Il sovrintendente Meyer: «Alla Scala un'opera napoletana». Dopo Verdi e Beethoven, inaugurazione con Oropesa e Florez

Dominique Meyer, sovrintendente della Scala di Milano
di Simona Antonucci
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Sabato 23 Maggio 2020, 00:20

«Un’opera napoletana in dialetto, qui alla Scala». Dominique Meyer ha un sogno: «ritrovare l’origine della musica italiana». Il sovrintendente del Teatro milanese,  è stato protagonista, insieme con il direttore della Treccani Massimo Bray, di un incontro online (“Quando riparte lo spettacolo?”, moderato da Sandro Cappelletto) sulle prospettive del mondo artistico e culturale.

Si è discusso dei problemi legati alla ripartenza, dell’importanza degli ammortizzatori sociali e della “solitudine” di solisti e direttori d’orchestra, fermi da mesi e senza alcun sostegno. «Sono il sangue della lirica. Pochi di loro sono superstar con cachet da far girare la testa ma la maggior parte guadagna meno di un calciatore di serie B».

All’ordine del giorno anche l’anno che verrà: «Un terzo dei nostri spettatori arriva dall’estero, sarà difficile poterli riavere in tempi brevi». Ma Meyer ha parlato soprattutto di futuro, di speranze. E di progetti. «Nella mia carriera», ha spiegato, «ho fatto 39 opere di Haendel e non ne farò quaranta. È il tempo di scoprire la musica italiana: Napoli, Roma, Venezia».

Del resto «abbiamo esempi: Muti lo ha fatto con grande successo», ha detto chiamando in causa il direttore d’orchestra che non ha mai nascosto di voler riportare a dirigere un’opera a Milano. «Sogno una stagione ideale con la musica italiana al centro di un bouquet internazionale, compositori russi e un’opera tedesca importante l’anno».

Il titolo che inaugurerà la prossima stagione verrà annunciato a giugno (si parla della Lucia di Lammermoor di Donizetti con Lisette Oropesa e Juan Diego Florez), ma intanto si presentano i titoli dell’autunno.

«Tutta la Scala è pronta a ricominciare a settembre, se potremo farlo, e con una bellissima programmazione», ha aggiunto «l’intenzione di riaprire alla grande». Il Requiem di Verdi diretto da Chailly in Duomo come pensiero per tutti i morti di Covid e «dopo un messaggio di speranza con la Nona di Beethoven».

Nel frattempo, pazienza. «Bisogna aspettare che ci siano le condizioni per iniziare in sicurezza e che consentano una risposta artistica all’altezza». Tanti, ancora, i punti interrogativi. Al momento si possono riaprire i teatri con duecento persone al chiuso (tra spettatori, artisti e maestranze) e mille spettatori per gli eventi all’aperto. Nessuna mascherina per cantanti e musicisti, ma resta obbligatorio il distanziamento sul palco.

«Al momento si possano organizzare eventi-manifesto, ma è difficile ipotizzare una programmazione ordinaria. Anche perché il pubblico è parte di uno spettacolo. Ma bisogna essere positivi, non sarà eterno il problema del Coronavirus. E quindi il teatro che ha riaperto dopo la guerra con un concerto diretto da Toscanini, si candida di nuovo a essere simbolo «del rilancio», questa volta «con Verdi in Duomo e poi in teatro «con Beethoven».

«La lirica», ha aggiunto Massimo Bray che da ministro alla Cultura fece la legge di risanamento delle Fondazioni liriche, «è un patrimonio italiano ed europeo da tutelare. L'Europa darebbe un grandissimo segno se ci fosse un fondo dedicato alla Cultura. Un messaggio importante soprattutto per quei giovani che rischiano di allontanarsi dalle Istituzioni europee».
«La pandemia ha contribuito a far riscoprire l'importanza del bene pubblico e la necessità di preservare lo stato sociale, dunque la cultura deve essere in prima linea per superare le disuguaglianze abbattendo le barriere all'accesso», ha sottolineato il direttore della Treccani, istituzione che da anni collabora con la Scala per progetti culturali.

Proposte di una linea di credito dedicata alla cultura, fondi europei  e tante idee, compresa quella di poter trasmettere le opere in streaming così da avere un ricco archivio digitale come succede a Vienna, dove Meyer dirigerà fino a giugno lo Staatsoper. Fondamentale il tema dei prezzi e della necessità di far tornare la gente in teatro. Bisogna «lavorare con le famiglie, ma anche rendere il Teatro più accessibile a tutti».

A Vienna «ci sono 580 posti in piedi venduti a 3 o 4 euro». «Sarei così felice che anche qui si possa studiare un sistema». 

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