Coronavirus, Ludovica Farese
studia Medicina a Salt Lake City:
«Qui meglio che in altri Stati,
non vedo l'ora di tornare a Rieti»

Ludovica Farese
di Matteo Di Mario
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Sabato 30 Maggio 2020, 11:39 - Ultimo aggiornamento: 11:40

RIETI – Dal 2006 negli Stati Uniti insieme alla sua famiglia, la reatina Ludovica Farese studia attualmente medicina alla University of Utah School of Medicine di Salt Lake City. Durante tutti questi anni, la giovane studentessa ha potuto apprezzare cultura e tradizioni americane, coltivando amicizie e legami importanti. Oggi, dopo più di due mesi dallo scoppio della pandemia da Coronavirus, Ludovica si racconta a  “Il Messaggero”, con il quale ha parlato dei cambiamenti della sua quotidianità, dell’attuale situazione nello Utah, ma anche di ricerca scientifica e dello splendido rapporto con Rieti.

Ludovica, al momento gli Stati Uniti sono il Paese più colpito dal Covid-19. Da marzo ad oggi, quanto si sono modificate le sue giornate?
«Dal 15 marzo, la mia università ha deciso di spostare tutti i corsi online, quindi ho completato il mio anno di medicina da casa. Anche gli esami sono stati effettuati a distanza, tramite una piattaforma chiamata “Examplify”. Lo Stato dove vivo è stato uno dei pochi a non aver dichiarato un vero e proprio periodo di lockdown. Il governatore dello Utah aveva emanato una “Stay at Home Directive”, attraverso la quale consigliava a tutti i cittadini di rimanere a casa e di mantenere la distanza di sicurezza quando si andava al supermercato. Tuttavia, per un mese si è stabilita la chiusura totale di bar, ristoranti, discoteche e locali pubblici. Un brutto colpo per numerose attività».

Ed ora? Qual è la situazione nello Utah? Ha notato miglioramenti o riprese graduali?
«Dal 15 maggio, lo Stato dello Utah è entrato nella “Fase 3” (Yellow Phase), per cui ristoranti, negozi, bar, parrucchieri ed estetisti hanno potuto riaprire. In queste ultime ore, in Utah, si sono registrati 8921 casi di Coronavirus e 106 decessi. Sinceramente non ho notato molti miglioramenti da quando il governatore dello Utah ha voluto riaprire tutto per aiutare l’economia. Due giorni fa, infatti, si sono manifestati 215 nuovi casi di Covid. Si tratta del numero più alto di contagiati da quando abbiamo assistito ai primi pazienti positivi. A marzo e aprile, quando tutte le scuole erano chiuse e molte persone lavoravano da casa, si sono visti notevoli miglioramenti, tanto che il numero dei contagiati diminuiva di giorno in giorno. Purtroppo, dopo qualche settimana, molti cittadini americani si sono stancati delle restrizioni della quarantena e hanno cominciato a organizzare varie proteste per poter ritornare a lavorare. Inoltre, diversi politici Repubblicani non erano d’accordo con le limitazioni imposte dal coronavirus e hanno spinto il governatore dello Utah a riaprire tutti i negozi e i luoghi di ristorazione. Qui circola già l’idea di far ripartire tutte le scuole per i primi di agosto. In ogni caso, nonostante le poche restrizioni, lo Utah non ha avuto molti contagi rispetto al resto degli Stati Uniti. Tutto ciò è dovuto al fatto che la popolazione dello Utah non è concentrata solamente nella capitale. Lo Stato è davvero esteso e tanti abitanti vivono nelle zone rurali o in piccole città».

Ha sentito amici e parenti in Italia? La situazione nella penisola le è apparsa diversa rispetto a quella statunitense?
«Grazie a WhatsApp, sono sempre rimasta in contatto con amici e parenti italiani, che mi hanno parlato spesso della situazione in Italia. La quarantena italiana e le restrizioni imposte dal governo sono state molto più severe rispetto a quelle dello Utah. Mentre i miei amici italiani mi raccontavano che non potevano uscire da casa perché sarebbero stati fermati dalla polizia, qui la gente continuava a riunirsi nei parchi e le autostrade erano sempre piene di macchine che viaggiavano in giro per lo Stato. Anche al supermercato solo la metà delle persone indossava la mascherina e devo confessare che tuttora la situazione non è cambiata granché».

È corsa contro il tempo per trovare un vaccino contro il Covid-19. Quanto reputa importante il ruolo della ricerca scientifica per fronteggiare questa emergenza?
«Già dall’inizio dell’emergenza, molti si sono resi conto che c’erano molti fattori sconosciuti relativi a questo virus. Grazie alla collaborazione di ricercatori e scienziati di tutto il mondo, si è scoperto il codice genetico e le varie caratteristiche del Covid-19. Purtroppo, ho paura che fin quando non si raggiungerà l’immunità di gregge, il virus continuerà a far parte delle nostre esistenze, mettendo in pericolo soprattutto la vita di persone con patologie pregresse. La scoperta di un vaccino specifico per il Covid-19 sarà sicuramente efficace nel placare gli effetti di questa pandemia, sperando che non si verifichino nuove mutazioni nel codice genetico del virus».

Lei è ormai lontana da Rieti da parecchio tempo. Ne ha mai nostalgia?
«Certamente.

Anche se vivo negli Stati Uniti da molti anni, Rieti avrà sempre un posto speciale nel mio cuore e nei miei ricordi. Nonostante il viaggio da Salt Lake City a Roma sia piuttosto lungo, negli ultimi 14 anni ho avuto la fortuna di poter tornare in Italia quasi ogni estate. Se non si fosse verificata l’emergenza coronavirus, sarei tornata a Rieti anche nei prossimi mesi. Non vedo l’ora di poter assaggiare i cornetti a mezzanotte del Siciliano o i deliziosi pasticcini di Fiori. Spero di poter rientrare un po’ in città al più presto».

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