Inter, che ricordi: 10 anni fa il Triplete nel segno di Mourinho e Milito

Inter, che ricordi: 10 anni fa il Triplete nel segno di Mourinho e Milito
di Salvatore Riggio
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Venerdì 22 Maggio 2020, 00:05
Sono passati 10 anni, era il 22 maggio 2010, da una delle più grandi imprese della storia del calcio. Da quella calda sera di Madrid, quando al Santiago Bernabeu l’Inter vinse 2-0 contro il Bayern Monaco grazie alla doppietta di Diego Milito, alzando al cielo la terza Champions della storia nerazzurra e compiendo un’impresa mai vista sul suolo italiano: il Triplete. Coppa Italia (5 maggio), scudetto (16 maggio) e Champions (22 maggio). In Europa solo altre sei squadre ci sono riuscite: Celtic, Ajax, Psv Eindhoven, Manchester United, Barcellona (due volte) e il Bayern Monaco nel 2013. C’era un uomo, Massimo Moratti, che aveva messo in questo sogno una passione mai vista prima, e uno stratega, José Mourinho, che aveva risvegliato quel senso di appartenenza al club dei tifosi nerazzurri, che da 45 anni (sì, quarantacinque!) attendevano il trionfo nella massima competizione continentale. Gli occhi pieni di lacrime di gioia di Moratti e il ghigno soddisfatto di Mourinho, alias lo Special One, alias l’uomo di Setubal, sono state due delle tantissime immagini di quella notte magica, avvenuta un decennio fa appunto. Come i 100mila che avevano affollato piazza del Duomo, con una speranza nel cuore, vivendo con un’empatia mai vista prima 90 interminabili minuti, esplodendo tre volte. Due per la doppietta di Milito, il simbolo in campo del Triplete interista, e la terza volta, liberatoria, per una vittoria che mai sarebbe stata cancellata. Anzi, talmente irripetibile che 10 anni dopo mai nessuno in Italia si è mai avvicinato a così tanta meraviglia.
L’INIZIO DEL SOGNO
Nell’estate 2009 furono ceduti Ibrahimovic, Crespo, Maxwell e Figo. Sbarcarono alla Pinetina Eto’o, Lucio, Sneijder, Milito e Thiago Motta. Dal quel momento, Mou iniziò a costruire l’impresa. Sacrificio, empatia, appartenenza, fatica, dedizione, coraggio. Le parole magiche che trasformarono quel gruppo in una delle squadre italiane più forti di tutti i tempi. Perché va bene vincere titoli nazionali, ma è la conquista della Champions a farti entrare nella leggenda. Legge non scritta che la città di Milano, negli ultimi 20 anni aveva conosciuto grazie ai colori rossoneri. Ma l’Inter di Mourinho decise di imprimere il proprio marchio in un’era. Certo, forse il gioco non fu dei migliori, ma a rendere vincente il cammino dei nerazzurri fu quella maniacale attenzione ai dettagli del tecnico portoghese. Un po’ come Helenio Herrera, l’allenatore delle due storiche Coppe dei Campioni del 1964 e del 1965, quando il presidente di quella squadra era Angelo Moratti, il padre di Massimo. Una chiusura del cerchio, a rendere più romantico quanto fatto dai nerazzurri a Madrid, un decennio fa.
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