuove positività. Alla Garbatella non ci sono nuovi casi, quindi il dato è destinato a scendere. È ovvio, però, che con qualsiasi nuovo focolaio un indicatore del genere oscilli. Ma il Lazio ha 18 volte meno casi della Lombardia».
Basta un focolaio per fare salire i parametri che possono fare considerare il Lazio una regione a rischio?
«In realtà, ci sono buoni motivi per ritenere che nell'arco di un paio di settimane questo indicatore Rt verrà tolto, visto che non dà una reale affidabilità. Tra le regioni con Rt superiore a uno erano risultate anche Umbria e Molise che hanno meno infetti».
Allora come vanno letti questi dati?
«Questo report dice due cose importanti. Sarebbe stato strano che con un focolaio come il San Raffaele che da solo ha contato 113 casi individuati attraverso 5mila tamponi, l'indice non salisse. Avrebbe significato che non avevamo fatto i tracciamenti. Evidenzia, poi, che si è più che dimezzato il tempo mediano che trascorre nel Lazio tra il primo sintomo di Covid e la diagnosi, cioè il tampone, sceso a due giorni quando il ministero ne ritiene tempestivi 5. Emerge, inoltre, che la Regione è riuscita a effettuare un'indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti di tutti i casi positivi. Ovvero: non ci è sfuggito nessuno».
Assessore lei ha presentato un ricorso contro un laboratorio di analisi privato che ha deciso di vendere il tampone ai cittadini. Perché?
«Non è una battaglia contro il privato di per sè, ma va corretta quella che è stata una sottovalutazione importante del Tar che non si è posto il problema delle conseguenze rispetto alla vicenda. Come Regione abbiamo presentato un ricorso con urgenza al Consiglio di Stato. Se si fa il tampone da un privato, bisogna sapere che è uno strumento non validato dalla sanità nazionale e quindi con nessun valore e con nessuna garanzia di sicurezza in quanto all'esito per il cittadino. Soprattutto, in caso di positività, non scattano le misure di sicurezza e contenimento del virus codificate dalla legge dello Stato durante la pandemia nel caso di diagnosi positiva, compresa la tracciabilità attraverso la App Immuni».
Ci spieghi meglio...
«Non c'è alcun obbligo per il privato di trasmettere l'esito positivo alla Asl per il tracciamento dei contatti, non potrebbero essere imposte le restrizioni e l'isolamento necessario a spezzare la catena dei contagi. Quindi, potrebbe sfuggire al controllo qualsiasi focolaio. Non solo. Per il cittadino il danno è doppio perché il medico di famiglia, se ne ravvede la necessità, può inviare il paziente direttamente alle postazioni drive-in per fare il tampone gratuitamente. Oppure l'utente può accedere al test sierologico validato al prezzo calmierato di 15 euro negli ospedali. E se positivo sottoporsi al tampone, sempre gratis. Il cittadino è tutelato sotto ogni profilo, con lui l'intera comunità. L'altro giorno un ragazzo di 22 anni si è sottoposto responsabilmente al test sierologico, è risultato positivo, così la sua compagna che ha un esercizio commerciale a stretto contatto con il pubblico nel I Municipio. Quell'attività è stata chiusa per la sanificazione. Se fosse andato in un centro privato chissà quanti casi di contagio avremmo avuto».

 
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