George Floyd, migliaia a Minneapolis per il memorial: «Ucciso da pandemia di razzismo». Sindaco in lacrime davanti alla bara

George Floyd, migliaia a Minneapolis per i funerali. Non si ferma la protesta, 10.000 arresti
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Giovedì 4 Giugno 2020, 06:42 - Ultimo aggiornamento: 5 Giugno, 06:42

Migliaia di persone oggi a Minneapolis alle prime cerimonie funebri per la morte di George Floyd, l'afroamericano soffocato durante un arresto il 25 maggio scorso da un agente di polizia bianco e da tre suoi colleghi. Il feretro di Floyd è arrivato nel grande santuario della North Central University, dove vengono celebrati i funerali. Sono oltre 10 mila le persone arrestate negli Usa da quando sono iniziate le proteste per la morte di Floyd. Sullo sfondo delle proteste per l'omicidio di George Floyd divampa la polemica fra Donald Trump e il primo capo del Pentagono del suo mandato che attacca: «E' il primo presidente - dice Jim Mattis - nella mia vita che non cerca di unire il popolo americano e non ci prova neanche, invece cerca di dividerci».

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Cauzione da un milione di dollari per i quattro ex agenti accusati dell'uccisione di George Floyd. Lo ha stabilito un giudice, prevedendo una somma più bassa (750 mila dollari) solo a certe condizioni, tra cui non lavorare più nelle forze dell'ordine e non avere alcun contatto con la famiglia della vittima.

 

 

«Non è stato il coronavirus ad uccidere George Floyd ma la pandemia di razzismo e discriminazione», ha detto Benjamin Crump, uno degli avvocati dalla famiglia, ricordando la figura della vittima nella commemorazione a Minneapolis. Dall'autopsia è emerso che Floyd era positivo al covid-19. «Quello che abbiamo visto in quel video è inumano, non cooperate con la malvagità, non cooperate con l'ingiustizia, protestate contro, tutti noi meritiamo qualcosa di meglio», ha aggiunto riferendosi alle immagini della morte di Floyd. Il legale ha denunciato il razzismo, chiesto un'ampia riforma della giustizia e invitato a combattere per tutti i George Floyd sconosciuti del mondo, elencando i nomi di altri afroamericani vittime della brutalità della polizia.​

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Kelly attacca Trump. L'ex capo dello staff della Casa Bianca, John Kelly, ha difeso l'ex capo del Pentagono James Mattis, attaccato da Donald Trump dopo che Mattis lo aveva criticato. «Non è vero che il presidente ha licenziato Mattis o ne chiese le dimissioni», ha affermato Kelly in un'intervista, smentendo la versione del tycoon. «Il presidente si è chiaramente dimenticato cosa successe o è confuso», ha aggiunto. Mattis ha sempre sostenuto di aver lui presentato le dimissioni nel 2018 in disaccordo con la decisione di ritirare le truppe Usa dalla Siria.

Il duro atto d'accusa contro Trump, mentre negli Stati Uniti continua a infuriare la protesta per la morte di George Floyd, arriva dall'ex segretario alla Difesa Jim Mattis, l'ex marine che fu il primo capo del Pentagono dell'amministrazione Trump (gennaio 2017-dicembre 2018). In un intervento per il giornale «The Atlantic» Mattis scrive che «stiamo assistendo alle conseguenze di tre anni di questo sforzo deliberato» di dividere il Paese, «stiamo assistendo alle conseguenze di tre anni senza una leadership matura».



 


Però, sottolinea, «possiamo unirci senza di lui, attingendo alla forza della nostra società civile: non sarà facile, come hanno dimostrato gli ultimi giorni, ma lo dobbiamo ai nostri concittadini, alle generazioni passate che hanno versato il sangue per difendere le nostre promesse e ai nostri figli».


Anche l'attuale vertice del Pentagono si ritrova invischiato nella polemica: travolto dalle accuse di aver politicizzato l'esercito, il capo del Pentagono Mark Esper è uscito allo scoperto in una conferenza stampa prendendo le distanze da Donald Trump, sia dalla sua minaccia di usare le truppe per fermare le rivolte sia dalla sua controversa foto con la Bibbia davanti alla St.
John Church, di fronte alla Casa Bianca, dopo aver fatto sgomberare la folla con lacrimogeni e proiettili di gomma. Il segretario alla Difesa si è detto contrario ad invocare l'Insurrection Act del 1807, la legge che consente di impiegare le truppe contro disordini e insurrezioni e che fu usata l'ultima volta nel 1992 contro le sommosse a sfondo razziale scoppiate nella città di Los Angeles. «L'opzione di usare l'esercito nel ruolo di polizia dovrebbe essere l'ultima spiaggia e solo nelle situazioni più urgenti e gravi ma ora non siamo in uno di questi momenti», ha spiegato, sconfessando così il presidente. «Il mio obiettivo è quello di tenere le forze armate fuori della politica», ha assicurato, anche se nel frattempo 1600 soldati sono stati schierati nei dintorni della capitale per intervenire in caso di necessità.


Intanto è stata un'altra notte ad alta tensione: almeno 90 persone sono state arrestate solo a New York nelle proteste per la morte di George Floyd, deceduto dopo il soffocamento da parte di un agente. Lo riferisce la polizia locale, precisando che le manifestazioni sono state relativamente calme e senza saccheggi. Martedì notte erano stati arrestati 280 dimostranti. Il poliziotto accusato dell'omicidio rischia 40 anni di carcere perché l'imputazione è stata aggravata: da omicidio colposo a omicidio volontario. Arrestati anche gli altri tre agenti coinvolti nell'arresto.

