Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

Comune di Milano, è guerra alla pubblicità delle auto: consentita solo a quelle ecologiche

La pubblicità su un palazzo a Milano
di Giorgio Ursicino
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Martedì 2 Giugno 2020, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 5 Giugno, 10:39
Così non va. Il piacere di farsi male da soli. Senza ottenere nessun beneficio. Eppure, adesso che il ministro dell’Economia Gualtieri ha promesso un piano dedicato per un settore fondamentale per l’economia, si poteva sperare che l’ostilità generalizzata contro l’auto si fosse raffreddata. Invece niente. Il comune di Milano ha deciso di penalizzare il settore automotive con un iniziativa fortemente discriminatoria. E offensiva. L’amministrazione capitolina aveva già picchiato duro contro i cittadini romani, privandoli dell’uso delle vetture migliori, quelle che consumano poco carburante ed emettono meno CO2.

La risposta più adeguata all’effetto serra che l’Unione Europea ha messo in cima alla lista dei colpevoli per l’innalzamento della temperatura del pianeta. E poi, diciamola tutta, il lockdown ha dimostrato che le polveri sottili non centrano quasi nulla con il traffico urbano. In questa gara virtuale a chi è più bravo, il capoluogo lombardo non ha impiegato molto a rispondere alla Capitale. Una trovata talmente bizzarra che dà l’impressione di essere uno scherzo. L’iniziativa, freschissima, ha suscitato meno clamore perché poco incide sulla vita della gente che ormai si appunta tutto per quando dovrà tornare al voto.

Dal punto di vista etico e morale, però, è più fastidiosa perché, forse involontariamente, infanga l’onore e la reputazione delle case automobilistiche, come se fossero delle “venditrici di morte” e non dei giganti multinazionali che, con i loro investimenti, portano tecnologia e progresso nel campo della sicurezza e del rispetto ambientale. Sabato scorso, il solerte sito della municipalità informava con l’aria un po’ trionfale: «La Giunta ha approvato le linee guida per l’intervento dei privati nella rigenerazione urbana».

L’assessore al Bilancio Roberto Tasca, che a suo dire è stato coadiuvato nel capolavoro dai colleghi Maran e Granelli, commentava con soddisfazione: «Un connubio pubblico-privato, una risorsa per la città ma con norme precise e trasparenti». Talmente trasparenti da lasciare senza fiato. Lo scopo, nobile senza dubbio, è «rigenerare gli spazi urbani in via sperimentale con l’aiuto di sponsor tecnici». Tante belle parole, precedono le frasi offensive causando di certo un danno economico sia alle casse del comune, sia al sistema Italia che ormai vede i costruttori globali allontanarsi sempre di più dal nostro Belpaese.

Se così è, vuol dire che andranno a fare le loro ricche sponsorizzazioni altrove, magari all’estero. Infatti, ecco il passaggio da brividi che non può non suonare incomprensibile, la traccia che il comune seguirà ed, a suo insindacabile giudizio, deciderà chi è moralmente all’altezza di fare il mecenate chi no. Alcune categorie sono quelle ormai note, bandite da qualsiasi tipo di pubblicità. In più, c’è l’auto, come vendesse veleni e non vetture sempre ampiamente al di sotto delle direttive dei paesi più avanzati.

Udite, udite: «Sono in ogni caso escluse le proposte di sponsorizzazione riguardanti propaganda di natura politica, sindacale, filosofica e religiosa. È vietata la pubblicità del tabacco, super alcolici, materiale pornografico, a sfondo sessuale, inerente armi, brand automobilistici non coerenti con le policy di sostenibilità ambientale promosse dal Comune di Milano, nonché i messaggi offensivi, incluse le espressioni di fanatismo, razzismo, odio o minaccia o comunque lesive della dignità umana».

Buoni e cattivi, chi non è coerente con le policy di sostenibilità ambientale della capitale della moda e del design è un appestato e non ha diritto di apparire, nemmeno se paga profumatamente. Quest’uscita delle truppe cammellate del sindaco Sala ricorda tanto il ritorno al futuro dal governatore Formigoni quasi vent’anni fa: «Fra qualche anno a Milano circoleranno solo vetture ad idrogeno...». Uscita colorita, ma almeno non discriminava nessuno. E non faceva fuggire nemmeno gli investitori interazionali. 
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