Cassazione: vittima di bullismo che si vendica ha diritto alle attenuanti

Cassazione, attenuanti per la vittima di bullismo che si vendica
di Michela Allegri
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Mercoledì 29 Aprile 2020, 15:03

Se un ragazzino bullizzato, a distanza di tempo, reagisce e aggredisce i suoi aguzzini deve essere condannato? Si tratta invece legittima difesa? Di questo tema si è occupata recentemente la Cassazione, esaminando il caso di un ragazzo che ha colpito con un pugno un compagno, procurandogli lesioni importanti. Sono entrambi minorenni. Dalle indagini è emerso che il giovane che ha sferrato il pugno ha subito atti di bullismo dalla vittima, precedenti all'aggressione.

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L'aggressione, quindi, è stata una reazione in qualche modo giustificata? Secondo la Cassazione sì, se non ci sono stati interventi di sostegno e di recupero da parte delle istituzioni, anche se la reazione – che era legittimo aspettarsi – è arrivata a distanza di tempo dagli atti persecutori. Sul caso ha fatto un approfondimento il sito Studio Cataldi, quotidiano giuridico.

Il processo civile ha avuto un andamento altalenante. In primo grado gli atti di bullismo subiti dall'imputato erano stati giudicati rilevanti ed era quindi stato disposto un risarcimento minimo - circa 1.700 euro - in favore del giovane che aveva ricevuto il pugno. Di diverso avviso la Corte d'Appello, che aveva invece stabilito un risarcimento da circa 14mila euro. In secondo grado, i giudici avevano sottolineato che, essendo avvenuta a distanza di tempo, quell'aggressione andasse letta come un fatto autonomo, slegato dal contesto, e non come una reazione di legittima difesa. A rimescolare le carte ci ha pensato la Cassazione, che ha annullato - con rinvio - la sentenza di secondo grado, fornendo però un importante precedente. Secondo gli ermellini, giudici d'appello avrebbero sbagliato archiviando «sbrigativamente qualunque rilievo al comportamento ripetutamente provocatorio e offensivo di cui il giovane era stato fatto oggetto da parte della "vittima", limitandosi ad affermare paternalisticamente che non avrebbe dovuto reagire alle provocazioni ricevute».

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In realtà, si legge ancora nella sentenza, «viene ritenuta una regola di esperienza che colui che è reiteratamente aggredito reagisce come può per far cessare l'altrui condotta lesiva». Ancora di più se si tratta di un adolescente, con una personalità in via di formazione e sulla quale i comportamenti vessatori subiti per un ampio lasso di tempo hanno avuto conseguenze importanti. Le reazioni possono essere di diverso tipo: una passiva, destinata ad evolvere verso forme di autodistruzione, l'altra aggressiva. Se da parte delle istituzioni – in questo caso la scuola – non vengono posti in essere interventi di recupero e di contenimento del problema, sarà legittimo aspettarsi da parte del bullizzato una reazione non razionale, ma emotiva ed amplificata. La Cassazione sottolinea che «pur dovendosi neutralizzare e condannare l'istinto di vendetta del minore bullizzato, è innegabile che la risposta ordinamentale non possa essere solo quella della condanna, ignorando le situazioni di privazione e di svantaggio che ne costituivano il sostrato». I giudici non dovrebbero mai ignorare l'altro lato della storia, in questo caso le condizioni di umiliazione a cui l'adolescente iera stato ripetutamente sottoposto: «Non solo non è fuori luogo, ma è persino doveroso che l'ordinamento si dimostri sensibile verso coloro che sono esposti continuamente a condizioni vittimizzanti idonee a provocare e ad amplificare le reazioni rispetto alle sollecitazioni negative ricevute; soprattutto ove la vittima venga lasciata sola nell'affrontare il conflitto».

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