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Si è inoltre appreso, grazie all'autopsia, che Floyd aveva il coronavirus ma era asintomatico. È uno dei dettagli che emerge dall'esame autoptico ufficiale.

Intanto l'agente che ha ucciso un giovane a San Francisco lunedì nelle proteste per la morte di George Floyd aveva scambiato il suo martello per una pistola. Lo ha riferito la polizia. Quando una pattuglia è intervenuta per un saccheggio in un supermercato, Sean Monterrosa, un 22/enne residente nella città californiana, si era inginocchiato a terra tenendo le mani sulla vita, vicino ad un martello nella tasca della sua felpa. Un agente, pensando si trattasse di un'arma, ha esploso cinque colpi e ha ucciso il giovane. Ora il poliziotto è stato sospeso in attesa dei risultati dell'indagine.

 
 


LA GIORNATA
Le proteste per l'uccisione di George Floyd sono diventate meno violente nell'ultima notte ma hanno appiccato il fuoco dentro l'amministrazione americana. Questo mentre alla vigilia dei funerali a Minneapolis, con la partecipazione di Joe Biden, l'attorney general del Minnesota Keith Ellison ha aggravato l'imputazione per l'ex agente Derek Chauvin da omicidio colposo a omicidio volontario (ora rischia sino a 40 anni) e ordinato l'arresto dei suoi tre colleghi accusandoli di complicità. Come chiedevano la famiglia («un passo importante verso la giustizia», ha commentato) e i manifestanti che hanno infiammato l'America per una settimana. 


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Travolto dalle accuse di aver politicizzato l'esercito, il capo del Pentagono Mark Esper è uscito allo scoperto in una conferenza stampa prendendo le distanze da Donald Trump, sia dalla sua minaccia di usare le truppe per fermare le rivolte sia dalla sua controversa foto con la Bibbia davanti alla St. John Church, di fronte alla Casa Bianca, dopo aver fatto sgomberare la folla con lacrimogeni e proiettili di gomma. Il segretario alla Difesa si è detto contrario ad invocare l'Insurrection Act del 1807, la legge che consente di impiegare le truppe contro i disordini e che fu usata l'ultima volta nel 1992 contro le sommosse a sfondo razziale scoppiate nella città di Los Angeles. «L'opzione di usare l'esercito nel ruolo di polizia dovrebbe essere l'ultima spiaggia e solo nelle situazioni più urgenti e gravi ma ora non siamo in uno di questi momenti», ha spiegato, sconfessando così il presidente. «Il mio obiettivo è quello di tenere le forze armate fuori della politica», ha assicurato, anche se nel frattempo 1600 soldati sono stati schierati nei dintorni della capitale per intervenire in caso di necessità. Esper ha anche riferito che lunedì sera sapeva che avrebbe accompagnato il tycoon alla chiesa di St. John ma non che avrebbe partecipato ad una 'photo opportunity' con Trump che reggeva in mano la Bibbia accanto a vari esponenti dell' amministrazione: una «strumentalizzazione politica» criticata dai vertici religiosi non solo locali, mentre oggi il Papa, pur condannando la violenza delle ultime notti come «autodistruttiva e autolesionista», ha sollecitato a «non tollerare o chiudere un occhio sul razzismo e sull'esclusione in qualsiasi forma». 

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Come se non bastasse, il capo del Pentagono ha annunciato di aver chiesto al segretario dell'esercito Ryan McCarthy di avviare un' indagine sull'uso di un elicottero militare (un Black Hawk) da parte della Guardia Nazionale che è stato filmato nello stesso giorno mentre sorvolava a bassa quota i manifestanti vicino alla Casa Bianca con l'apparente scopo di intimidirli e disperderli. «Voglio sapere perché, cosa è successo, chi è coinvolto, quali ordini sono stati dati o meno, se c'era una questione di sicurezza con un velivolo che volava così basso», ha detto. Quanto basta per innescare uno scontro con il presidente, che secondo la Cnn si sarebbe già detto «non contento» dello smarcamento di Esper. Per ora ha parlato solo la portavoce Kayleigh McEnany, con due dichiarazioni per niente rassicuranti. «Al momento Mark Esper è ancora segretario alla Difesa e se il presidente perde fiducia in lui ve lo faremo sapere», ha detto. Trump, ha aggiunto, «userà l'insurrection Act, se necessario». Intanto il tycoon cerca di accreditare una nuova narrativa dei fatti, mentre Snapchat - dopo le censure di Twitter - ha annunciato che non promuoverà più sull'home page di Discover l'account di Trump, accusandolo di incitare con i suoi messaggi «la violenza razziale e l'ingiustizia».

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In un'intervista alla Fox ha assicurato che quando lunedì è uscito a piedi dalla Casa Bianca non sapeva che c'erano i manifestanti, ha negato l'uso dei lacrimogeni e raccontato che il suo gesto con la Bibbia è stato apprezzato da molti leader religiosi. Ma ciò che gli premeva di più è precisare che nel bunker della Casa Bianca c'è stato per «pochissimo tempo, di giorno e per un'ispezione». 

 

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