La protesta degli avvocati:
«Il processo penale
travolto dal Coronavirus»

La protesta degli avvocati: «Il processo penale travolto dal Coronavirus»
di Nicoletta Gigli
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Sabato 30 Maggio 2020, 08:58
«Il maggiore impatto del Covid si è manifestato sul comparto penale rispetto a quello civile, dove, seppure con difficoltà, le udienze da remoto non snaturano il processo. La presidente del Tribunale ha cercato di far funzionare il penale, nella indubitabile criticità di conciliare tale esigenza con la tutela della salute. Gli impatti iniziali, soprattutto rispetto alle cause da celebrare di fronte al collegio, hanno però importato disagi obiettivi, non trascurabili. Ora, pare che la situazione sia in miglioramento, anche perché si stanno rinviando alcune udienze con presenze multiple di soggetti in aula. Ma la pre-ripartenza è dura. Non fosse altro per gli sforzi che gli avvocati debbono sostenere per accedere alle cancellerie del Tribunale e della Procura». Ad esprimere questa opinione sulla ripresa dell’attività a palazzo di giustizia è Manlio Morcella, per anni alla guida della camera penale, punto di riferimento dell’avvocatura umbra. Una ripresa caratterizzata da momenti di tensione tra avvocati e presidente del Tribunale, in parte superati. «La presa di posizione iniziale della camera penale sulle scelte imposte dal covid ha creato disarmonia - conferma Attilio Biancifiori, segretario tesoriere della camera civile. Poi c’è stato un chiarimento e la polemica è rientrata su livelli più istituzionali, costruttivi e certe esigenze della categoria sono state ascoltate. Le direttive ministeriali, in certi aspetti già penalizzanti la categoria forense, nell’applicazione da parte dei vari uffici giudiziari territoriali hanno risentito, anche involontariamente, delle situazioni di criticità locali». Morcella è convinto che «la normativa covid, in coerenza con la stagione barbara che stiamo vivendo, non consideri molto gli avvocati. Che, secondo un grande accademico, il professor Spangher - aggiunge Morcella - stanno subendo un tentativo di smaterializzazione. Riscontrato sia dall’imposizione delle udienze da remoto, sia dalla non menzione che la normativa d’emergenza attribuisce alla camere civili e penali. Estraniate dalle elaborazioni del protocollo d’emergenza, rimesso alla discrezionalità sostanzialmente assoluta dei capi degli uffici giudiziari, che, vista l’assenza di linee guida a valere per tutta Italia, provvedono in libertà, sentiti formalmente i consigli dell’ordine. Inaccettabile. L’ulteriore riscontro è la mancia dei 600 euro, che non mi sembra siano stati puntualmente erogati». Anche Biancifiori è convinto che la «figura del legale virtuale è una snaturalizzazione della figura dell’avvocato, che fa comodo ai giudici. E un declassamento ulteriore della funzione difensiva. Se non cessa l’emergenza - dice Biancifiori - rischiamo di non saper più come rimediare». La pandemia “minaccia” effetti devastanti sulla tenuta della categoria, soprattutto sui giovani avvocati: «Professionisti martoriati dall’incidenza dei costi fissi degli studi, da un sistema fiscale oppressivo - aggiunge Morcella - volto a favorire un becero assistenzialismo, e dai contributi dovuti alla Cassa, iniqui per eccesso. La scelta politica orientata al prolungamento del periodo di blocco - prosegue - rende la situazione più problematica. Sorge il dubbio che la protrazione del regime serva per altri obbiettivi. L’auspicio è che la categoria liberale dell’ avvocatura sopravviva pure a questa turpe stagione: in cui subisce aggressioni normative appesantite, ma non create, dal virus».
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