Coronavirus borse, via alla Fase 2 dei mercati: ecco chi può vincere

Operatori di Borsa al lavoro
di Roberta Amoruso
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Lunedì 20 Aprile 2020, 15:07 - Ultimo aggiornamento: 18:52

L’effetto Covid-19 ha avuto il suo peso sul mercato. In meno di un mese, la caduta dei principali listini azionari mondiali dai massimi di febbraio ai minimi di marzo (Nasdaq -40%, S&P -35%, STOXX 600 Europe -38%, FTSE Mib -45%) ha decretato la fine, almeno sulla carta, del più lungo «mercato toro» della storia. Tutti i temi e tutti i settori sono stati coinvolti. Nessuno escluso, tranne rare eccezioni, come succede nel più classico dei panic-selling in cui vince solo la liquidità. Poi gli imponenti interventi di politica monetaria da parte delle Banche Centrali, e le mosse progressive della politica fiscale da parte dei governi, soprattutto negli Stati Uniti, ha spinto il rimbalzo dei mercati premiando società e settori meno impattati dal lockdown e lasciando un po’ più indietro industrie come Retail, Travel & Leisure, Auto, Oil e la maggior parte dei nomi Industrials. Segno, dicono gli esperti di Kairos Gruppo Julius Baer), che «gli investitori, dopo un primo momento di paura, sono ora disposti a considerare queste lunghe settimane di stop produttivo (la cosiddetta Fase-1) come un evento negativo one-off e quindi non così significante ai fini della valutazione delle aziende».

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A questo punto, però, quello che davvero «determinerà l’andamento dei mercati nei prossimi mesi e probabilmente fino al 2021 inoltrato, sarà la durata e la natura della Fase-2», spiega Massimo Trabattoni, capo dell’Italian Equity di Kairos. Su cosa puntare in Italia? «Considerata la bassissima visibilità sull’andamento dell’economia da qui al 2021, bisogna puntare su quei settori che hanno davanti a loro un ciclo sicuro di investimenti: Information Technology e Spesa Pubblica». Più in generale, allargando lo sguardo ai mercati internazionali, per Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management, potremmo aver già visto i minimi a fine marzo sui mercati azionari europei. Lombard Odier punta su un rimbalzo economico anche prima dell’estate. Mentre UBS WM Italy vede opportunità nel credito, anche nei Btp.

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Lo stop tempestivo e graduale dei lockdown servirà senz’altro a non vanificare le misure messe in campo da banche centrali e governi. Ma servirebbe più certezza sulle nuove misure di diagnostica. Perché non si può sottovalutare il rischio dei contagi «di ritorno», dice Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset di Pictet Asset Management. «Siamo quindi un po’ più cauti nel giudicare le scelte di vari Paesi che cercano di limitare il sacrificio economico (di breve) attraverso riaperture che potrebbero rivelarsi premature». Abbiamo toccato il fondo sui mercati? «È certo che i corsi azionari, dopo una prima revisione all’ingiù degli utili attesi (di circa il 15% negli USA e del 20% in Europa) ed un rimbalzo dei corsi dai minimi del 23 marzo, mostrano valutazioni più equilibrate. In effetti, gli utili scenderanno certamente ancora, ma i prezzi attuali sono in grado di assorbire un’ulteriore riduzione del 10% delle previsioni, o poco più (specie se si passasse a misure relative come il premio di rischio azionario rispetto alle obbligazioni)». Qualora si dovesse andare oltre a causa del perdurare del blocco dell’attività economica, «sarebbe ragionevole attendersi una nuova fase di volatilità sulle Borse». Dunque, «non resta che attendere che l’innovazione medica arrivi in nostro soccorso, scongiurando lo scenario peggiore. Probabilmente una base (minimi?) ai corsi azionari può essere stata messa a fine marzo».

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MA L’EUROPA È UN’OPPORTUNITÀ PERSA O RIMANDATA?
Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale «non sono affatto incoraggianti». Risulta fortemente penalizzata l’Eurozona, una delle regioni più duramente colpita dal virus e in cui manca ancora una risposta unitaria da parte delle istituzioni comunitarie. «Non è un caso che, anche nel corso del rimbalzo delle borse delle ultime settimane, le azioni europee abbiano fatto da fanalino di coda». In questo si può leggere spiega Delitala, «la percezione di un ‘whatever it takes’ delle autorità di politica economica statunitensi, non altrettanto chiaro nel vecchio continente». Delude per ora l’assenza di coesione, con le perduranti diatribe tra la fazione dei Paesi del Sud Europa, che chiedono a gran voce l’emissione di Eurobond, e quella dei Paesi del Nord Europa, fermi oppositori di qualsiasi forma di condivisione del rischio. Ad oggi, quindi, «il bicchiere appare mezzo vuoto, nonostante le massicce manovre annunciate la settimana scorsa dall’Eurogruppo, che superano complessivamente i 500 miliardi di euro».

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E per sperare in misure più collettive non resta che attendere, con fiducia, l’esito del Consiglio Europeo del 23 aprile, «confidando sul fatto che le forze che spingono per una maggiore solidarietà ed integrazione, emerse di recente anche in Germania, prevalgano su quelle di segno opposto, centrifughe sempre in agguato quando si tratta di destinare risorse. D’altronde, nel mondo che ci verrà restituito dalla pandemia di coronavirus, meno globalizzatoe più localizzato, sarà ancora più necessario collaborare tra paesi limitrofi ed interdipendenti». Quindi, per l’Unione Europea mostrare unità di intenti e muoversi verso una maggiore integrazione (unione bancaria, unione fiscale e unione dei mercati) diventerà «un problema esistenziale». Sul fronte positivo, il nuovo Quantitative Easing della Bce contribuirà a rendere sostenibile il debito pubblico dei Paesi della regione. 

