La cantante Margherita Vicario: «Nella musica c'è un gap tra uomini e donne. Dobbiamo ignorarlo e considerarci alla pari»

Margherita Vicario ph Matteo Lippera
di Valentina Venturi
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Giovedì 23 Aprile 2020, 21:12 - Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 11:57
«Ci vedo da vecchie a bere, col tuo sguardo di sguincio sul terrazzo del Pincio, che mi offri un abbraccio mentre io do di matto». L'intimo testo, quasi una sorta di fotografia che descrive e fissa un momento di vita privata, è scritto dalla cantante e attrice Margherita Vicario (è nel cast della seconda stagione di “Nero a metà”), che ha voluto dedicare la canzone "Pincio", uscita per la Island Records, alla cugina ostetrica.

Quando l'ha scritta?
«Prima di qualsiasi ipotesi di quarantena. Era una dedica privata che avrei inserito nel disco, una canzone diversa dalle ultime che ho pubblicato, più delicata e intima; poi lavorando con il mio produttore Davide “Dade” Pavanello avevamo deciso di dargli questa veste elettronica, da ballare. Liberatoria. Poi con la pandemia mondiale ho capito che era giusto farla uscire in questo momento».

Perché?
«È un messaggio che può valere sia per lei, donna coraggiosa che mi ha sempre ispirato, sia per tutti quelli che come lei lavorano in ospedale in questo periodo così difficile».

Il titolo a cosa si riferisce?
«Al luogo dove andavamo insieme a 14 anni: appena abbiamo imparato a guidare il motorino il sabato pomeriggio andavamo a Via del Corso, al Pincio e a Piazza del Popolo, dove vanno tutti i ragazzini».

Quando è stato girato il video?
«In questi giorni. L’idea è stata di Francesco Coppola che si occupa della parte visiva e dei videoclip e mi ha detto: “Invece di rivolgere lo sguardo dentro le case, perché non proviamo a guardare fuori? E tu canti sul tetto, come se volessi far arrivare questa canzone alla destinataria”. L’idea di girarlo sul terrazzo di casa andava d’accordo con il concetto di terrazza del Pincio».

Si definirebbe indie?
«Penso di essere fedele a me stessa. Sono una grande fan di Fiona Apple, lei sì che è indie, non ha filtri. È uscito dopo 8 anni il nuovo disco e la sua voce è arrabbiata senza un effetto, pura e cruda. Io sono più indie pop: ambisco a un grande pubblico, perché il pop è divertente, può essere leggero e anche sano, portatore di cose belle».

Crede esistano più difficoltà per le voci femminili?
«Che sotto le luci dei riflettori esista una maggioranza di voci maschili in tutte le discipline artistiche è indubbio. È lo specchio della società in cui viviamo, è specchio della cultura dominante. Però ultimamente ho capito che la donna, invece di pensare a quello che effettivamente c’è, ossia un gap, l’unica cosa che deve fare è non pensarci e considerarsi assolutamente alla pari».

Come mai ha pubblicato un remix di "Is this love" di Bob Marley?
«Si tratta di un progetto a cui la mia etichetta discografica Island stava lavorando da un po’: il tributo per i 75 anni di Marley (era nato nel 1945, ndr.). Sono contenta perché anche in Bob c’è l’attitudine al volersi sfogare e vivere in socialità, che tornerà: dovremo solo avere un po’ di pazienza».

Chi sono i suoi riferimenti musicali?
«Sono cresciuta a pane e Lucio Battisti. Battisti ha esplorato tutti i generi musicali e Mogol ogni volta gli ha scritto delle piccole sceneggiature in musica. Da ragazzina ascoltavo il repertorio di questi due geni e ormai la musica la vedo come fosse un film. Ogni volta che scrivo una canzone mi aiuta immaginarmela con gli occhi ancora prima delle parole».

La prima cosa che farà finita l’emergenza?
«Voglio andare a trovare mia nonna, parliamo sempre al telefono ma giorno dopo giorno mi si stringe il cuore. Sta bene, è vigile e lucida a 86 anni, solo che io sto perdendo i colpi: mi manca molto».
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