Dalla Coppa Italia del 2008 ad oggi: quel finale amaro di Spalletti, poi i sogni svaniti dell'era americana

Dalla Coppa Italia del 2008 ad oggi: quel finale amaro di Spalletti, poi i sogni svaniti dell'era americana
di Alessandro Angeloni
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Domenica 24 Maggio 2020, 18:38 - Ultimo aggiornamento: 19:51

L’ultima volta, dodici anni fa. C’eravamo lì all’Olimpico quella sera del 24 maggio del 2008, quando la Roma dei Sensi alzò il suo ultimo trofeo di un certo livello, ovvero la Coppa Italia, la nona. Da lì, la maledizione, con le sconfitte sempre nella competizione nazionale e sia nel 2009 sia nel 2013. Era una bella squadra, quella lì. C’era un Luciano Spalletti che stava cominciando a sentire le prime pressioni: la squadra aveva dato tutto quello che poteva dare, con i limiti tecnici (ed economici) che aveva. Felice ma spremuta. La vittoria della Coppa Italia nel 2008, reti di Mexes e Perrotta e lo splendido fulmine interista del giovane Pelè  (entrato al posto dello spento Stankovic e del quale se ne sono perse le tracce) è stato quasi il sipario su uno spettacolo bellissimo durato quasi cinque anni, cominciato dalle 11 vittorie di fila nel primo anno di Spalletti fino ai successi in Coppa Italia nel 2007 e alla vittoria in Supercoppa sempre nel 2007. Era l’ultimo grido di gioia, un anticamera della separazione da Spalletti, il vero artefice di quel piccolo miracolo, che da quell’estate in poi ha perso pian piano potere all’interno dello spogliatoio e verso la proprietà. Quell’estate sono arrivati calciatori poco funzionali, la stagione è partita male ed è stata risollevata nel finale. La vittoria di quella Coppa Italia è stata l’ultimo gioiello da esibire ancora oggi, perché è l’ultimo e, in assenza d’altro, resta comunque il primo da ricordare, finché ne arriverà un altro, ma passano gli anni e a Roma si è vissuto solo di illusioni (finali perse, appunto, e scudetto sfiorato come la finale di Champions League). Il ricordo, però, di quella notte, è ancora vivo in tanti. Quella coppa l’ha alzata Francesco Totti al fianco del presidente della Repubblica Napolitano, quella sera il capitano non era presente in campo per un infortunio (con intervento) al ginocchio.
 



Ma quella squadra andava da sola, a memoria. Il 4-2-3-1 era un marchio di fabbrica e poteva battere chiunque, anche la colossale Inter di Mancini, che ha preparato la squadra al triplete conquistato successivamente da Mourinho. Rosella Sensi era al comando, tra mille errori, era riuscita a costruire una squadra con i mezzi, pochi, che aveva, sapendo che era difficile scansare dal podio i colossi come l’Inter. Eppure la sua Roma, sempre con Spalletti, era riuscita a competere per due volte per lo scudetto. E’ stata una Roma che si è dovuta accontentare di qualche coppa, per tanti minore.
Ma oggi, a distanza di anni, resta sempre quell’orgoglio, ma la magià è finita lì. L’orgoglio di chi non ha saputo più vincere, nonostante le ambizioni sperticate e i sogni di gloria di una nuova proprietà che non ha saputo costruire per arrivare a un risultato. Sono passati dodici anni e siamo qui a ricordare il gol di Mexes e Perrotta e qui calciatori che si sono saputi distinguere tra i giganti. Eccoli tutti i protagonisti di quel 24 maggio di dodici anni fa: Doni, Cassetti, Mexes, Juan, Tonetto, De Rossi, Pizarro, Giuly (67’ Cicinho), Aquilani (90’ Panucci), Perrotta (73’ Brighi), Vucinic. E Totti, che ci sta sempre bene. Alla prossima vittoria, magari non tra dodici anni. 

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