LA POTENZA DI FUOCO DAGLI USA
Sull’altra sponda dell’Oceano Atlantico, quanto fatto a livello fiscale e monetario risulta ancora più convincente. La Fed è arrivata ad acquistare direttamente dalle banche i prestiti a piccole e medie imprese e obbligazioni High Yield: è tornata la ‘put’ della Fed?, si chiede Pictet Asset Management. Non è da escludere che possa spingersi fino ad acquistare azioni, come già fa attualmente la Bank of Japan. Come sappiamo, anche solo paventare tale possibilità, stabilizzerebbe il mercato, presso cui l’istituto gode in questo momento di grande credibilità.

I BOND SU CUI SCOMETTERE
Vede «opportunità nel credito», Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer DI UBS WM Italy. «Abbiamo un sovrappeso sulle obbligazioni corporate investment grade e high yield e sui titoli di Stato emergenti. Tra i titoli di Stato europei, i BTP sono tra quelli che preferiamo. «Dopo un’apnea durata molte settimane, il rischio è che molte imprese stentino a ripartire, innescando un circolo vizioso. Questo è ancor più vero per l’Eurozona, che essendo fortemente votata all’export risentirà non solo della debolezza del mercato domestico, ma anche di quella dei principali partner commerciali». Quanto proposto dall’Eurogruppo è molto modesto rispetto alle altri principali potenze economiche e potrebbe includere condizioni che porterebbero a fortidi storsioni competitive nel tempo, come in effetti è già avvenuto nello scorso decennio.

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Il Consiglio europeo del 23 aprile, che dovrà decidere definitivamente la dimensione e le modalità degli interventi, sarà uno dei più importanti di sempre. Non si tratta solo di gestire l’emergenza, ma nella sostanza si definirà se la ripresa sarà omogenea o se, invece, vi saranno forti divergenze tra Paesi. Grazie alla liquidità immessa dalle banche centrali e in particolare dalla Federal Reserve, nelle ultime settimane le borse hanno recuperato oltre il 20%, riducendo le perdite registrate dall’inizio della crisi. I mercati guardano oltre il 2020 puntando a una ripresa decisa nel 2021; si tratta di uno scenario verosimile. Non bisogna tuttavia perdere di vista che il mercato azionario è guidato soprattutto dagli utili delle società quotate e difficilmente la redditività delle aziende ritornerà rapidamente ai livelli del 2019. Per questo abbiamo un posizionamento neutrale sul mercato azionario, che non offre più uno sconto sufficiente a poter attutire eventuali notizie negative. Il mondo del credito ha recuperato meno del mercato azionario e sconta scenari più avversi, riflettendo attese di tassi di default raramente visti nel passato. Per questo abbiamo un sovrappeso sulle obbligazioni corporate investment grade e high yield (soprattutto statunitensi, per via della maggior visibilità sulle politiche economiche) e sui titoli di Stato emergenti in valuta forte. Tra i titoli di Stato europei, i Btp sono tra quelli che preferiamo in considerazione dei rendimenti offerti e perché, nonostante gli sforzi di bilancio richiesti, crediamo che il rating verrà preservato e i bassi tassi d’interesse consentiranno una gestione sostenibile.

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QUANDO LA RIPRESA?
Per Lombard Odier, si può puntare su un rimbalzo economico già a maggio. Partendo dall’assunto che l’epidemia sia uno shock di natura transitoria, è senz’altro possibile che la ripresa sarà decisa, dicono Samy Chaar (Chief Economist) e Bill Papadakis (Macro Strategist). È ciò che succede nel caso delle catastrofi naturali: terminata la crisi, si assiste a una notevole liberazione di domanda repressa. Ma affinché possa succedere, devono essere adottate le giuste politiche per tutta la durata della crisi, soprattutto considerato che l’attuale emergenza sanitaria è molto più prolungata rispetto, per esempio, a un uragano. L’esempio della Cina conferma per certi versi il nostro scenario di base di uno shock grave ma transitorio. Gli indicatori economici chiave cinesi che monitoriamo (per esempio transazioni immobiliari, carbone bruciato da impianti di produzione, trasporto merci, traffico e flussi migratori) hanno impiegato una quarantina di giorni a invertire la tendenza calante cominciata a fine gennaio. Applicando tale schema agli Stati Uniti e all’Europa, potremmo aspettarci un inizio del rimbalzo economico a un certo punto nel mese di maggio.

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E IN ITALIA? DOVE SCOMMETTERE?
Conviene scommettere sul settore It e su quei pezzi di economia particolarmente sensibili all’incremento degli investimenti pubblici, dice Kairos. Passato il momento di crisi, «si sta formando un’ondata di investimenti sul settore IT volta alla digitalizzazione dei processi interni, dei canali di vendita e dei metodi di acquisizione clienti». Ma anche perché l’altro settore «al centro di un nuovo piano di investimenti, è quello della spesa pubblica soprattutto legata a grandi opere infrastrutturali, la più classica delle leve del modello keynesiano per sostenere la domanda» e quindi il Pil. Molto meno visibili restano i settori legati alla domanda privata. Nel settore finanziario, Kairos preferisce il risparmio gestito e i sistemi di pagamento. Mentre il sistema bancario potrebbe soffrire nell’attività tradizionale a seguito del rallentamento ciclico. Infine, tra le utilities, meglio «le società con regolamentazione a RAB (Regulatory Asset Base) soprattutto se attive in settori dove la domanda pubblica sottostante era già da prima destinata a crescere (ad es. la rete di distribuzione elettrica)». 

 

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