Coronavirus, D'Amato: «Pressioni perché riparta il Nord. Il Lazio pensa a contromisure»

Coronavirus, D'Amato: «Pressioni perché riparta il Nord. Il Lazio pensa a contromisure»
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 29 Maggio 2020, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 17:40

«Ci sono troppe pressioni, anche sul Comitato tecnico scientifico. Se servirà, prenderemo delle contromisure. Non accetteremo forzature». Non è solo la Sardegna ad essere preoccupata dalla riapertura, che sta per decidere il governo, dei viaggi tra una regione all’altra. Ieri il Lazio ha fatto segnare 21 nuovi casi positivi, la Lombardia 381. «Voi pensate che, se ci sarà il via libera agli spostamenti interregionali, tutti i milanesi andranno solo in Sardegna? Sapete quanti treni ci sono ogni giorno tra Roma e Milano? Io spero che ci sia grande scrupolo nel prendere le decisioni, vedo troppe pressioni». Alessio D’Amato è l’assessore alla Salute del Lazio, non può permettersi toni troppo accesi perché è pur sempre la Regione governata dal leader del Pd, Nicola Zingaretti. Però non nasconde qualche preoccupazione per un “liberi tutti” che penalizzi i territori in cui, almeno per ora, la circolazione del virus è stata sotto il livello di guardia.

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Pensa che in Lombardia e in Piemonte i confini debbano restare chiusi anche dopo il 3 giugno?
«Io lo dico con grande chiarezza: ci siamo dati un metodo, si deve decidere sulla base di una serie di indicatori, sui numeri. Se le decisioni saranno prese su riscontri scientifici, non avremo nulla da eccepire. Se invece si cederà a delle pressioni di tipo politico, prenderemo delle contromisure. Pressioni sul Comitato tecnico scientifico ci sono e questo rischia di creare irritazione».
Cosa intende per pressioni di tipo politico? Pensa al governatore Fontana e all’assessore Gallera?
«Ma no, ho grande rispetto del loro lavoro. Non ce l’ho con loro, voglio essere chiaro. Dico solo che dal Nord c’è una spinta ad aprire, soprattutto da parte di partiti come la Lega. Io non sono contrario per principio: ma per favore, si valuti prima di tutto pensando alla difesa della salute pubblica. Ci sono degli indicatori? Bene, utilizziamo quelli come il governo e le regioni hanno deciso fin dall’inizio. Ripeto: se le rilevazioni sull’andamento dell’epidemia ci diranno che anche Lombardia e Piemonte possono riaprire, rispetterò la decisione del governo. Se si deciderà invece per altre motivazioni non dico che faremo ciò che minaccia la Sardegna, dico però che dovremo prevedere delle contromisure».
Non sarebbe sbagliato penalizzare la Lombardia?
«Questo è un modo di ragionare sbagliato, nessuno vuole penalizzare nessuno. Non ci sono buoni e cattivi. Se un territorio deve stare fermo un giro, se deve aspettare ancora una o due settimane perché la circolazione del virus è alta, più alt che in altre zone, non significa che si sta dando un giudizio. Non è una critica al lavoro degli altri, che rispettiamo. Semplicemente: ci siamo dati un metodo, seguiamolo. Nel rispetto anche delle regioni con una bassa incidenza del coronavirus. Non penso che dalla Lombardia possano mettere in dubbio l’imparzialità del Comitato tecnico scientifico, tra l’altro il professor Franco Locatelli è originario di Bergamo. È stato messo in piedi un monitoraggio, seguiamolo, ma si deve rispettare una linea scientifica; se si apre alla circolazione senza limiti nel Paese, lo si faccia in base ai numeri».
Magari è di difficile applicazione, ma allora non ha tutti i torti la Sardegna quando chiede maggiori controlli sugli arrivi da altre regioni.
«Il passaporto sanitario è inapplicabile. Però tenga conto di un dato: se si apre, la maggioranza dei lombardi non andrà in Sardegna, molti si sposteranno a Roma, anche per ragioni lavorative. In poco più di 3 ore il treno ti porta da Milano alla Capitale. Io non vorrei prendere nessuna iniziativa di protezione della nostra regione, ma se ci sono forzature qualcosa deve essere fatto. Le cose devono essere lineari, altrimenti, sempre nel rispetto delle norme, anche noi del Lazio dovremo dare una risposta. Il Lazio continua ad avere un Rt buono e circolazione del virus bassa. Tutti gli indicatori sono soddisfacenti».
Anche il Lazio ieri ha però avuto un aumento, sia pure sulla base di numeri bassi, da 11 a 21 casi giornalieri.
«Era prevedibile, la fine del lockdown può portare a un lieve incremento, l’importante è essere sempre attenti nelle risposte. Ma abbiamo già identificato le origini dei contagi, in gran parte in ambito familiare. E sono tutti casi non gravi, questo è rassicurante. Ciò che è fondamentale è tracciare sempre con puntualità tutti i positivi e i loro contatti, ci stiamo riuscendo. Anche grazie a test sierologici, i cui risultati poi verifichiamo con i tamponi in caso di positività, stiamo trovando diversi asintomatici. L’attività ai drive-in per i tamponi sta funzionando bene, abbiamo più in generale potenziato il “contact tracing”. Questi sono i giorni decisivi in cui bisogna mantenere alta la guardia, spero che anche i cittadini lo comprendano, con comportamenti prudenti. E noto che nel Lazio il numero totale dei guariti, per la prima volta, supera quello degli attualmente positivi».
 

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