L'ex Priore di Bose al contrattacco lancia messaggi, in Vaticano nessuno vuole dirmi di cosa sono accusato

L'ex Priore di Bose al contrattacco lancia messaggi, in Vaticano nessuno vuole dirmi di cosa sono accusato
di Franca Giansoldati
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Giovedì 28 Maggio 2020, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 07:55

Città del Vaticano – «In questa situazione, per me come per tutti, molto dolorosa, chiedo che la Santa Sede ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto». La cacciata di padre Enzo Bianchi, fondatore di Bose, dalla sua comunità dopo la ispezione vaticana e la decisione di Papa Francesco, si tinge di giallo. Fratel Enzo in serata ha rotto il silenzio con un comunicato denso di messaggi che fa capire che ai suoi danni è stato tramato una specie di complotto.

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Tanto per cominciare fa sapere urbi et orbi di avere cercato «invano» di farsi dire da chi gli ha consegnato il decreto di allontanamento «il permesso di conoscere le prove delle nostre mancanze e di poterci difendere da false accuse. In questi due ultimi anni, durante i quali volutamente sono stato più assente che presente in comunità, soprattutto vivendo nel mio eremo, ho sofferto di non poter più dare il mio legittimo contributo come fondatore».

Il secondo messaggio che padre Bianchi lancia è che «è stato invitato a lasciare temporaneamente la comunità e ad andare a vivere altrove». Quel «temporaneamente» prelude al fatto che farà di sicuro ritorno a Bose, con buona pace di chi gli ha preparato il terreno per la cacciata. 

«In quanto fondatore – aggiunge padre Bianchi - oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore, ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema. Mai però ho contestato con parole e fatti l’autorità del legittimo priore, Luciano Manicardi, un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità». 

Il terzo messaggio viene rivolto direttamente al Papa e alla Santa Sede. «Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia. Nella sofferenza e nella prova abbiamo altresì chiesto e chiediamo che la comunità sia aiutata in un cammino di riconciliazione (...) Nella tristezza più profonda, sempre obbediente, nella giustizia e nella verità, alla volontà di papa Francesco, per il quale nutro amore e devozione finale». 

Infine, Enzo Bianchi su Twitter, ha annotato: la grande gioia è avere amato. Un messaggio "che nessuno ci può rubare". Ancora una volta fanno da sfondo a queste parole i dissidi interni alla comunità per la quale la figura del fondatore era divenuta troppo ingombrante. Il passaggio delle consegne, deciso tre anni fa, non è stato indolore e il nuovo priore evidentemente lamentava l'impossibilità di esercitare pienamente il ruolo principale. 




 

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