Floyd, chi c'è dietro alle proteste? Le fake news (e qualche verità) su Soros, i russi e Trump

Floyd, chi c'è dietro alle proteste? Le fake news (e qualche verità) su Soros, i russi e Trump
di Pietro Piovani
6 Minuti di Lettura
Venerdì 5 Giugno 2020, 01:23 - Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 17:17

Chi c'è dietro le proteste di piazza per la morte di George Floyd? Che domande, ovviamente Soros. Ma anche la misteriosa forza clandestina del “Deep State”, e poi sicuramente i russi, ma in realtà il vero artefice dei disordini sarebbe Donald Trump in persona. Come succede ormai per ogni grande evento politico o sociale o economico, è partita la gara a inventare la teoria più fantasiosa, il complotto più incredibile e proprio per questo credibile, perché se «sui media nessuno lo dice» allora deve essere sicuramente vero. Vediamo dunque quali sono le teorie della cospirazione che più hanno circolato in questi giorni. Un elenco di bufale e di strampalati teoremi, che peraltro contiene anche qualche piccolo elemento di verità, confuso e seminascosto in mezzo a una montagna di illazioni.

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George Soros
È il nome che ricorre quasi sempre (anche in Italia) quando si parla di complotti internazionali. In questi giorni sui social si sono lette accuse di ogni tipo rivolte al finanziere ungherese con simpatie liberal. Accuse sostenute da presunte prove che in realtà si sono sempre rivelate fasulle. Grande diffusione sta avendo, per esempio, il video in cui un presunto manifestante anonimo sostiene di aver ricevuto un compenso in denaro per manifestare: «Vai al sito georgesoros.com, scrivi il nome, la tua email, e poi c'è una casella dove dici quante volte vuoi protestare e quanto vuoi essere pagato, e ricevi un assegno firmato direttamente da lui. E mi ha anche invitato a pranzo». In realtà il filmato risale a tre anni fa, e il giornalista che aveva raccolto la dichiarazione è intervenuto per precisare che quella era un'intervista falsa, un video satirico, come si può facilmente evincere non solo dalle risposte ma anche dalle domande del giornalista: «L'assegno l'ha firmato con il sangue?». Ma neanche questa smentita è bastata a fermare la circolazione della bufala. Ormai tantissimi esponenti della destra politica e giornalistica statunitense ripetono come un fatto acclarato che i manifestanti vengono sovvenzionati da Soros con una semplice iscrizione al sito. Un altro falso che si può incontrare sul web è la foto di un volantino che recita: «Ricevi un compenso per essere un anarchico professionista», con tanto di cifra (200 dollari) e un esplicito riferimento a George Soros come finanziatore. Documento falso, ma a cui in tantissimi credono, tanto è vero che al numero di telefono indicato nel volentino pare stiano arrivando tantissime chiamate di candidati all'incarico da manifestante retribuito.

La teoria “QAnon”
Il nome è composto dalla lettera Q e da Anon, abbreviazione di “anonimo”. È una specie di movimento nato dopo l'elezione di Trump alla Casa Bianca. Sulla piattaforma web 4chan un soggetto misterioso, che si presentava come “Q” e sosteneva di avere accesso a documenti segreti dell'amministrazione, lanciò la tesi di un grande complotto in atto per spodestare il presidente. Dietro a questa trama ci sarebbero stati - secondo Q - il solito Soros, ma anche Obama e Hillary Clinton, i divi di Hollywood, e quello che spesso viene chiamato il “Deep State”, lo Stato profondo, ovvero una potente classe di burocrati che non appare mai alla ribalta, agisce all'oscuro ma in realtà tiene in mano le leve del vero potere. E dunque, secondo i sostenitori della teoria QAnon, questa grigia associazione di potenti avrebbe organizzato o quanto meno fomentato e sostenuto la sollevazione degli afroamericani, sempre con l'obiettivo di danneggiare il presidente in carica e impedirne la rielezione.

Gli infiltrati di Trump
È una tesi di segno opposto, sostenuta da simpatizzanti democratici e che a volte si sente ripetere anche in Italia. A innescare le violenze (che avvengono perlopiù di notte, quando i cortei pacifici si sono spenti) sarebbero gli agenti provocatori inviati da Donald Trump. La motivazione: la guerra razziale in realtà spinge i consensi per il presidente in carica, il quale potrà usare i disordini a proprio vantaggio in campagna elettorale. L'accusa non è dimostrabile, e peraltro è stata finora smentita dai risultati dei sondaggi, che nell'ultima settimana sembrano premiare più che altro il rivale Biden. Vero è che nei giorni scorsi è stata segnalata la presenza tra i facinorosi di qualche gruppo di estrema destra, come i pittoreschi Boogaloo Bois, che si presentano armati fino ai denti, con i giubbotti antiproiettile indossati su sgargianti camicie hawayane, e si dichiarano pronti a combattere la guerra contro i neri. Ma il legame concreto tra queste formazioni abbastanza sgangherate e la Casa Bianca è tutto da dimostrare, e d'altra parte il fronte dei violenti appare molto più variegato, con la sicura partecipazione anche di diversi soggetti della sinistra radicale, dagli anarchici fino agli ormai ben noti Antifa (che Trump vorrebbe dichiarare fuori legge).

La Russia
Qui il complotto si fa molto più sofisticato, perché la presunta macchinazione non riguarderebbe solo le manifestazioni in piazza, gli assalti alle forze dell'ordine e i saccheggi dei negozi, ma l'uccisione stessa di George Floyd. Le immagini che riprendono l'uomo a terra, brutalmente schiacciato dagli agenti di polizia, e infine la sua morte sarebbero in realtà un evento accuratamente pianificato dai servizi segreti di Putin. La cosa curiosa è che questa teoria viene sostenuta sia da destra che da sinistra. Secondo i super-tifosi di Trump, i russi vorrebbero alimentare la tensione nel Paese per mettere in difficoltà il presidente e fermarne la corsa verso il secondo mandato (così hanno dichiarato anche alcuni esponenti repubblicani, tra cui la dirigente texana del partito Cynthia Brehm); dal fronte democratico invece la congiura viene inquadrata nel progetto più generale di Mosca, cominciato con il Russiagate e mirato di fatto ad aiutare Trump e a danneggiare i suoi avversari.

Le interferenze sui social
Tra tanti fantasiosi sospetti c'è anche, come si diceva all'inizio, qualche elemento di parziale verità. È ormai praticamente certo che sui social siano in corso azioni di account anonimi creati appositamente per alimentare le tensioni. E le tracce rimandano, questa volta sul serio, alla Russia, nonché alla Cina, come ha denunciato ieri EuVsDisinfo, l’unità speciale della Commissione Ue che ha il compito di monitorare le campagne di disinformazione sul web prodotte da Mosca. Secondo la task force europea, le fake news diffuse dai russi sarebbero mirate soprattutto a screditare il Partito Democratico Usa, attribuendogli un ruolo nell'organizzazione delle rivolte. Che gli 007 di Putin volessero sfruttare i conflitti razziali per destabilizzare la società americana è anche quanto sostenuto da un articolo dello scorso marzo sul New York Times, nel quale si citavano più fonti dell'intelligence statunitense.

Un fatto accertato è anche quello di cui ha dato annuncio Twitter tre giorni fa: gli amministratori del social network hanno cancellato falsi profili che incitavano alla violenza, in apparenza gestiti da gruppi della sinistra radicale, e invece riconducibili a una formazione di suprematisti bianchi nota come Identity Evropa.

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