Frosinone, due generazioni di sindaci in trincea. Notti insonni, telefoni roventi e richieste di aiuto: «Il virus un dramma surreale»

Frosinone, due generazioni di sindaci in trincea. Notti insonni, telefoni roventi e richieste di aiuto: «Il virus un dramma surreale»
di Stefano De Angelis
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Giovedì 21 Maggio 2020, 02:32 - Ultimo aggiornamento: 14:58


Due sindaci, due generazioni diverse. Luigi Germani, 71 anni a novembre, guida il Comune di Arce, un centro di circa 5.500 abitanti. Pancrazia Di Benedetto, 37 anni, dal giugno 2017 indossa la fascia tricolore a Campoli Appennino, paese di circa 1.600 anime ai piedi del Parco nazionale. Germani, primo cittadino per la quinta volta, è tra i veterani degli amministratori in carica in Ciociaria: siede in Consiglio da 45 anni; Di Benedetto, invece, è tra quelli più giovani e alla sua prima esperienza. Due realtà diverse da governare in queste lunghe settimane estenuanti e difficili, caratterizzate dall'emergenza sanitaria; identico, invece, il nemico che ha sconvolto abitudini, comportamenti e tempi delle rispettive comunità, trasformando i Comuni in trincee: il Covid-19.

Sindaco, come ha vissuto l'attacco sferrato dal virus?

Germani: “Una cosa così non l'avevo mai vista né vissuta da amministratore comunale. E' stato un dramma. Dall'inizio di marzo fino a tutto aprile è stata durissima. Chi poteva immaginare che sarebbe accaduta una cosa del genere? L'ho affrontata con tutte le mie forze, un lavoro continuo e straordinario: sono stato in Comune tutti i giorni, ogni mattina, per coordinare l'emergenza insieme all'intera amministrazione comunale, ai dipendenti dell'ente, alle forze dell'ordine, alla polizia locale, ai volontari della protezione civile, all'Asl di Sora e al manager dell'azienda sanitaria. Non ho mai mollato: la notte non dormivo e avevo sempre il telefonino acceso. E' stata davvero difficile, ma, nonostante le criticità, credo che abbiamo risposto bene”.

Di Benedetto: “Con molta preoccupazione per la comunità. Non nego che ero spaventata per l'enorme carico di responsabilità e di rischi. E' stata dura, un'esperienza incredibile, ma è andata bene. La macchina amministrativa ha funzionato alla perfezione su tutti i fronti, dall'assistenza ai cittadini alla risoluzione dei problemi. Difendere la salute pubblica non è semplice, ma ce l'abbiamo fatta: a Campoli, infatti, non c'è stato alcun contagio e questo è un risultato della collettività. In questi due mesi ho dovuto fare anche il carabiniere con continui controlli per evitare che i cittadini uscissero senza motivo. C'è poi da aggiungere che bisognava dare tutte le varie indicazioni man mano che cambiavano, su questo è stato molto utile il canale social, e mandare avanti un Comune con soli due dipendenti e con altro personale in convenzione con altri Municipi”.

Quali sono stati i momenti più difficili?

Germani: “Sono stati diversi. Innanzitutto quando sono arrivate le prime notizie di cittadini positivi al Covid. All'inizio, senza note ufficiali, trapelavano informazioni frammentarie. Prima uno, poi due, tre casi e così via. Di concerto con i medici di base e con l'Asl di Sora, direttore in testa, abbiamo approntato un sistema di controllo per il contenimento dell'infezione nella comunità. Li ringrazio tutti per quanto fatto. Alla fine ad Arce il bilancio è stato di una ventina di contagi e un morto. Un altro momento drammatico è stato quello legato al disagio economico e sociale: diversi cittadini non avevano risorse per fare la spesa né per acquistare altri beni necessari. Uno scenario molto complicato perché si trattava di famiglie con bimbi piccoli e di persone che, svolgendo lavori saltuari, erano rimaste senza denaro. Siamo stati subissati di richieste di aiuto. Immediatamente abbiamo cercato di intercettare le situazioni più disagiate per tamponare le emergenze. Poi sono stati stanziati fondi dal Governo e dalla Regione per buoni spesa e pacchi alimentari e ci siamo attivati per predisporre i bandi. Completata la prima fase di distribuzione alla popolazione, adesso partirà la seconda con la tranche del finanziamento regionale. Le somme erogate sono sufficienti per il fabbisogno”.

