Berrettini: «Il fondo di Djokovic per i tennisti? Meglio aiutare gli ospedali»

Berrettini: «Il fondo di Djokovic per i tennisti? Meglio aiutare gli ospedali»
di Gianluca Cordella
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Sabato 9 Maggio 2020, 07:30

A Boca Raton, in Florida, ha potuto continuare ad allenarsi anche durante la quarantena. Obiettivo: lasciarsi alle spalle i problemi fisici di inizio anno. Ma alla vigilia del suo ritorno in campo, previsto nel weekend in un torneo esibizione con Opelka, Sandgren e Paul, Matteo Berrettini ha dovuto alzare ancora una volta bandiera bianca. «Distorsione a una caviglia durante l’allenamento. Temevo fosse più grave, comunque: tra qualche giorno dovrei ricominciare ad allenarmi. Se non altro è il momento migliore per infortunarsi, visto che non ci sono tornei».
Già, e a sentire Nadal non ce ne saranno prima del prossimo anno...
«Io spero sempre di poter giocare ma temo che Rafa abbia ragione. Un grande torneo ospita almeno 300 persone, tra atleti e membri degli staff, che arrivano da ogni parte del mondo. Il tennis ti permette di mantenere la distanza in campo, ma poi ci sono spogliatoi, palestre, fisioterapisti... Non entrare in contatto con gli altri è complicatissimo». 
E dunque?
«A volte mi chiedo se non sia il caso di aspettare il prossimo anno e ripartire normalmente dall’Australia. Ma il tema è delicato e lascio che sia la scienza a esprimersi: se ci dicono che seguendo le norme di sicurezza non ci sono rischi di contagio, sono pronto a giocare. Ma se ci sono margini di rischio forse è meglio aspettare che tutto sia passato». 
Domani sarebbero dovuti iniziare gli Internazionali a Roma...
«È pazzesco quello che sta succedendo nel mondo. Il telefono mi ricorda i momenti più belli di un anno fa e adesso stanno spuntando le foto del Foro Italico 2019. I ricordi sono tantissimi e pensare che quest’anno non ci sarà nulla è un colpo al cuore. Spero che gli Internazionali possano essere recuperati più avanti anche se a porte chiuse non sarà la stessa cosa. Meglio pensare alla rinascita del 2021 e immaginare il Foro pieno di appassionati. Per me Roma è l’appuntamento più importante dell’anno: è il torneo di casa, conosco metà della gente che ci viene...». 
Djokovic ha proposto ai primi 100 tennisti del mondo la creazione di un fondo per aiutare i giocatori nelle retrovie...
«È una cosa bella, significa che i giocatori più affermati si preoccupano per quelli che non riescono a vivere con il tennis. Ci siamo scritti con Nole: la sua è una proposta, non un’imposizione. Io gli ho detto che preferisco sostenere gli ospedali o le famiglie che hanno perso qualcuno durante la pandemia».
Le fa onore. Thiem ha detto no perché nelle retrovie del ranking ci sono molti che non sfondano perché non danno tutto per il tennis...
«Quelli ci sono pure tra i primi 100 per la verità...».
Nel bene e nel male: Djokovic è finito nell’occhio del ciclone per aver detto di non voler fare il vaccino qualora fosse necessario per giocare. 
«Da piccolo ho fatto tutti i vaccini possibili. Se dovessero trovarne uno per il Coronavirus lo farei, mi fido della scienza».
A Nadal invece hanno dato del “fascista” per aver criticato l’operato del governo spagnolo (di sinistra) nella lotta al Covid-19. 
«Le nazioni si sono comportate in modo molto diverso, il che mi lascia pensare che non ci fosse un modo univoco per affrontare l’emergenza. Il tempo dirà chi ha avuto ragione, scegliendo una strada piuttosto che un’altra». 
Gli Stati Uniti addirittura hanno scelto via diverse da Stato a Stato.
«Ci sono situazione molto diverse: a New York i contagi sono esplosi, qui in Florida ce ne sono stati pochi e si sta già tornando alla normalità. Hanno riaperto parchi e spiagge ma io e Ajla (Tomljanovic, la fidanzata tennista) non ci siamo andati. Ci siamo dati delle regole per non rischiare». 
Quanto aiuta la stabilità sentimentale?
«Tanto, poi da quando sto con Ajla è andato tutto molto bene. A livello personale è bello vincere, ma alla fine parliamo sempre di una partita di tennis. Se invece all’interno del “percorso”, delle difficoltà, dei momento critici, porti qualcuno con te alla fine raddoppiano anche le gioie».
Come quella di entrare nella top ten mondiale. Il futuro del ranking è incerto...
«Situazione molto complicata e qualsiasi scelta scontenterà qualcuno. Potrebbero far scadere tutti punti, far rimanere un torneo nel ranking per due anni o far scadere solo una percentuale. Io sono ansioso di capire: se si ricominciasse dagli Us Open avrei qualche punto da difendere...».
In questi giorni le videochat su Instagram tra giocatori hanno monopolizzato l’attenzione, svelando anche dei “backstage”, come la cena intima tra Djokovic e la Sharapova. Qual è il suo backstage? 
«Ho avuto una carriera molto più breve rispetto alla loro, quindi ho vissuto forse situazione meno interessanti. Una volta - avevo 18 anni e giocavo per l’Aniene - dopo aver vinto un match di Serie A a Rovereto, ci fermammo in un ristorante sulla via del ritorno. Mi passarono due o tre bicchieri di vino rosso che io ovviamente non ressi. E finii a cantare a squarciagola nel ristorante e in macchina al ritorno». 

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