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di Luca Cifoni

Decreto Rilancio da 55 o 155 miliardi? La manovra che è il triplo di se stessa

La sede del ministero dell'Economia
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Mercoledì 20 Maggio 2020, 18:52 - Ultimo aggiornamento: 19:22
Non sarà questo l'aspetto più importante, nel momento in cui molti italiani cercano di capire se gli aiuti messi in campo dal governo con il decreto Rilancio arriveranno presto e soprattutto saranno efficaci. Ma il provvedimento appena pubblicato in Gazzetta ufficiale ha qualcosa che lo distingue dagli altri dal punto dei vista delle cifre: non solo è una delle più imponenti manovre economiche di sempre, ma si presenta anche – per così dire – in una veste contabile multipla: l'esecutivo ha spiegato che vale 55 miliardi ma ha parlato anche di 155, ovvero quasi il triplo.

Differenze simili esistono in tutti i provvedimenti del governo; di solito però sono molto più contenute. Può valere quindi la pena di approfondire, addentrandosi il minimo possibile in alcune distinzioni tecniche. Al momento di quantificare l'impatto delle leggi (ed in particolare di quella di Bilancio) sono tre gli indicatori che in base alle regole contabili nazionali vengono presi in considerazione. Il primo e più rilevante è l'indebitamento netto, poi ci sono il fabbisogno e il saldo netto da finanziare (SNF). Nel caso del decreto Rilancio si va appunto dai 154,7 miliardi del SNF ai 55,3 dell'indebitamento, passando dai 68,5 del fabbisogno.

Qual è il numero giusto? In realtà lo sono tutti e tre, anche se misurano lo stesso fenomeno da tre angolature diverse Normalmente si tende a citare l'indebitamento netto perché è il saldo rilevante in base alle regole europee e quindi quello che conta nei rapporti coin Bruxelles. A differenza del fabbisogno che è un indicatore sostanzialmente di cassa, l'indebitamento ha a che fare con la competenza economica, e in questo somiglia un po' al saldo del conto economico delle imprese. Il SNF invece si differenzia sia per l'ambito (è riferito al solo Bilancio dello Stato, trascurando il resto delle pubbliche amministrazioni) sia perché comprende le cosiddette “partite finanziarie” ovvero il rimborso o la concessione di crediti e l'acquisto o la vendita di partecipazioni.

Torniamo al punto: perché stavolta la differenza è così forte? Perché nel decreto sono state inserite ingenti risorse destinate alla concessione di garanzie e alla patrimonializzazione delle imprese. Dunque operazioni finanziarie. Le voci più significative sono i 30 miliardi finalizzati all'incremento delle garanzie Sace e Cdp sui prestiti bancari alle imprese in difficoltà e i ben 44 del “Patrimonio destinato”, una dote che lo Stato costituisce dentro Cassa Depositi e Prestiti con l'obiettivo di sostenere il sistema produttivo, sottoscrivendo prestiti obbligazionari convertibili, partecipando ad aumenti di capitale o acquistando azioni. Incidono sul SNF (ma non sull'indebitamento) anche i 3 miliardi per la costituzione di una nuova società per il trasporto aereo (di fatto il salvataggio di Alitalia) e gli oltre 6 di contributi figurativi connessi agli ammortizzatori sociali per le imprese in crisi Covid: in quest'ultimo caso si tratta di risorse trasferite virtualmente all'Inps (al posto dei contributi effettivi non versati a causa della mancata o ridotta attività) che corrispondono però a prestazioni future per i lavoratori. Sommando altre voci si arriva rapidamente ai quasi 100 miliardi che spiegano la differenza.

Tutto ciò è il risultato di conteggi accurati fatti da persone molto competenti; ma non va dimenticato che, come in ogni misurazione, c'è un rilevante aspetto convenzionale. E le convenzioni statistiche in certi casi non hanno un'interpretazione unica. Per l'anno 2017 Eurostat, l'autorità statistica europea, riclassificò come incidenti sull'indebitamento netto circa 5,3 miliardi di erogazioni connesse alla ricapitalizzazione di Monte dei Paschi di Siena e (soprattutto) al salvataggio della Banca popolare di Vicenza e di Veneto Banca, che erano state originariamente trattate come partite finanziarie e quindi considerate di impatto nullo. All'epoca quel deficit in più fu una sorpresa non piacevole.
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