Di Benedetto: “Sicuramente i primi giorni, quando era fondamentale far comprendere ai cittadini l'importanza di rispettare le prescrizioni, di restare a casa, soprattutto in casi di quarantene volontarie. Vedevo le persone molto preoccupate, ma il tutto è stato gestito bene. Poi c'è stato l'altro capitolo del virus, quello delle difficoltà economiche delle famiglie. Un'emergenza fronteggiata in particolare con i buoni spesa. Nell'attività di coordinamento per questa e altre criticità è stato prezioso il supporto dell'Aipes e quello dei sindaci dell'Unione dei Comuni, con cui mi sono sentita ogni giorno. Un grande esempio di collaborazione istituzionale”.

Cosa l'ha colpita di più?

Germani: “Le continue richieste di madri e padri per far riaprire i cimiteri. Mi telefonavano, piangevano disperati perché non potevano pregare sulla tomba dei loro figli. Io rispondevo: “Ma se non si può uscire, come fate ad andare?” E loro: “Paghiamo la multa, ma vogliamo entrare”. Ad Arce in questi due mesi sono morte tante persone non per il virus, nostri concittadini cui non è stato possibile dare un abbraccio collettivo. Ai funerali, infatti, ha partecipato solo qualche familiare. Questo mi ha colpito profondamente, direi che mi ha fatto male. Ecco perché proporrò al parroco di organizzare una messa all'aperto in memoria di tutti questi defunti, davanti alla chiesa, in piazza, in modo che si rispettino le misure di sicurezza. Ma è doveroso rendere loro l'ultimo saluto come si deve”.

Di Benedetto: “Vedere tante famiglie messe a dura prova, in precarie condizioni economiche. Ho ricevuto tante telefonate, mi chiedevano aiuto, un sostegno. E' stato l'aspetto più drammatico. Qui molti vivono grazie al commercio di tartufi e anche per questo settore è stato difficile. In paese, complessivamente, abbiamo distribuito buoni spesa a una cinquantina di famiglie, questa misura è stata fondamentale. Sono stati gestiti con oculatezza, parsimonia e con criteri rigidi. Ora riprenderemo con la seconda fase degli aiuti alimentari grazie ai fondi regionali”.

C'è qualcosa che l'ha delusa?

Germani: “Le polemiche di chi, pur continuando ad avere un reddito, chiedeva buoni spesa o beni di prima necessità senza pensare a chi, invece, ne aveva assoluto bisogno”.

Di Benedetto: “Nulla in particolare. Alla fine, tirando le somme, è andato tutto bene. Ringrazio gli enti per averci supportato in questa situazione estremamente delicata”.

E qualcosa che l'ha sorpresa in positivo?

Germani: “Il cuore e la solidarietà degli arcesi. In tanti si sono messi a disposizione della comunità, donando generi alimentari come olio, pomodori, farina, zucchero e frutta”.

Di Benedetto: “Il senso di responsabilità dei cittadini e le tante manifestazioni di solidarietà. E' stato bello e commovente. Molti mi hanno telefonato per mettersi a disposizione della comunità, per dare una mano. Un grande esempio di generosità è arrivato anche dai negozianti con donazioni di prodotti vari. C'è stato tanto cuore”.

Sul fronte della prevenzione, come ritiene si sia comportata la popolazione?

Germani: “Come in tutti i centri c'è stato chi ha rispettato le misure e chi meno. Mi riferisco in particolare al divieto di uscire di casa e al distanziamento sociale. Ma io mi sono fatto sentire, lanciando appelli alla responsabilità attraverso interventi sul canale social. Nel complesso, però, direi che non posso lamentarmi”.

Di Benedetto: “Più di qualcuno, soprattutto all'inizio, non è stato diligente e in alcune circostanze ho dovuto farmi sentire con rimbrotti per far osservare le misure. In qualche caso mi sono davvero arrabbiata. Devo dire, però, che abbiamo tenuto tutto sotto controllo”.


Cos'altro le resta di questa esperienza?

Germani: “Non dimenticherò la voglia, quotidiana, dei cittadini di sapere, di essere informati sull'andamento della pandemia. Mi cercavano in molti, a tutte le ore, volevano capire. All'inizio qualcuno diceva perfino che nascondevo i dati sui casi positivi, ma non li avevo. Noi sindaci, infatti, solo in un secondo momento siamo stati aggiornati con comunicazioni ufficiali”.

Di Benedetto: “Vedere Campoli deserto, come subito dopo il terremoto, mi ha impressionato.

E poi la grande tristezza provata nel giorno della festa del patrono: la chiesa e le strade erano vuote. Una sensazione surreale. Sono queste le immagini che resteranno impresse nella mia mente, oltre al ricordo delle grandi difficoltà quotidiane dei miei concittadini”.

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