Roma, dieci anni fa la notte del "delitto-scudetto" perfetto

Roma, dieci anni fa la notte del "delitto-scudetto" perfetto
di Romolo Buffoni
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Venerdì 24 Aprile 2020, 23:10 - Ultimo aggiornamento: 23:32
Dieci anni fa il coronavirus era un parolone da scienziati per definire un semplice raffreddore e il rischio pandemia era ancora relegato nella sceneggiatura di qualche disaster-movie. Così il termine "incubo" poteva essere usato per descrivere traumi decisamente più futili, come ad esempio una pesante sconfitta sportiva. Come quella che patì la Roma proprio il 25 aprile del 2010 in una serata di festa chiusa nella disperazione di squadra e tifosi giallorossi, sconfitti all'Olimpico 1-2 dalla Samp e scavalcati a tre giornate dalla fine in testa alla classifica dall'Inter di Mourinho, che poi si sarebbe aggiudicata lo scudetto firmando il sensazionale Triplete (tricolore, coppa Italia e Champions League).
Una serata stregata per la Roma, arrivata a quell'appuntamento imbattuta da sei mesi e con sei vittorie consecutive alle spalle. Un vento che l'aveva portata a raggiungere e superare l'armata nerazzurra messa in piedi da Massimo Moratti per tornare a trionfare in Europa. La Roma, invece, viveva il canto del cigno della gestione Sensi. Al comando c'era Rosella che, di lì a un anno, avrebbe ceduto il club alla cordata americata capitanata inizialmente da Thomas DiBenedetto e, dal 2012, da James Pallotta.
Dieci anni dopo, Claudio Ranieri siede per ironia della sorte proprio sulla panchina della Sampdoria che lo ha chiamato a salvare il salvabile in sostituzione di Eusebio Di Francesco, ex tecnico della Roma che Sor Claudio aveva sostituito solo pochi mesi prima proprio alla guida dei giallorossi per tentare (fallendo) di riagganciare il treno Champions. Ranieri che, due lustri fa, fu chiamato a sostituire in corsa Luciano Spalletti e ancora non aveva centrato lo storico successo alla guida del Leicester, condotto a vincere lo scudetto del secolo in Inghilterra nel 2017. Una sorta di risarcimento, forse, che il destino gli ha voluto riconoscere a lui, romano e romanista, privato per un nonnulla della soddisfazione di centrare il beresaglio grosso in giallorosso. Una ferita ancora aperta per il tecnico di San Saba, tanto che, ancora oggi, non accetta di parlarne.
Del resto quella partita fu davvero surreale. La Roma passò in vantaggio dopo appena un quarto d'ora con la rasoiata di Totti a far secco Storari. Sembrò l'inizio di un'altra serata di festa e invece era cominciata la fine. L'arbitro Damato ignorò un mani di Zauri in area che poteva valere il rigore del 2-0, i giallorossi crearono e sprecarono almeno altre tre palle gol per "colpa" di Storari (abbonato a prestazioni super contro la Roma) e della mira. Errori che portarono al vistoso battibecco Vucinic-Perrotta al rientro negli spogliatoi, lite sedata da Totti. Almeno fino all'imbocco del tunnel.
Perché in quei 15 minuti di intervallo i muri dell'Olimpico (che, come quelli di Trigoria, spesso hanno occhi, orecchie e memoria) raccontano che il montenegrino e l'ex azzurro non fecero assolutamente pace, anzi. Storie da spogliatoio, che nessuno ha mai confermato e per le quali non esiste prescrizione in una città passionale per il pallone com'è la capitale. Anche se smentita in almeno tre lingue, ancora circola il racconto del "cazzotto" che Di Bartolomei sferrò a Falcao, reo di non aver calciato il rigore nella notte di sogni e di Coppe di Campioni contro il Liverpool di 36 anni fa. Se ne dissero tante anche dopo l'altro scudetto bruciato in casa dai giallorossi, quello dell'86 regalato alla Juventus per il 2-3 contro il Lecce già retrocesso. Anche allora era aprile, il 20, ma invece di litigi si tirarono in ballo tresche legate alle scommesse clandestine. Balle o storie gonfiate sì, ma con un fondo di verità? Sono i tifosi che hanno sofferto sulla loro pelle quelle brucianti delusioni a scegliere l'opzione in grado di lenire la ferita. Ferita che dieci anni fa gli inferse Pazzini con la sua doppietta firmata al 7' e al 40' della ripresa che stese una Roma svuotata, decisamente diversa da quella andata al cambio di campo meritevole di condurre la partita almeno 3-0. Finì con l'ex pestifero Cassano a dispensare abbracci "consolatori" a Totti e compagni, fermi, storditi come pugili suonati al centro del ring. Accadde dieci anni fa e fu l'ultima volta in cui la Roma annusò nell'aria il profumo dello scudetto.

Il tabellino de Il Messaggero di quel match

 
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