Coronavirus, fase 2, la frenata del governo fino al 4 maggio

Coronavirus, fase 2, la frenata del governo
di Mario Ajello
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Domenica 19 Aprile 2020, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 13:08

Nella prima fase della riapertura dopo la fase acuta dell'emergenza coronavirus, dal 4 maggio e non prima come vorrebbero alcuni governatori ma non il governo («Da lunedì prossimo non riaprirà niente»), nessuno potrà muoversi dalla propria regione. Su questo governo centrale e regioni sono d’accordo.

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Così s’è deciso nella cabina di regia, ieri sera. Con Giuseppe Conte e i rappresentanti di Regioni ed enti locali: da Fontana a Bonaccini e a Musumeci, più la sindaca Raggi, il presidente dell’Anci, Decaro, e delle province, Pella, i ministri Boccia e Speranza ma anche il sottosegretario grillino a Palazzo Chigi, Riccardo Fraccaro. I lonbardi non potranno uscire dalla Lombardia, ecco, e anche a tutti gli altri almeno per un mese verranno interdetti i viaggi extra-regionali. Poi si vedrà. L’intesa, dopo polemiche e fughe in avanti, riguarda i tempi in generale: la fase comincerà a maggio e non c’è anticipo che tenga. I governatori hanno accettato la cosa, più o meno a malincuore. Ma così si procederà. 

Prima della cabina di regia, in videoconferenza, Conte e i suoi ministri si sono anche visti con Vittorio Colao, il capo della task force per la ricostruzione, e con alcuni esponenti del comitato tecnico scientifico tra cui il presidente Iss Silvio Brusaferro e il presidente del Css Franco Locatelli. La prudenza degli scienziati sulla fase 2, la loro paura che il contagio possa approfittare dell’ammorbidimento delle misure sulle circolazione dei cittadini e per il ritorno al lavoro, in questo confronto-scontro tra tecnici e politici ha finito per avere la meglio. Ovvero: si è deciso di evitare impazienze nel ritorno alla normalità. Il che non è proprio nella linea dei governatori regionali alla Fontana che ha detto in cabina di regia: «Io i lombardi a casa non so più come tenerli».

Che poi, sul fronte emiliano e dem e senza voler minimamente polemizzare con il governo, è con diverse sfumature e toni anche il mood di Bonaccini: «Caro presidente - così ha detto a Conte - secondo me si può prevedere la riapertura anche prima del 4 maggio. Il 27 aprile potrebbero riattivarsi i cantieri edili e alcune filiere produttive come la moda». Bonaccini ha chiesto l’anticipo anche a nome dei colleghi, ma il governo ha replicato: aspettate maggio. Prima di allora non saranno riaperti i parchi, per esempio, e resterà il divieto di fare jogging in gruppo. 

LA TREGUA
Un braccio di ferro insomma, poi l’intesa. Il governo è stato in modalità frenante e non si è liberato del sospetto che alcuni governatori, e si pensa a Fontana, si stiano muovendo per ragioni politiche: «La fretta del presidente lombardo è per nascondere i suoi errori», sostengono alcuni partecipanti alla cabina di regia. Dove i tre governatori hanno detto: «Rispettiamo le linee guida del governo su mascherine, app e test, ma vogliamo avere autonomia nelle nostre decisioni». Per esempio sulla riaperture delle scuole comunali e degli asili nido. «Vogliamo su questo e su altro regolarci secondo le esigenze territoriali», dicono i governatori. Ma a Palzzo Chigi avvertono: «Non roviniamo tutti i successi finora ottenuti contro il virus facendo atti d’impazienza e di forzature che sono da evitare». 
Comunque l’intesa è stata raggiunta in linea di massima. La scelta della prudenza ha prevalso. Ma non è affatto detto che la tregua possa reggere, anche perché la Lega ha dichiarato guerra al governo e i suoi governatori le servono come arma politica.
 

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