Fase 2, Monceri (IntesaSanpaolo): «Tre miliardi di euro per la ripartenza di Roma e del Lazio»

3 miliardi da IntesaSanpaolo per il sistema imprenditoriale di Roma e Lazio
di Francesco Pacifico
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Martedì 19 Maggio 2020, 16:28 - Ultimo aggiornamento: 16:59

«IntesaSanpaolo, con il suo amministratore delegato Carlo Messina, ha messo in campo una strategia di rilancio del Paese, pronta a stanziare 50 miliardi di euro di liquidità per le aziende. Roma e il Lazio, con 3 miliardi di euro, diventeranno un terminale importante di queste risorse». Parola di Pierluigi Monceri, responsabile della Direzione regionale Lazio della prima banca italiana, che al Messaggero racconta quali iniziative e quali strategia l’istituto ha preso per aiutare le famiglie e le imprese del territorio per uscire dalla crisi».

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Quali interventi avete realizzato?
«Finora abbiamo perfezionato, con l’allungamento dei mutui, circa 16mila moratorie. E in un terzo di casi parliamo di famiglie, per un totale complessivo di 2 miliardi di euro. Abbiamo concesso circa 6mila prestiti da 25mila euro, con garanzia statale e con un importo medio di 20mila euro l’uno. Eppoi ci sono gli interventi interamente finanziati e sostenuti da noi e a tassi molto bassi, un pacchetto che vale 100milioni di euro: finanziamenti a 18 mesi e a 72 mesi, con il preammortamento rispettivamente di 6 e di 36 mesi. Vuol dire che soltanto dopo questa data, si comincia a restituire il capitale».



Questi i numeri, ma quali categorie avete più sostenuto?
«Una parte significativa dei prestiti da 25mila euro sono andati a commercianti e a piccoli artigiani, mondi che necessitano di liquidità per la ripartenza. Nelle singole regioni stiamo portando avanti convenzioni con le associazioni di categoria con specifici plafond dedicati. Mentre per il turismo – settore centrale dell’economia di Roma e Lazio – ci siamo chiesti come dare respiro alle aziende. In quest’ottica, si è ritenuto di allungare il periodo della moratoria fino a 24 mesi, così da alleggerire gli imprenditori dagli oneri dal pagamento sia del capitale sia degli interessi e garantire loro risorse per affrontare, non voglio dire scavallare, la stagione estiva, che sarà complessa».



Da più parti si accusa il mondo del credito di non aver risposto in tempi brevi alla richiesta di liquidita delle imprese. 
«Io posso parlare soltanto per IntesaSanpaolo. E per quanto ci riguarda, non mi ritrovo in questo scenario. Da noi, una volta presentata la pratica, i tempi per le lavorazioni delle documentazioni e per l’autorizzazione dei prestiti hanno oscillato tra le 72 ore e un massimo di una settimana. Abbiamo anche creato delle task force dedicate e sottolineo che i nostri colleghi – molti erano in smart working – non si sono risparmiati». 

E i tempi lunghi che si sono registrati anche nell’erogazione ai lavoratori degli anticipi della cassa integrazione in deroga?
«Anche su questo punto rispondo per Intesa. I tempi di lavorazione delle domande sono stati, credo, brevi: due giorni dopo che si è consegnata la documentazione completa che consta di una parte del dipendente e una parte dell’azienda. E ci siamo riusciti sempre per l’opera dei nostri colleghi. Su questo fronte, però, le richieste sono state più contenute rispetto a quelle che mi aspettavo: abbiamo erogato circa 600 anticipazioni». 

Uscendo dai numeri, qual è stato il vostro approccio verso la clientela in questo momento di crisi? Che cosa è cambiato rispetto al passato?
«Personalmente credo che costruire un clima di fiducia sia il presupposto principale per la ripresa. Noi abbiamo agito rispettando le regole della “bancabilità”: detto questo, io e miei colleghi ci siamo messi nei panni del commerciante che perde incasso o dell’azienda che ha bisogno di liquidità o di vedersi allungate le rate nel medio e nel lungo termine. Ci siamo mossi secondo un driver molto semplice: in un’ottica di “contatto” e “relazione”». 

In che cosa si traduce questo driver?
«Già a febbraio, quando ancora non si comprendeva ancora l’entità della pandemia, abbiamo iniziato a chiamare a tappetto i nostri clienti per dire loro che ci eravamo, e ci siamo, e per capire i loro bisogni e le loro aspettative. Rapidamente siamo intervenuti con gli strumenti più immediati a nostra disposizione: la “moratoria sui mutui 3+3+3”, che vuole dire moratoria di 3 mesi, poi di altri 3 e poi ancora di 3, o i finanziamenti a 18 mesi. Organizziamo conference call con gli imprenditori dei singoli settori per tenerci informati e per comprendere le loro necessità e lanciare strategie comuni quando è possibile. Ma soprattutto abbiamo ragionato sullo sviluppo e sulla sostenibilità delle aziende sul loro valore passato, precedente alla crisi, non in base a quello che poi sarebbe successo».

Appunto, che succederà nel Lazio? Come e quando usciranno Roma e la nostra Regione da questa crisi?
«Dobbiamo partire dalla resilienza di alcuni distretti. È vero che a Roma il 68 per cento dei flussi dei viaggiatori arriva dall’estero, ma il bonus del governo può riavviare un fenomeno di turismo interno. Anche la farmaceutica o l’agroalimentare hanno mostrato una vitalità rilevante anche in questo periodo».

Quindi possiamo tirare un sospiro di sollievo?
«Non ho detto questo. La regione Lazio è stata colpita meno dal virus rispetto ad altri ambiti territoriali. Il proprio Pil è condizionato marginalmente dalle esportazioni, che misurano una significativa contrazione. Rilevante il peso del settore pubblico. Sarà dura ma ce la faremo!».


 
 

 
 
 

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