Test sierologici per quattro milioni ed è corsa ai test con i privati

Test sierologici per quattro milioni ed è corsa ai test con i privati
di Mauro Evangelisti
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Lunedì 27 Aprile 2020, 00:16 - Ultimo aggiornamento: 12:28

Duecento test per il Covid all’ora: è l’obiettivo per la massiccia ricerca epidemiologica in Italia. Quattro milioni in totale. E nelle grandi aziende, nelle squadre di calcio, ma anche tra i comuni cittadini, ora c’è la corsa a fare il test sierologico. Bisogna però evitare speculazioni e arginare le aspettative, visti alcuni limiti di questo tipo di esami.
Chissà se il futuro prossimo che ci aspetta è quello anticipato all’aeroporto di Dubai, dove la compagnia aerea Emirates prima dell’imbarco su un volo ha sottoposto tutti i passeggeri al test. Per ora il presente, è fatto non solo di tamponi, quindi esami molecolari più precisi ma complessi, ma anche di test sierologici. Con un chiarimento: «I test sierologici su sangue venoso, come quello scelto dallo Stato Italiano, sono estremamente affidabili, ma se il paziente è infetto da 4-5 giorni può risultare negativo, perché ancora non ha sviluppato gli anticorpi che dunque non vengono rilevati» spiega il professor Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di ricerca in statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

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RICERCA
In Italia, il 4 maggio inizierà uno screening a campione, su 150mila persone, scelte in collaborazione con Istat e Inail. L’altro giorno il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha annunciato l’esito della gara: sarà una multinazionale americana, la Abbott, a fornire i kit in modo gratuito. Spiegano da Abbott: quel tipo di test ha ricevuto il marchio Ce; oltre ai 150mila kit per l’indagine nazionale, è pronta a distribuirne in laboratori pubblici e privati un totale di 4 milioni. «Il nuovo test ha dimostrato specificità e sensibilità superiori al 99 per cento 14 giorni o più dopo l’insorgenza dei sintomi» dicono da Abbott. In ogni laboratorio si potranno analizzare fino a 200 esami all’ora. Dice l’ad di Abbott Italia, Luigi Ambrosini: «Il test IgG SARS-CoV-2 identifica l’anticorpo IgG, una proteina prodotta dall’organismo nelle fasi avanzate dell’infezione e che potrebbe persistere per mesi e forse anni dopo la guarigione». In sinesi e semplificando molto: se si trova nel sangue l’anticorpo IgM l’infezione potrebbe essere ancora in corso, se c’è l’IgG il paziente non è più positivo, ma lo è stato e ha sviluppato gli anticorpi e quindi non rischia di essere infettato di nuovo. Per quanto tempo? L’altro giorno ha fatto molto discutere una comunicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità che, sintetizzata, non escludeva che chi guarisce possa reinfettarsi. La risposta più corretta, spiegano gli scienziati, è che in realtà, essendo un virus nuovo, non sappiamo quanto durerà l’immunizzazione. Sulla sua pagina Facebook, il professor Guido Silvestri (virologo e docente all’Emory University di Atlanta) ha spiegato: «Al momento non esiste una sola descrizione di persona che è guarita, ha gli anticorpi IgG nel siero e si riammala, cioè ha una seconda infezione con un virus diverso, non il primo virus che si ri-positivizza come nei casi coreani».

LIMITI
Tutto questo premesso, il test sierologico non può dare una «patente di immunità». Lo ha detto anche il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità: «Tanti studi ancora devono essere fatti per definire la risposta immunitaria». Perché li facciamo, allora? Sono più rapidi dei tamponi (tra l’altro ne esistono, anche se meno precisi, ancora più veloci che prevedono il prelievo del sangue capillare dal dito) e ci aiuteranno a capire quanti italiani sono entrati in contatto con il virus. Anche le grandi aziende, per ripartire, si affideranno all’aiuto dei test sierologici per capire quanti sono i dipendenti ancora a rischio; lo stesso faranno le squadre di calcio, ad esempio l’As Roma ha siglato un accordo con il Campus Bio-Medico (oltre ai test di Abbott, si prevedono anche i tamponi). Ma in tutta Italia ormai i laboratori privati offrono varie tipologie di esami anticorpali ai cittadini. Nel Lazio, ad esempio, la Regione ha messo un tetto alle tariffe, per evitare speculazioni, e indicato delle linee guida. Molti laboratori a Roma li garantiscono, le tariffe oscillano tra i 35 e i 50 euro. Precisa il proprietario del gruppo romano Bios, Fernando Patrizi: «Noi informiamo i cittadini sui limiti che hanno questi tipo di test, anche i più affidabili come il nostro, giusto che ci sia un consenso informato. Il test è utile, ma non è una patente di immunità».
 

 
 
 

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